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Il drago europeo nel capitalismo italiano

Il capitalismo italiano ha trovato in Draghi l’uomo giusto per affidargli l’impresa di ridare slancio al profitto capitalista.

Distintosi  quando ricoprì il ruolo di presidente della Bce ridando fiato, con una politica di bassi tassi d’interesse, all’intera economia europea travolta dalla crisi economica del 2008. Ha saputo agire economicamente assicurando liquidità ai mercati europei e politicamente riuscendo  a convincere le banche tedesche e dei paesi rigoristi del nord Europa ad approvare la sua scelta economica.

Come presidente della Bce, dal 2011 al 2019, ha messo in campo tutta la sua esperienza lavorativa che lo vide protagonista nella scena economica americana quando ricoprì importanti incarichi, dal 2002 al 2005,  alla Goldman Sachs, una delle più grandi banche del mondo, multata per 550 milioni di dollari per aver venduto, nel 2007, titoli subprime ai suoi investitori.

Certamente, con la sua politica all’interno della Bce,  ha aiutato anche l’Italia a limitare i danni determinati dalla crisi economica e da un forte indebitamente derivato dall’immissione sul mercato dai titoli di stato ad elevato tasso d’interesse.

Linea politica ripresa successivamente dalla Lagarde, sconfiggendo  definitivamente le posizioni rigoriste guidate dai paesi del Nord Europa.

Ma alla luce dell’odierna crisi pandemica, dove l’Italia dovrà restituire gran parte del debito stabilito con l’Europa e con il resto dei paesi del vecchio continente, impegnati anche essi a far fronte ad una rilevante crisi economica, gli interventi della Bce saranno rivolti al controllo degli investimenti attuati dai paesi che riceveranno il Recovery Fund e rivolgeranno la loro futura attenzione alla restituzione di parte di quei milioni di euro prestati. Nulla nei prossimi anni ci dobbiamo aspettare di riscuotere, i fondi saranno finiti.

Noi lavoratori, ci dobbiamo aspettare un forte intervento liberale sulla politica economica italiana, che vedrà, forse, migliorate alcune infrastrutture ormai obsolete ma vedrà anche un forte intervento sui salari, sulle pensioni, sulle politiche sociali; si deciderà sulla dequalificazione del  welfare state e si decreterà con le prossime politiche economiche la fine della socialdemocrazia, perché saranno i lavoratori a pagare la maggior parte dei debiti elargiti dalla Bce attraverso l’intervento della grande finanza.

Il covid sta spazzando via un’intera epoca di pensiero politico fatto di ricerca di consensi con elargizioni di favori, mazzette e lavori parassitari lasciando solo lo spazio al solito teatrino italiano con i vecchi e nuovi partiti che pronti a cambiare opinioni e casacche, richiamati da amore patrio, hanno dato l’appoggio incondizionato alla finanza europea giurando di non volere nessun vantaggio personale, nessuna carica ministeriale per poi, immediatamente dopo, accettare cariche istituzionali e ministeri per poter  meglio gestire i milioni elargiti dall’Europa pensando di amministrarli alla vecchia maniera per assicurarsi consensi e future poltrone.

La politica parlamentare non sarà più quella degli ultimi decenni. L’Italia dovrà essere, per necessità della politica europea, un paese stabile politicamente ed economicamente forte come, militarmente forte ed unita nel suo aspetto politico ed economico dovrà essere l’Europa, se non vuole essere schiacciata economicamente da America e Cina.

La nostra penisola occupa un posto rilevante nello scacchiere geopolitico mondiale, al centro del Mediterraneo; potrà fare da ponte verso le rotte degli investimenti del capitale europeo, verso le coste africane, che con interventi mirati di stabilizzazione politica, potrà esser terreno di sfruttamento illimitato della forza lavoro a basso costo proveniente da tutto il continente nero e dello spolpamento delle illimitate risorse custodite nel sottosuolo africano.

Unica soluzione, questa, che avrà l’Europa per uscire dalla crisi economica pandemica e per elargire di nuovo tutti quei favori che gli hanno consentito di produrre  consensi e profitti.

La grande finanza è attenta e pronta ad unirsi approfittando di ogni situazione per custodire ed aumentare i propri guadagni; ora si auspica una risposta unitaria di tutti i lavoratori europei pronti a rispondere, con adeguate lotte sindacali, alle politiche liberiste europee che tenderanno, nei prossimi mesi, a ridurre ulteriormente i diritti acquisiti. 

Organizziamoci per richiedere migliori condizioni di vita, prepariamoci ad accogliere tra le nostre fila la classe operaia che si andrà formando sulle coste dell’Africa.

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