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La chimera di un accordo irraggiungibile

Se qualcuno nutriva ancora dei dubbi sulle concrete possibilità di modificare, migliorare, l’impianto politico-economico della UE, questi dovrebbero essere risolti dall’impossibile e, sia detto senza cattiveria, ridicolo tentativo di Tsipras di cambiare in qualche modo la natura degli accordi finanziari per la Grecia tramite improbabili e macchiettistici “tour” nelle capitali “in difficoltà”. In carica da meno di un mese, già è evidente la velleità del suo proposito, sbagliato sin dalle premesse, così come è evidente che l’unico modo di cambiare quegli “accordi” non è quello della trattativa tra le parti, ma dell’imposizione di una delle parti. Il “ridicolo” tentativo del governo greco è tale perché parte da premesse sbagliate: i governi “deboli” dell’Europa del sud, compresa la Francia, non sono concorrenti all’egemonia tedesca, ma suoi partners politico-ideologici. Non esiste un Renzi o un Hollande schierati, anche fosse implicitamente, contro la Merkel; non esiste un partito socialista europeo schierato, anche fosse implicitamente, contro il partito popolare; non esistono interessi contrapposti tra gli esponenti politici della grande borghesia europea. Sperare di provocare contraddizioni in un contesto politico ed economico assolutamente omogeneo, forti di un vago riferimento ad una presunta solidarietà tra “simili”, significa non comprendere il contesto in cui si sta operando. Non esistono similitudini tra i paesi governati dalle larghe intese politiche e il governo di Syriza.

Il tentativo risulta ridicolo anche nello strumento che viene utilizzato: la trattativa dall’alto, l’accordo tra governanti. Siamo al più completo idealismo politicista, di cui purtroppo è figlia la natura stessa di Syriza, convinta di un improbabile “autonomia del politico”, in questo caso un’autonomia del ceto politico europeo dai referenti economici che lo sostanziano. Le elezioni e il processo democratico, lo credevamo ovvio dopo un decennio d’esperienza diretta, non interessano a nessuno all’interno dei centri del comando europeista. Tsipras non ha alcun potere contrattuale, il fatto che abbia vinto le elezioni non interessa a nessuno a Bruxelles o a Francoforte, al massimo è fonte di ilarità. L’unico potere contrattuale possibile Syriza lo deriva dalle lotte di classe greche – ed europee – l’unico movimento reale che potrebbe inceppare e modificare il treno liberista. Tsipras sembrerebbe essersene dimenticato, ma l’unico – l’unico – motivo per cui Syriza ha vinto le elezioni è stata la conflittualità generale di un movimento di classe che ha prodotto un cambiamento del paesaggio politico greco, che si è imposto quale forza concreta con cui trattare. Syriza, questo il suo grande merito che dovremmo recuperare, ha avuto la capacità di sintetizzare politicamente ed elettoralmente quel movimento, ma senza di quello la sinistra riformista greca tornerebbe un secondo dopo nella marginalità. E’ questo il fattore che Tsipras sembra non comprendere: trattare da pari con gli esponenti del governo europeista senza la forza delle lotte di classe dietro significa non comprendere il carattere imperialista del progetto europeo (e infatti Syriza non lo riconosce, causa primaria dei suoi errori di prospettiva). E’ come se il governante del Colorado trattasse con il Montana una riduzione del debito, non guardando al quadro generale di due Stati inseriti in un processo più vasto e che controlla le scelte politiche di fondo: gli Stati Uniti, nell’esempio. Nel caso in questione, non c’è un Italia (o una Francia, un Spagna) contro la Germania, ma un governo unico ed un’unica direzione politica, formato da tutti gli Stati della UE, di cui Syriza rappresenta un intoppo di gestione da far rientrare velocemente nell’alveo della compatibilità. Come il Colorado, la Grecia potrà decidere se liberalizzare le canne sul suo territorio, o legalizzare i matrimoni misti, ma non avrà la possibilità di decidere sull’economia del suo territorio.

Non sarà la mediaticità del ministro dell’economia o questa o quella trovata politica da sbandierare ai quattro venti che determinerà la soluzione del problema greco o anche solo una parziale revisione degli accordi che stanno spegnendo l’economica ellenica. Sarà la forza delle lotte che in qualche modo Tsipras riuscirà a portare in quelle trattative, sarà la paura di perdere tutto che produrrà una serie di concessioni tali da attivare quella mediazione politica tra capitale e lavoro. Senza movimento reale, la forza di uno sprovveduto e di un’organizzazione politica ancora più sprovveduta e liquida, è pari a zero. E questo movimento reale non può ridursi alle piazze di solidarietà per Syriza in questa fase di trattativa. Non servono a niente, è meglio essere chiari che poi rimanere scottati. Le piazze democratiche, la solidarietà, lasciamola davvero nei cassetti della storia, una storia che oggi ha voltato pagina e impone l’utilizzo di strumenti diversi. Oggi appoggiare Syriza significa combattere il suo riformismo nelle piazze, tramite la lotta di classe. Significa spingere più avanti il quadro politico, costringere la mediazione invece che ricercarla. Non sarà dicendo quanto è bravo Tsipras a fargli fare passi in avanti nel suo tentativo riformista. Sarà esprimendo la nostra rabbia contro le istituzioni UE, contro i vincoli del liberismo, lottando contro le controriforme sociali, contro le derive reazionarie, che la Syriza di turno avrà la forza contrattuale di cambiare e riformare in senso progressivo lo scenario politico-economico nel quale viviamo. Il fallimento di Syriza chiuderà per noi ogni speranza politica di cambiamento. E in Grecia la restaurazione dell’ordine del discorso liberista. O l’avvento dell’opzione reazionaria, che da quelle parti si chiama Alba Dorata.

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