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Pubblico impiego: torna il conflitto, e mette paura

Ma cos’è il pubblico impiego? E perché da anni e’ diventato il bersaglio preferito di governi e poteri forti? Queste due domande sorgono spontanee di fronte all’ennesima levata di scudi in atto dopo la vicenda dei vigili urbani romani, degli spazzini napoletani, dei macchinisti della metro di Roma, ( che pubblico impiego non sono ) ecc..

Cioè il fatto che settori di lavoratori, impossibilitati allo sciopero da una serie di norme talmente cavillose in materia di diritto di sciopero da renderlo di fatto impraticabile e comunque scarsamente efficace, si inventano forme di lotta incisive e determinate per difendere le proprie condizioni di lavoro e di salario in tempi difficilissimi come quelli che stiamo attraversando da tempo, sta diventando l’ennesimo pretesto per un pesante attacco, mosso prima di tutto dal governo e dalla stampa mainstream.

Al centro della querelle la censura di un sacrosanto comportamento conflittuale messo in atto la sera di capodanno a Roma di fronte  ad una proposta che, al Comune di Roma come in tutta Italia, vuole ridurre i salari attraverso un taglio netto e pesante del salario accessorio, e alla sconcertante idea che per sconfiggere la corruzione nella città di “mafia capitale” sia opportuno far ruotare migliaia di vigili urbani su un territorio enorme e il cui traffico rende ogni spostamento un vero e proprio viaggio senza limiti di tempo.

Tutti gridano allo scandalo dell’assenteismo, dimenticando pero’ le scandalose assenze di molti sindaci, onorevoli, senatori, dai loro “luoghi di lavoro”. Il dato politico rilevante è però dato dalla lettura della questione, su cui in molti si stanno esercitando dalle pagine dei quotidiani, che vede il mondo pubblico come un luogo di privilegiati di scarsa efficienza, e di dubbia qualità, colpevole del mal funzionamento della macchina statale che, pertanto, va asciugata attribuendo sempre più compiti al “privato” che saprà renderlo invece produttivo ed efficiente.

Così va stroncata anche solo l’idea che il conflitto, in qualsiasi modo esercitato, possa essere uno strumento utilizzabile per impedire che questi processi vadano in porto. Anche l’idea che “insieme” si può essere forti ed incisivi va demonizzata, pena il certo naufragare dell’attacco in corso ai corpi intermedi della società.

A tal fine governo, padroni e sindacati complici lavorano alacremente alla frammentazione, praticando scientificamente la artificiosa divisione nella società e nei luoghi di lavoro tra chi ha poco e chi ha ancora meno, tra chi avrà il Jobs act e chi no, per impedire che qualcuno si accorga che la lotta dovrebbe essere, tutti insieme, contro chi il Jobs act si è inventato e vuole applicare indifferentemente a tutti.

Diversamente dal coro che vede uniti Governo, amministratori, pennivendoli e sindacati complici, noi pensiamo che quanto accaduto sia un segnale importante di ripresa del conflitto in ogni forma possibile e, per noi questo è sempre un buon segnale.

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