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Ogni promessa è debito (non viceversa)

 La vittoria di Syriza in Grecia ha riportato al centro del dibattito economico europeo la questione del debito pubblico e della “soluzione finale” per abbatterlo: non pagarlo. Il possibile default di Atene sta suscitando forti sentimenti in tutti gli addetti ai lavori, soprattutto nei banchieri tedeschi che pensavano di potersi comprare il Pireo durante la stagione dei saldi e rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche.

Ma fare default è così tragico? Questa domanda è mal posta, e dovrebbe essere riformulata: per chi è tragico fare default? Infatti il debito è, prima di tutto, un contratto fra due parti, in quanto se c’è un debitore c’è – senza ombra di dubbio – un creditore. Punto centrale di questo contratto è il tasso di interesse, cioè quanto il debitore “paga” il prestito che si è fatto fare, e – sempre complementarmente – è quanto il creditore guadagna da quello che a tutti gli effetti è un investimento e, come ogni imprenditore dovrebbe sapere, a volte gli investimenti vanno male: in particolare il tasso di interesse riflette anche la possibilità che il debitore non ripaghi il prestito, ciò che si chiama rischio di insolvenza. Tanto più alto è questo rischio di insolvenza tanto più alto sarà il tasso di interesse (pagato e quindi guadagnato): uno speculatore amante del rischio presterà a chi potenzialmente fa più fatica a ripagare, in cambio di interessi molto alti, ma il rischio che poi non riceva più niente esiste e, anzi, è proprio ciò che permette il guadagno che vuole conseguire; insomma, se tu sei creditore è naturale nella tua posizione il rischio di rimanere a bocca asciutta.

Atene ha tutto il diritto di non volere pagare il debito e può farlo perché, a differenza di un semplice debitore che deve dei soldi a uno strozzino che non avrebbe scrupoli a fargli spaccare le gambe, la Grecia è uno Stato sovrano e in quanto tale dispone di un esercito. Nell’Ottocento queste dispute si risolvevano effettivamente a cannonate, con i paesi europei che inviavano fisicamente le loro cannoniere nei porti dei paesi sudamericani (appena “sovranizzatisi”) per reclamare i loro lingotti d’oro. Ora, sperando che la Troika non si doti a breve di forze armate, la cosa più probabile è che i creditori della Grecia si accordino per un taglio parziale del debito, il cosiddetto “haircut” – letteralmente, una sforbiciata – che li porterebbe a ricevere quel poco che è comunque meglio di niente (il che non sarebbe nemmeno originale visto che una ristrutturazione del debito greco è già stata effettuata nel 2012).

Il debito greco è stato affrontato in chiave politica più che economica, e l’etica protestante del capitalismo tedesco è stato uno degli strumenti ideologici più propagandati dalla stampa teutonica: Schuld in tedesco vuol dire sia debito che peccato, nel senso biblico del termine, e il peccato dei greci era di essere dei pigri mediterranei senza voglia di lavorare.

Se il debito greco fosse stato ristrutturato all’inizio della sua crisi (al tempo un risibile valore di 50 miliardi di euro su un Pil europeo di 12mila miliardi) ora la Grecia non morirebbe di fame. ma allora la Germania decise che bisognava dare una lezione dura a chi non pagava, perché ne andava della credibilità stessa del creditore se non si fosse fatto pagare, proprio come uno strozzino.

La differenza, oggi, è che il governo Tsipras sembra essere meno disposto ad accettare le protestanti bastonate punitive, e la guerra sul debito è stata riportata dai Greci su un piano simbolico e morale: la richiesta del pagamento dei debiti tedeschi della Seconda Guerra Mondiale non può essere infatti reale, ma cerca di ribaltare l’accusa di “Greci peccatori” (per il poco lavoro e i troppi debiti) in un peccato storico ben maggiore, che ai tedeschi brucia ancora come una ferita aperta, che non basterebbe l’acciaio di tutte le Renanie a sanare.

Non sarà certo questa boutade da sola a risolvere i problemi della Grecia e dei suoi fratelli Piigs, ma sembrerebbe che per la prima volta qualcuno abbia provato a rispondere veramente a Frau Merkel.

Come finirà dipenderà molto da quanto bene il mitologico centauro Varoufakis ha studiato teoria dei giochi, e da quanto saprà tirare la corda, senza paura di spezzarla.

 

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