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Prime considerazioni sulla vicenda giudiziaria e politica di De Magistris

Chi segue Contropiano e la più generale attività della Rete dei Comunisti sa che non siamo mai stati affascinati dai funambolici effetti della Rivoluzione Arancione di Luigi De Magistris

A differenza dei tanti – troppi – neofiti che si arruolarono sotto le bandiere di Giggino abbiamo sempre espresso, nella nostra azione politica, sociale e sindacale, una attitudine che mirava alla salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza delle ragioni del conflitto e degli interessi riconducibili ai settori popolari della città.

In maniera, quasi disperata, alle ultime elezioni comunali, dopo la disastrosa stagione del bassolinismo, animammo, assieme ad altri pochi attivisti politici e sociali, una lista elettorale – Napoli non si piega – capeggiata dall’avvocato Pino Marziale la quale raccolse scarsissimi consensi perché l’effetto dirompente del tornado De Magistris fece il pieno dei voti anche nei movimenti di lotta sociali e tra le fila di molte organizzazioni della sinistra antagonista.

Tanti esponenti di centri sociali e di organismi di lotta, che pure avevano precedentemente animato un interessante ciclo di lotta metropolitano, diedero vita ad una lista “Napoli è tua”, che sosteneva apertamente, con toni entusiastici, la candidatura e, soprattutto, il programma di Luigi De Magistris.

È utile ricordare questo dato, altrimenti – considerato che viviamo in un’epoca in cui il ricordo e la memoria dei fatti si dissolvono immediatamente – non riusciamo ad esprimere un giudizio ed un serio bilancio politico sulla vicenda della sindacatura di De Magistris e sui fatti che, in questi ultimi giorni, stanno portando al suo superamento formale e sostanziale.

 A questo proposito vogliamo richiamare l’attenzione dei nostri lettori ad un nostro articolo scritto a pochi mesi dall’insediamento a palazzo San Giacomo di Luigi De Magistris (https://contropiano.org/archivio-news/documenti/item/3025-i-primi-cento-giorni-di-luigi-bonaparte-de-magistris) in cui analizziamo i primi atti amministrativi della sua giunta e le iniziali ripercussioni materiali in città.

Da quel momento abbiamo avuto nei confronti dell’amministrazione De Magistris un atteggiamento di sfida politica pubblica sui temi che afferivano alle competenze della giunta ed al loro intreccio con l’agenda politica cittadina.

Non abbiamo, quindi, avuto dubbi nello schierarci contro il governo Monti quando tagliava i fondi alla città e nel dare atto, positivamente, a De Magistris di non aver ottemperato ai diktat del governo e dei poteri forti quando prescrivevano, per il Comune di Napoli, una ricetta economica di lacrime e sangue che prevedeva licenziamenti, tagli ed accelerazione dei processi di privatizzazione.

Abbiamo partecipato alle (poche) occasioni di mobilitazione, contro alcuni provvedimenti del governo, organizzate dall’amministrazione ed abbiamo, sempre, criticato De Magistris il quale – fedele alla sua natura politica e culturale inconseguente – limitava le proprie proteste al piano delle dichiarazioni stampa e si rifiutava di relazionarsi con quei settori sociali che avevano contribuito alla sua elezione.

Abbiamo, più volte, segnalato allo stesso Sindaco che questo atteggiamento poneva l’amministrazione e gli interessi popolari su un piano inclinato sottoposto alla incessante offensiva dei governi, della stampa nazionale e cittadina e di quei poteri (prioritariamente riconducibili al Partito Democratico ed al Presidente della Repubblica, Napolitano) che miravano – mirano tutt’ora – a mettere le zampe su alcune importanti partite riguardanti i progetti di ristrutturazione urbanistico/territoriali dell’area metropolitana.

Infatti, la storia di questi ultimi due anni è stata costellata da accadimenti in cui De Magistris è stato accerchiato e sottoposto ad un fuoco concentrico fino all’ultima vicenda del decreto Sblocca-Italia in cui Renzi ha escluso l’ente comunale dalla gestione della riqualificazione di Bagnoli e dell’area flegrea, affidando nuove competenze alla Regione ed istituendo, di nuovo, una figura commissariale che estromette il Comune (e soprattutto i vincoli sanciti dal Piano Regolatore) dai processi decisionali.

Non è un caso che la Confindustria partenopea, il buon Alfredo Romeo, il redivivo Paolo Cirino Pomicino (ancora presidente della Tangenziale), la famiglia Caltagirone, il P.D. tutto, Caldoro e Forza Italia abbiano applaudito ai provvedimenti del governo Renzi.

Per quanto ci riguarda, non abbiamo mai fatto sconti alle scelte politiche ed amministrative di De Magistris.

Proprio questa estate, volendo limitarci agli ultimi mesi, abbiamo scoperto – mentre l’intero Consiglio Comunale era, a voler essere buoni, distratto dai suoi compiti di vigilanza – che l’amministrazione si accingeva a modificare lo statuto, in senso privatistico, alla società del comune che gestisce l’acqua (https://contropiano.org/articoli/item/25416) tradendo, nei fatti, il mandato della vittoria referendaria in difesa dell’acqua pubblica ed aprendo un pericoloso varco verso la possibile privatizzazione/esternalizzazione delle altre società partecipate e dei servizi a rete.

Nel contempo, però, abbiamo subito compreso che l’allarme lanciato da De Magistris contro il possibile dissesto finanziario del Comune di Napoli (voluto fortemente dal vecchio blocco di potere e dai nuovi pescecani della finanza e del partito del cemento) significava la mordacchia all’amministrazione e l’imposizione di un piano di rientro economico tutto centrato sui tagli, sullo smantellamento delle società partecipate e sulla svendita del patrimonio immobiliare pubblico.

In tal senso abbiamo condotto, in autonomia dall’amministrazione ed in sinergia con il sindacalismo conflittuale, una vertenza, ancora in corso, che punta a non perdere nessun posto di lavoro (come invece è accaduto alle aziende gestite dalla Regione) ed a mantenere la proprietà pubblica delle aziende partecipate (https://contropiano.org/articoli/item/22422).

Certo, Luigi De Magistris e gli uomini a lui più vicini non hanno la cultura politica dell’anticapitalismo, anzi – dentro la crisi della politica e la catastrofe teorica e culturale della sinistra – hanno alimentato una sorta di decisionismo autoritario che ha cannibalizzato tutte le elaborazioni alimentate circa la cosiddetta democrazia partecipativa1.

Oggi, mentre arriva la sentenza derivante dal pasticciaccio Why Not, si scatena la canea contro De Magistris – in cui si distingue un editoriale insolitamente giustizialista de il Manifesto che chiede le dimissioni del sindaco – che sarà l’autostrada politica e mediatica attraverso cui transiteranno i vecchi ed i nuovi affaristi e speculatori che vogliono riprendersi Palazzo San Giacomo.

Ascoltare in queste ore le voci di Clemente Mastella e di Antonio Bassolino che chiedono vendetta è surreale come, parimenti, è inquietante vedere l’ex segretario nazionale dei Giovani Comunisti, nonché amico del Sub-comandante Marcos, tale Gennaro Migliore, pontificare da una convention dei giovani leoni del P.D. che scalpitano per mettere in mostra le loro doti di efficienti esecutori della spietata modernizzazione del duo Renzi-Marchionne.

Non sappiamo se siamo di fronte ad un “uso politico della magistratura”, ma di sicuro c’è gia un “uso politico della sentenza di condanna” che, pur ignorando gli atti processuali e le stesse motivazioni, sembra alquanto discutibile. La ferma opposizione ad ogni forma di giustizialismo deve farci riscoprire un nuovo e vero garantismo, che si liberi del giogo berlusconiano, per andare alle radici delle ragioni della difesa dei diritti di libertà delle persone, contro il monopolio della forza e la repressione dello Stato. Un garantismo che funga da sponda alla conflittualità sociale ed alla sua riduzione a problema di ordine pubblico e giudiziario.

Probabilmente, nelle prossime ore e giorni, il combinato disposto messo in campo contro De Magistris conseguirà l’obiettivo che si è posto, le dimissioni del sindaco anche attraverso l’intervento del Prefetto.

Dal suo canto Luigi De Magistris dichiara, scandalizzando molte facce di bronzo, che farà il sindaco di strada e che si ricandiderà nel 2016.

Ancora una volta siamo di fronte al giano bifronte cui De Magistris ci ha abituati ma, questa volta, sulla scorta dell’esperienza di questi anni, dovremmo tutti operare un necessario salto qualitativo del nostro agire politico collettivo.

Il tema della rappresentanza politica dei settori popolari della società – questo autentico rompicapo teorico – non è eludibile e non è ascrivibile alla mera sfera elettoralistica ed istituzionale. Le lotte, il conflitto e le mobilitazioni hanno bisogno della politica – della politica di classe – per avanzare, per consolidare risultati e per allargare la loro egemonia nella società.

Da questo interrogativo occorre far ripartire la discussione, nei movimenti ed oltre, rifuggendo le scorciatoie leaderistiche, con la ferma convinzione che l’autonomia e l’indipendenza restano la linea di condotta cui incardiniamo la nostra azione. Specie per il futuro!

 

1 Si consiglia questo interessante reportage di Giuseppe Manzo e Ciro Pellegrino realizzato nel dicembre 2013 per Micromega in cui questi due giornalisti indipendenti fanno una efficace radiografia dell’amministrazione retta da Luigi De Magistris ed individuano alcuni snodi politici su cui l’esperienza arancione si è arenata: http://temi.repubblica.it/micromega-online/scassanapoli/?printpage=undefined.

 

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