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ll filo che unisce Renzi e Salvini: perché il 28 febbraio saremo in piazza a Milano

Mentre le Camere si apprestano a varare i decreti attuativi della nuova legge sulla precarizzazione di massa, conosciuta come Jobs Act, ed è stata cancellata la possibilità di ricorrere al referendum per contrastare la controriforma delle pensioni, si respira di nuovo un’aria da semi unità nazionale, celebrata con l’elezione del Presidente della Repubblica. La “casta politica” si mostra sempre litigiosa ma sulle cose che contano c’è piena condivisione.

Succede a Milano, dove la nuova esposizione universale EXPO 2015 rappresenta una colossale spartizione alla quale partecipano tutte le famiglie politiche, compresa quella leghista del governatore Maroni. Colata di cemento su terreni agricoli, regalo ai costruttori, alle aziende e cooperative di destra, centro e sinistra, laboratorio di precarietà estrema fino al lavoro gratuito, spoliazione delle casse pubbliche degli enti locali, repressione dei cittadini che protestano ed operazione di lifting per unmade in Italy ormai confinato ai prodotti della tavola, visti i devastanti processi di deindustrializzazione in corso.

Succede anche con il Jobs Act. Infatti la nuova legge, che cancella l’articolo 18 e lo sostituisce con le “politiche attive” del lavoro che introducono lo scambio ammortizzatori sociali / disponibilità a lavori mal pagati e a breve e brevissima scadenza, è già stata anticipata dalla delibera lombarda di stampo leghista ‘Dote Unica del Lavoro’ e riprodotta nel Lazio dall’alleanza Pd/Sel guidata da Zingaretti.

E succede anche sulle politiche abitative, dove il Decreto Lupi, con l’obiettivo dichiarato di eliminare per sempre l’edilizia popolare, viene gestito da amministrazioni di destra e di sinistra, impegnate a far rispettare il diritto proprietario e a cancellare quello all’abitare.

Insomma sulla precarietà e sul mercato del lavoro, così come sulla gestione delle città in funzione degli interessi finanziari e speculativi, non c’è alcuna differenza tra Renzi e Salvini.

E’ vero però che i risultati elettorali di Atene hanno improvvisamente riaperto la speranza che sia possibile sfuggire ai diktat della Troika e sostenere un programma sociale alternativo. Proprio quello che in Italia manca a causa della complicità di Cgil, Cisl e Uil e della sinistra di palazzo, legata a doppio filo con l’establishment renziano.

Per questo è ancora più importante oggi dare impulso alla costruzione di un percorso di riorganizzazione sociale indipendente, nel quale il sindacalismo conflittuale può svolgere una funzione rilevante.

Non a caso , mentre si moltiplicano i segnali di disgregazione nel mondo dei sindacati concertativi, anche in ambienti governativi sembra farsi largo l’ipotesi di una legge sulla rappresentanza sindacale, che blindi per sempre i diritti sindacali in capo al sindacato unico Cgil, Cisl e Uil e santifichi il Testo Unico del 10 gennaio, che mira a cancellare il diritto dei lavoratori a dissentire e confliggere. Sono preoccupati che i lavoratori si organizzino in forma indipendente e provano ad impedirlo per legge.

La scelta di organizzare una manifestazione nazionale a Milano nello stesso giorno in cui la Lega di Salvini manifesta insieme ai fascisti di Casapound ha quindi un doppio significato. In primo luogo, chiarire che l’opposizione xenofoba e nazionalista dei leghisti è una falsa opposizione, animata da bramosie di potere e connivente con il renzismo su tutte le decisioni che contano. In secondo luogo, proporre un programma sociale alternativo che metta al centro la difesa della parte pubblica dell’economia e della Pubblica amministrazione, la difesa dei salari e delle pensioni contro la riforma Fornero, la lotta per il lavoro, la casa e il reddito, il diritto di circolazione per tutti, la lotta in difesa dei beni comuni e contro le privatizzazioni.

Per costruire l’alternativa occorre quindi smascherare il filo che unisce Renzi e Salvini: il 28 febbraio tutti a Milano.

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