Come avevamo avuto modo di scrivere il vero scontro comincia adesso.
L’esito elettorale ellenico ha portato alla luce la contraddizione che gli invasivi apparati ideologici borghesi cercano di nascondere, ovvero la rivolta – per ora espressasi solo sul versante elettorale – dei settori di classe europei ed anche di intere nazioni.
Il dato di Atene si accompagna alle mobilitazioni spagnole ed ai sondaggi nei paesi PIIGS che danno, per esempio, il Sinn Fein irlandese al primo posto.
Non si tratta ancora di una rivolta generalizzata, si affermano ancora le specificità nazionali ma i gruppi dominanti dell’Unione Europea capiscono molto bene cosa significa questa situazione.
I gruppi dominanti della borghesia continentale sanno che il pieno maturare della contraddizione dipende solo dalle condizioni generali che, considerando l’attuale corso della crisi, non andranno verso il miglioramento economico e sociale, alla faccia delle proiezioni sull’evoluzione dei PIL, dei tassi di disoccupazione e di uno sbandierato quanto inutile ottimismo sulla imminente uscita dalla crisi.
Syriza è riuscita a catalizzare in Grecia una reazione importante in competizione anche con l’ipotesi nazista di Alba Dorata che pure in questa tornata elettorale ha confermando la sua forza conquistando il terzo posto. Ma adesso la sfida si pone ad un livello più alto e la scelta di fare il governo insieme al partito conservatore di ANEL è stata un po’ la mossa del cavallo che ha spiazzato una lettura già precostituita delle vicende greche tutta legata alla “politica” ed alla sinistra che si voleva dare in pasto alla cosiddetta “opinione pubblica” e rimettendo al centro la questione del rapporto tra l’Unione Europea ed i singoli paesi. Ancora più chiaramente con quei paesi PIIGS che stanno pesantemente pagando non la crisi in sé ma la costruzione di un’entità sovranazionale finalizzata a sostenere la competizione globale ed a difendere adeguatamente gli interessi delle sue classi dominanti.
Il tour realizzato in Europa da Tsipras e dal suo ministro dell’economia sono stati passi preliminari obbligati.
La riaffermazione della “fedeltà” all’Euro ed all’Unione Europea sono stati concepiti in funzione di una possibile trattativa che riesca quantomeno ad allentare il cappio messo attorno al collo del popolo greco. Passi logici e comprensibili. Ma ora cominciano ad emergere i veri noccioli duri della questione, i punti sui quali i poteri europei non possono transigere. Che non sono solo economici o legati alla questione del debito, che invece è sempre trattabile, ma sono di natura squisitamente politica e strategica in quanto imposti e determinati dal progetto di costruzione dell’Unione Europea.
La sinistra nostrana continua a denunciare le politiche di austerità, continua a pensare che questa Unione sia riformabile e democratizzabile ma in realtà non vuole fare i conti, seriamente, con la reale natura del progetto di integrazione europea. La sinistra europea continua a nascondere la testa come gli struzzi dentro una logica economicistica che vede nella questione dell’Euro il centro di tutto mentre è stata da tempo superata dagli eventi “globali”.
Gli ipocriti sorrisi profusi da Renzi, Hollande e Junker sono in stretta simbiosi con le risposte dure e per certi versi brutali che sono state date ad Atene dal “mite” Draghi e dall’arrogante Schaeuble, i quali non hanno fatto altro che far notare che sulle forme del potere vero non si transige, che i parametri vanno rispettati, che il riferimento fondamentale non sono le condizioni dei popoli europei ma è la competizione globale tra potenze che determina tali parametri.
Ed è su questa oggettività, immanente e condizionante, che si va oggi verso lo scontro determinato da interessi non conciliabili.
Uno scontro che si apre in Grecia ma che ci riguarda direttamente se vogliamo contrastare un futuro che prevede e già pratica guerra sociale all’interno e guerra guerreggiata all’esterno del continente. Non è certo un caso che in questo momento di conflitto si facciano avanti soggetti che formalmente dovrebbero essere estranei ma che nei fatti intervengono nel processo di costruzione della UE. Stiamo parlando degli USA di Obama ma anche della Russia di Putin sotto attacco in Ucraina che cerca di aprire altri fronti su altri terreni per far argine all’offensiva occidentale.
Un futuro, dunque, costruito dai “nostri” apprendisti stregoni che evocano i fantasmi della lotta di classe dall’alto ma che poi non riescono a controllare.
L’Unione Europea fa questo perché è un polo imperialista, termine questo rimosso dal dibattito e dalla coscienza della nostrana sinistra ma che va recuperato e compreso, di nuovo, fino in fondo. Questa acquisizione teorica e politica, infatti, non descrive solo l’aggressività militare ma il livello di sviluppo complessivo raggiunto dalla società capitalista nel nostro continente a cui vanno assolutamente ed inderogabilmente assoggettati i popoli europei e le classi subalterne.
Pena la crisi e la sconfitta della UE all’interno di una competizione globale sempre più brutale.
E’ questo il nemico concreto con cui si stanno scontrando i Greci, ma si tratta anche del nostro nemico diretto.
Non si tratta di uno scontro facile né di breve durata, nel quale sarà necessario fare lotta politica e lotta sociale, come sarà necessario adottare le tattiche più opportune verso i possibili alleati in questa lotta.
Tale scenario non è la prima volta che si manifesta nella storia del movimento comunista e di classe ed il riferimento da avere ben presente in questo scontro è la comprensione di quello che è il nemico principale contro il quale coagulare tutte le forze in campo che hanno lo stesso interesse in questa battaglia generale.
Per questo è necessaria la massima chiarezza nell’affermare che il nemico principale è il nostro imperialismo e che è necessario perseguire la rottura della Unione Europea.
Nel contempo sarà utile battersi per delineare una alternativa ricercando una possibile alleanze tra i paesi PIIGS i quali dovranno determinare una relazione organica tra di loro ed una politica che guardi a quelli che sono i Sud del mondo a cominciare dalla sponda sud del Mediterraneo.
Da tempo come Rete dei Comunisti stiamo sostenendo questa proposta, coscienti sia dei limiti delle forze in campo e sia dell’attuale debolezza politica delle ipotesi alternative all’Unione Europea.
Ma la situazione sta spingendo in avanti, le contraddizioni non vengono rimosse e le spinte di lotta continuano ad arrivare proprio da quei paesi dell’Europa meridionale che possono rompere un progetto reazionario quale è quello dell’Unione Europea. Tali spinte sociali, pur nella loro contraddittorietà, vanno assecondate e rafforzate politicamente concependo una alternativa economica, sociale, politica ed istituzionale al polo imperialista europeo.
Sabato 7 Febbraio
Rete dei Comunisti
Fonte: www.retedeicomunisti.org
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