Se si vuole che in Europa qualche prospettiva positiva si riapra, bisogna augurarsi la vittoria di Tsipras alla elezioni greche, così come quella di Podemos in Spagna, e assieme ad esse di tutte quelle forze che possano mettere in discussione le politiche dell’austerità e del rigore. Nel programma di Syriza ci sono ingenuità e anche ambiguità, penso alla richiesta di una conferenza europea per la cancellazione di gran parte del debito, che saranno messe ímmediatamente alla prova un minuto dopo le elezioni. Se la sinistra greca vincerà e sarà coerente con le proprie affermazioni, dovrà varare un programma economico di totale rottura con il Memorandum della Troika e i vincoli dell’austerità europea. E se, come è evidente, non ci sarà nessuna vera disponibilità in sede Ue per cancellare il debito greco, non perché sia troppo costoso in sé ma per il timore di un effetto domino in tutto un continente dove di austerità non se ne può più, allora la sinistra greca dovrà andare avanti senza temere la rottura del sistema europeo e della stessa moneta unica. Le recenti dichiarazioni di Katainen, il commissario UE che voleva il Partenone a garanzia del debito greco e che ha minacciato dure sanzioni nel caso di non rispetto dei vincoli, non sono solo una delle tante vergognose ingerenze del potere Ue nella campagna elettorale. Le sanzioni alla Grecia sono una prospettiva reale alla quale l’Europa a trazione tedesca non può rinunciare, pena il crollo della leadership della Merkel e di tutte le complicità con essa, qui da noi ben interpretate da Giorgio Napolitano e dai suoi governi, ultimo quello di Matteo Renzi. L’alternativa al bastone, la carota offerta da Mario Draghi con la promessa di far acquistare una parte del debito alla BCE, in realtà pare più una polpetta avvelenata. Infatti il capo della Banca Europea, per compiacere la Bundesbank, ha più volte ribadito che tali aiuti finanziari saranno rigidamente legati alla continuazione della politica delle riforme. Quindi il nuovo governo greco, se quei finanziamenti vorrà, dovrà continuare a massacrare il suo popolo. In sintesi se la sinistra greca sarà coerente dovrà rompere con questa Europa, se invece non lo dovesse essere non farebbe che seguire il catastrofico esempio della sinistra italiana.
In questi giorni assistiamo al pellegrinaggio in Grecia di tutti i principali esponenti del mondo a sinistra del PD. Sono certo che nel suo gioviale trasformismo anche Matteo Renzi saprà esprimere parole di apprezzamento per la giovane età del leader greco. Ma c’è d‘augurarsi che la sinistra greca usi il nostro paese come esempio di tutto ciò che non si deve fare. L’attuale Presidente del Consiglio rappresenta la conclusione di un percorso che ha visto gli eredi della parte maggioritaria del PCI e della sinistra DC trasformarsi in estremisti di centro. Il fanatismo centrista è l’ideologia dominante dei governi liberisti europei. Esso mette assieme qualche spolverata di liberalismo civile con un sempre più brutale liberismo e considera nemici principali tutte le forze economiche e sociali organizzate, lavoro,in primis, banche e grandi imprese escluse. Il Pd, traumatizzato da anni di sconfitte e mancate vittorie è approdato in blocco a questo pensiero, proprio quando esso cominciava ad entrare in crisi nel resto d’Europa, riportando così il dibattito politico italiano indietro di decenni.
Ma se la nostra sinistra di governo è tra le peggiori d’Europa, la cosiddetta sinistra radicale è quella ridotta peggio. Le incoerenze si pagano e quando esse diventano un modo di vivere è la stessa vita delle organizzazioni che viene messa in discussione. Nel 2001 l’Italia era il paese con il più forte movimento noglobal d’Europa. Venivano tutti a seguire le nostre esperienze. Anche un giovanissimo Alexis Tsipras era a Genova. Il movimento sindacale, la Cgil, sconfiggevano Berlusconi che voleva fare all’articolo 18 modifiche di portata minore di quelle poi attuate da Monti e Renzi. Potevamo essere i primi nel cambiamento ed invece siamo diventati largamente gli ultimi. Perché? Io dico anche per la catastrofica incoerenza nei comportamenti dei gruppi dirigenti della sinistra radicale e della CGIL, che ha distrutto un patrimonio enorme. Incoerenza che continua tuttora. La Cgil dopo un riuscito sciopero generale si è fermata per un incontro col premier, poi, incassato un nuovo sberleffo, ha di nuovo fatto la voce grossa senza però articolare neppure le premesse di una strategia di lotta. La lista Tsipras ha raccolto alle europee un certo consenso, però alle elezioni vere, quelle amministrative, quella lista in quanto tale non è esistita. Sel si allea con i peggiori renziani nelle regioni e nei comuni, come se gli enti locali non fossero parte integrante delle politiche dell’austerità. Rifondazione Comunista è un fricandò di posizioni le più diverse, a volte col PD a volte contro senza mai una scelta definitiva . Il resto delle forze sindacali e politiche di opposizione sostiene posizioni giuste ed in generale pratica comportamenti coerenti, ma finora non è riuscito a costruire una forte alternativa.
Insomma l’insieme delle sinistre sociali e politiche che si dichiarano contro Renzi e il suo estremismo di centro continua a non reagire al fatto di essere il più debole e confuso del continente. C’è allora da puntare sul fatto che la vittoria di Syriza e il suo comportamento coerente, non italiano per capirci, riapra tutti i giochi. Che però da noi significa una nuova fase di lotte contro l’austerità e il sistema PD che la gestisce. Significa dire no al Jobsact ma anche anche alla sua applicazione in tanti accordi locali. Significa dire no alla Tav in valle susa, ma anche alla Expo, che invece a Milano parte con il ruolo determinante della giunta di sinistra e di Cgil Cisl Uil, che hanno accettato il lavoro gratuito. Fare come Tsipras in Italia non vuol dire usarne in franchising il marchio per riverniciare prodotti che fanno fatica ad essere collocati. Fare come i greci o gli spagnoli significa rompere qui sui nostri temi coi nostri avversari, rompere con le politiche di austerità in parlamento, ma anche nei consigli comunali. E se necessario anche nei sindacati. Aiutare i greci significa lottare contro il terrorismo rompendo con le politiche di guerra e riarmo volute da quei governi Ue e Nato che con un fotomontaggio si sono messi alla testa del corteo di Parigi. Tsipras e il popolo greco non avranno bisogno di ambasciatori non ufficiali oltre a quelli istituzionali che auguriamo loro di nominare. Alla sinistra greca serve che in Italia si apra un altro fronte di crisi di quelle politiche europee che vogliono strangolare la sua esperienza di governo sul nascere . Se si vuole davvero aiutare Tsipras, bisogna praticare la coerenza e la dura fatica della trincea, a volte anche ingenerosa, della opposizione e delle lotte sociali. La sinistra italiana deve ripartire da qui e non dai convegni ove si discute su come comporre liste elettorali che mettano a frutto il successo greco.
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