“Non è possibile descrivere il caos e gli spettacoli orribili che seguirono. Cittadini feriti che bruciavano vivi, donne con la capigliatura in fiamme che tentavano di fuggire dai tetti e da tutte le possibili aperture dei palazzi incendiati, in una folle ricerca di salvezza”
Questa accurata descrizione della barbarie umana potrebbe riferirsi ai tragici fatti del 2 maggio 2014 ad Odessa, dove diversi manifestanti antifascisti, nel tentativo di fuggire dalla furia omicida delle orde neo-naziste scatenate grazie ad una provocazione premeditata, si rifugiarono all’interno della Casa dei Sindacati ad Odessa, edificio che venne dato alle fiamme sotto gli occhi delle compiacenti forze dell’ordine rispondenti alla giunta golpista di Kiev.
Fu una strage in cui il numero esatto delle persone che perirono non è stato ancora stabilito con certezza, mentre gli antefatti e lo sviluppo degli eventi è stato esaustivamente indagato dall’opera di contro-formazione che si deve scontrare contro l’interpretazione ufficiale dei media mainstream, di cui Pino Cabras ha proposto una sintesi critica in
L’incendio d’Odessa e la stampa italiana
(http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=102683 )
Tuttavia, non si tratta di una testimonianza oculare del 2 maggio scorso, bensì del racconto delle rappresaglie scatenate contro comunisti ed ebrei da parte degli occupanti rumeni, alleati dei nazisti, ad Odessa, citato nel libro di Charles King Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno (tradotto da Cristina Spinoglio ed edito da Einaudi nel 2013).
Questa reazione fu scatenata in seguito all’attentato che il 22 ottobre del 1941 portò alla distruzione dell’ala destra del palazzo che “ospitava” i rappresentanti dell’esercito e delle forze di sicurezza della Romania, che aveva preso il controllo della città appena una settimana prima.
La squadra militare rumena aveva scelto il palazzo, ex sede della Nkvd, come base per il proprio quartier generale, e l’azione partigiana aveva portato all’annientamento del generale Ion Glogojanu insieme ad altri ottantotto membri dello staff militare e civile, compresi alcuni ufficiali della marina tedeschi.
Un episodio simile, ricorda King, era successo nei quartier generali tedeschi a Kiev soltanto alcune settimane prima.
“L’esplosione di Kiev aveva provocato uno dei più famigerati massacri della Seconda guerra mondiale, la fucilazione di più di trentatremila ebrei da parte delle SS tedesche e delle guardie ucraine nel fossato di Babil Jar”.
Anche ad Odessa la reazione degli occupanti non si fece attendere e, mentre i cadaveri dei soldati venivano rimossi dalle macerie, gli ufficiali mandarono telegrammi al comando centrale annunciando tra l’altro l’imminente reazione: “Mi sto accingendo a far impiccare gli ebrei e i comunisti sulle pubbliche piazze di Odessa”, riferiva l’ufficiale in capo subentrato ad Odessa.
Ion Antonescu, capo della Romania durante la guerra, ordinò l’uccisione di duecento “comunisti” per ogni ufficiale tedesco o rumeno morto, e cento ne vennero fucilati per ogni soldato semplice ucciso. Tutti i “comunisti” a Odessa vennero presi in ostaggio, come pure “un membro di ogni famiglia ebrea”, e tutti sarebbero stati uccisi in caso di un secondo attacco terroristico. Successivamente, Antonescu fece una lista delle misure prese, che comprendevano l’esecuzione di tutti gli ebrei della Bessarabia che avevano cercato rifugio ad Odessa. Inoltre, tutti coloro che erano compresi nei patti del 23 ottobre 1941 (che ordinavano di uccidere “i comunisti”) e che non erano ancora stati fucilati, a cui comunque dovevano esserne aggiunti altri, dovevano essere rinchiusi immediatamente in un edificio che sarebbe stato minato e fatto esplodere. “Questa azione avverrà il giorno del funerale delle vittime del quartier generale bombardato”, chiariva Antonescu.
Questo lungo excursus storico ci sembrava doveroso vista la rimozione sistematica dell’ opera di annientamento di matrice anti-ebraica e anti-comunista portata avanti durante il periodo di occupazione di questa porzione di territorio dell’allora Unione Sovietica, conseguente al lancio dell’Operazione Barbarossa, che portò le truppe del Reich, insieme agli eserciti alleati dei nazisti, tra cui 250.000 militari italiani, a invadere l’URSS.
Un opera repressiva che fa impallidire i pogrom anti-ebraici e la repressione politica promossa dall’autorità durante il periodo zarista, e che trova nell’opera della giunta golpista di Kiev prima, e dell’attuale governo ucraino oggi, la sua continuazione ideale tragicamente manifestatasi con la strage di Odessa del maggio dell’anno scorso, così come con l’escalation militare nel Donbass con l’inizio dell’operazione ATO di metà aprile.
La creazione del nemico interno è una potente arma di governo delle contraddizioni sociali che il governo di Kiev si trova ad affrontare, dovendo allo stesso tempo realizzare le ricette da lacrime e sangue imposte come contropartita degli “aiuti” forniti da Fmi, Ue e Usa all’Ucraina, e condurre una vera e propria guerra – con contestuale coscrizione obbligatoria di massa – nei confronti di una parte della propria popolazione nell’Ucraina orientale.
In questo contesto, in Ucraina, il movimento comunista, di fatto costretto all’illegalità, deve agire clandestinamente per indebolire il “fronte interno” e coadiuvare attraverso azioni di sabotaggio la resistenza nella parte orientale del Paese.
Come Rete Noi Saremo tutto abbiamo scelto proprio questo nefasto anniversario come costante giornata di iniziativa politica poichè pensiamo che debba costituire nella coscienza di ogni internazionalista e del movimento comunista tutto uno spartiacque che ci deve far riflettere sulla tipologia dell’offensiva condotta da UE e USA contro la parte più cosciente e organizzata del proletariato di un Paese che vuole assoggettare ai suoi dettami, una “rappresaglia” che funge da archetipo di governo per gli scenari politici futuri.
A questo proposito lanciamo il progetto internazionalista “Non un passo indietro” (di cui riportiamo per esteso il testo) e l’imminente uscita di un volume, edito dalla Red Star Press, dal titolo “Ucraina. Golpe, guerra, resistenza”, di cui anticiperemo a giorni l’introduzione e la presentazione.
“Alla nostra grande famiglia, ai banditi senza tempo, agli antifascisti, alla classe operaia, ai lavoratori, ai disoccupati, agli sfruttati…”
Non un passo indietro! Ни шагу назад!
Dopo l’aggressione alla ex-Yugoslavia la ferocia imperialista sta di nuovo insanguinando l’Europa a cent’anni esatti dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Quello che è in atto oltre i Carpazi palesa di nuovo il volto dell’imperialismo occidentale così come avvenuto in Yugoslavia ed in Iraq, in Afghanistan come in Libia, in Kurdistan come in Palestina.
In Ucraina il golpe naziatlantista nei piani americani ed europei del febbraio scorso ha trovato sulla sua strada una coraggiosa resistenza sulla quale si sono costituite le Repubbliche popolari della Nuova Russia di Lugansk e Donetsk.
Sin dalle avvisaglie di Maidan Noi Saremo Tutto ha prestato la massima attenzione alla vicenda denunciando senza mezzi termini l’appoggio che alcuni settori della cosiddetta sinistra fraintendendone completamente il significato stavano dando al golpe di Maidan e smontando i tentativi di delegittimazione della resistenza popolare nata nel Donbass.
Abbiamo contribuito all’organizzazione e partecipato alla Carovana Antifascista della Banda Bassotti per portare la nostra solidarietà al popolo di Lugansk e Donetsk.
Nel solco tracciato dalla Carovana Antifascista che la Banda Bassotti ha avuto l’onere e l’onore di promuovere ed in continuità con il lavoro di tutti i comitati di solidarietà internazionalista con la resistenza popolare Noi Saremo Tutto lancia “Non un passo indietro”: con questo progetto intendiamo permettere ad un piccolo gruppo di compagni di tornare in Donbass quanto prima per poter raccontare direttamente quello che sta succedendo, facendo interviste, riprese video, racconti e documentando l’esperienza ed il ruolo della classe operaia nelle Repubbliche Popolari.
Crediamo che questo progetto possa non solo portare la nostra solidarietà e svolgere un lavoro di documentazione ma essere utile a considerare l’internazionalismo come una necessità, piuttosto una buona parola d’innocua liturgia.
Come avvenuto per la Carovana Antifascista utilizzeremo lo strumento della raccolta fondi digitale (fundraising) ed il progetto verrà presentato lungo lo stivale e promosso con cene, iniziative, dibattiti e qualsiasi forma di sostegno che ci verrà offerta.
Successivamente pubblicheremo i dettagli del progetto aggiornando tutti i nostri sostenitori su novità e sviluppi.
I compagni che si recheranno in Nuova Russia si occuperanno di inviare aggiornamenti sulle loro attività ed al termine dell’esperienza verranno sistematizzati i materiali raccolti in un progetto editoriale ed audiovisivo con cui fare informazione e sostenere la battaglia antifascista.
Utilizzare il nome che abbiamo scelto per questo progetto rappresenta per noi una grande responsabilità: “Non un passo indietro” fu infatti il nome dell’ordine 227 emesso il 28 Luglio 1942 ed inviato a tutti i soldati dell’Armata Rossa spinta ormai a ridosso del Caucaso dall’incalzare dell’avanzata nazista che in Ucraina trovò dei buoni alleati tra le forze nazionaliste addirittura inquadrate nelle SS. Ma arrivò la resa dei conti.
Settant’anni dopo l’Ucraina è stata trasformata in un grande laboratorio per le forze fasciste al servizio degli interessi europei e nordamericani:
è dunque necessario lottare, ed è necessario vincere.
Per questo abbiamo bisogno del contributo e del sostegno di tutti gli antifascisti e di tutti i figli della stessa rabbia.
Non un passo indietro! Ни шагу назад!
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