Una proposta per il 2 agosto, messo alla discussione:
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”Ross@ sfilerà in silenzio”: può sembrare uno slogan insolito per una manifestazione, ma sarà questa la contrapposizione logica, politica, emozionale e morale, ad un rumore che ha impedito e che vuole impedire ancora che venga fuori ciò che, con cura nel corso della storia dell’Italia repubblicana, si è voluto tenere alla larga. Non è stata casuale, in questi anni, l’azione di desertificazione delle parole e del loro conseguente annacquamento di senso, messa in atto dai dispositivi di potere. Non sono state casuali le lusinghe delle memorie condivise e dell’ azzeramento delle differenze, delle politiche bipartisan e dei patteggiamenti. Un’ombra funerea grava sulla nostra storia: la cancellazione dell’identità, la nostra identità, quell’identità fondata sui valori della Resistenza, orizzonte valoriale per ciascuno di noi, così efficacemente suggellato dalla nostra Carta costituzionale, oggi vilipesa, in spregio al sacrificio supremo di tante donne e di tanti uomini.
Inevitabilmente, come un mantra, torna alla memoria l’espressione del giovane Tancredi, quando nelle prime pagine del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa dice:“ se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la Repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi ”. Sembra vitale quell’espressione, dinamica, ma non lo è, anzi è mortifera. E’ il cono d’ombra dentro il quale si riflette un Risorgimento morale, politico e civile, che voleva essere soluzione storica catartica, ma non lo fu. Nel niente che cambia, nel corso della storia dell’Italia repubblicana, si annidò il virus di un male apparentemente polimorfo: gli autoritarismi, la mafia e le mafiosità, i fascismi ritornanti. Fin dai primi anni della Repubblica, l’orizzonte valoriale, su cui si fonda la nostra Costituzione, fu percepito, da una certa parte della società, come pericolosamente sovversivo dell’ordine politico e la sua attuazione lenta (basti pensare che la Corte costituzionale venne istituita solo nel I956, in seguito a uno scontro politico durissimo; analoghe difficoltà conobbe il Consiglio superiore della magistratura, istituito solo nel I958) oggi più che mai disattesa, l’abbiamo pagata con il sudore, con le lotte, con i sacrifici. Nonostante ciò la claudicante democrazia si affermava e, più la società si democratizzava, più, per converso, le logiche antidemocratiche sceglievano la via del nascondimento, della clandestinità, delle sedi segrete, degli uffici in cui si annidavano gli arcana imperii e il virus dell’eversione, delle logge massoniche, dei luoghi dell’opacità e del divieto di accesso alla trasparenza. E nonostante tutto, la forza dei diritti continuava ad essere trasmessa, nelle lotte davanti ai cancelli delle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze e, infine, anche nelle parole. Sì, perché le parole sono storia, fanno storia, si reificano. “Antifascista”: in quel prefisso “anti”, nella sua contrapposizione al termine “fascista”, c’è la scelta, la dignità, la testimonianza diretta, la capacità di restituire la forza della memoria e dell’azione. Purtroppo quel “secolo breve” non era ancora concluso: era scoppiata una nuova guerra, una guerra non dichiarata , una guerra che avrebbe ucciso due volte, la prima , con le bombe, spezzando la vita di persone innocenti, la seconda, per la mancanza di verità giudiziaria. Dal 1969 al 1987 i morti sono stati 400 e1200 i feriti, in otto stragi. E non c’è stata giustizia perché è prevalsa la Ragion di Stato, una Ragione ben tessuta, con una trama e un ordito fatti di depistaggi e di testimonianze negate.
Certo, tra le amare note, colpisce il fatto che, a fronte di un’azione certosina di stanamento delle cellule del “terrorismo rosso”, si sia affermata la regola della impunibilità nel caso dello stragismo. Colpisce il fatto che l’Italia sia l’unico paese al mondo in cui sia stata istituita una “ Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e sulle cause della mancata individuazione di responsabili delle stragi”. Certo, non sarebbe stato semplice giungere ad una verità giudiziaria (ad una verità storica sì, come dimostra il processo celebrato a Brescia per l’eccidio di Piazza della Loggia). La verità giudiziaria avrebbe dovuto fare i conti con molteplici fattori criminali, affatto slegati tra di loro, ma, al contrario, interrelati, fino a formare quel “sistema eversivo” che, ahinoi, possiamo intuire nella sua natura. E oggi? Cos’è cambiato? Il mantra ritorna, ritorna Tancredi e il nulla che cambia. Le politiche criminali non sono, infatti, cambiate, hanno solo cambiato vestito. Sicuramente non possiamo parlare di tentativi di colpi di Stato come quelli del 1964, del 1970 e poi del 1974. Il “sistema” si camuffa, ha compreso che quella strategia non paga. In verità, il golpe vero è quello in atto, quello che sta alterando in modo aberrante la competizione democratica, quello che affama, che strozza, quello che si consuma nell’ipertrofia delle burocrazie. Se gli attentati servivano a impedire uno spostamento dell’asse di governo, o nuovi tipi di rapporti internazionali e se erano, infine, finalizzati, secondo la logica dell’intentona, a destabilizzare per stabilizzare, oggi quel sistema si è pienamente affermato: è il regime unico, il regime che non ha più bisogno del coflitto sotterraneo o delle segrete stanze.
Bologna, 2 agosto 1980, una giornata di caldo soffocante, la stazione, gente che viene, gente che va, il caso, la fortuità, gli incontri mancati, quelli avvenuti.
Chi scrive in questo momento, quel 2 agosto, doveva essere nella sala d’aspetto di seconda classe, quella della deflagrazione e, come direbbe De André, per un capriccio del cielo, in quella lista dei morti ci è finita, identificata, per sbaglio, dai medici e dai suoi genitori scambiata con Catherine Helen Mitchell in quel freddo obitorio, in cui c’erano le ultime dieci vite spezzate.
“John e Chaterine erano due giovani fidanzati inglesi, erano in viaggio per l’Europa, prima di iniziare le loro carriere. Si erano laureati poche settimane prima e avevano deciso di partire insieme per un periodo di vacanza. Avevano preparato gli zaini, i sacchi a pelo, alcuni indumenti fra cui il costume da bagno probabilmente da indossare sulle spiagge italiane, poche stoviglie e alcuni arnesi da campeggio, una sveglia e le macchine fotografiche.
Il 2 agosto la loro vacanza li aveva portati a Bologna. Anche loro, come molti altri, stavano aspettando il treno” . Quel 2 agosto, un attimo, una fila al bar , un telefono a gettoni non funzionante, potevano valere un’eternità.
Ross@ sfilerà in silenzio, sabato, 2 agosto, perché quel silenzio farà rumore, perché quel silenzio avrà la forza dell’ascolto e della memoria, perché sarà la risposta alle politiche di distrazione di massa, alla fascistizzazione progressiva di questo paese, al rumore di regime, perché nel silenzio prenderà forma la dignità di quel prefisso “anti” che precede la parola “fascismo”.
“…….E c’è il silenzio dei morti. Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze,
perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte?
Quando li avremo raggiunti
il loro silenzio avrà spiegazione”. (Edgar Lee Masters)
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