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Il caso Nemtsov

Chi ha mandato i killer che hanno ucciso Boris Nemtsov? Un omidicio da professionisti: un killer che esce da una macchina e che spara sei colpi centrandone quattro alle spalle ed alla testa della vittima, poi va via, senza curarsi di chi gli stava vicino, Anna Durizkaja, una ballerina ucraina che da qualche anno era la sua compagna ed ora è una testimone di primissimo piano. Il tutto a duecento metri dal Cremlino, in uno dei posto più sorvegliati del pianeta con una marea di telecamere nascoste e decine di agenti travestiti che passano con aria indifferente. D’altra parte, se sono sorvegliatissimi l’Eliseo e la Casa Bianca e persino Palazzo Chigi, perché mai non dovrebbe esserlo il Cremlino?

Subito, l’indice dei media internazionali si è levato contro Putin additandolo come il (quasi) certo mandante e, pur se con toni diplomaticamente attenuati, la stessa cosa hanno fatto le cancellerie occidentali.

Al contrario, le autorità inquirenti parlano di un possibile pista islamica (Nemtsov aveva condannato la strage di Chiarlie Hebdo) corroborata dal ritrovamento dell’auto servita ai killer, con una targa dell’Inguscezia (repubblica caucasica a forte componente musulmana) e non escludendo neppure una pista amorosa per via della ballerina ucraina. Putin ha parlato di provocazione lasciando intendere che si tratti di un attentato di americani o di agenti di Kiev, accuse riprese da molti blog filo moscoviti.

Cerchiamo di capirci qualcosa.

A carico della “pista ufficiale occidentale” ci sono la rivalità ultradecennale fra Putin e Nemtsov, le dichiarazioni di quest’ultimo che, solo 24 ore prima del suo assassinio aveva detto che “Putin mi vuole morto”, alcuni precedenti di oppositori uccisi (Politkovskaja, Litvinenko, Magnitskij ecc.) sulla cui morte aleggia l’ombra delle cupole di san Basilio. Ma soprattutto il luogo: chi avrebbe potuto agire indisturbato e senza neppure preoccuparsi di lasciare in vita un testimone, senza temere di essere bloccato dai nugoli di agenti che pullulano nei dintorni. Argomento impeccabile: bisogna riconoscerlo.

La pista islamica è decisamente più debole: in primo luogo perché se gli islamici dovessero uccidere tutti quelli che hanno condannato l’eccidio parigino, qui dovremmo registrare centinaia di attentati al giorno. Poi, in effetti, non è chiaro come una macchina targata Inguscezia potesse aggirarsi da quelle parti senza dare nell’occhio e defilarsi senza che nessuno la fermasse, nonostante la sua forte riconoscibilità. Vero è che, questa volta, gli attentatori non hanno lasciato la carta di identità, il che è poco cortese nei confronti della polizia, però la cosa non convince lo stesso.

Ed anche la pista amorosa non vale granché per le stesse considerazioni sul posto dell’attentato. Riflettiamoci su: o  Nemtsov era seguito dall’auto degli assassini (ed allora non si capisce perché abbiano atteso di arrivare proprio in quel punto critico per sparargli) o è stato attirato in trappola da qualcuno che gli ha dato appuntamento da quelle parti (e lo stesso non si capisce perché abbia scelto quel posto). In ogni caso un luogo non casuale. Ma un posto nel quale difficilmente avrebbe potuto operare con successo e senza esser preso un gruppo di killer privati o di gruppi terroristici relativamente deboli, come gli islamici russi.

Più realistica è l’ipotesi di agenti di un qualche servizio straniero: un gruppo di killer professionali che, con la corruzione o altro, potrebbe aver saputo dove potesse esserci un “angolo cieco” (ammesso che ve ne siano) e scelto il posto proprio per quelle caratteristiche utili a far cadere la colpa sui governanti russi. Resta da capire come hanno potuto eclissarsi indisturbati. Si tratta solo di una ipotesi che, sin qui, non ha indizi a sostegno, salvo che per il movente (mettere nei guai Putin).

Peraltro, gli indizi, per ora, sono in assoluto molto scarsi e non resta che fare ipotesi, e l’una vale l’altra, salvo il caso di evidenti implausibilità come quelle riguardanti la pista amorosa.

L’unica cosa su cui possiamo ragionare con qualche fondatezza è la scelta del posto dell’omicidio. Appurata la sua non casualità, possiamo prendere in considerazione due ipotesi:

a. l’assassinio è opera di servizi anti-Putin ed il posto è scelto proprio per le sue caratteristiche che accusano i servizi di stato.

b. l’assassinio è stato compiuto dai servizi russi e la scelta del posto ha una funzione terroristica: “firma” l’omicidio, avvisando l’opposizione che “non si fanno prigionieri”.

La prima ipotesi ha una sua plausibilità per quanto riguarda il movente: non c’è dubbio che quel particolare posto, con le difficoltà di azione per chi non appartenga ai servizi russi, costituisce il maggior indizio a carico di essi. Però non si capisce bene come abbiano potuto operare. Staremo a vedere cosa dicono gli sviluppi investigativi

La seconda ipotesi, al contrario è molto credibile quanto al modus operandi, ma, al contrario è debole sul punto del movente. La scrittrice Svetlana Alexievich (Corriere della sera 1 marzo 2015) sostiene che il regime, in questo modo, intende “saggiare” le capacità dell’opposizione: se la protesta dovesse essere debole, questo sarebbe il segnale di via libera per ulteriori giri di vite. E possibile che le cose stiano così, ma c’è qualcosa che non convince in questo ragionamento. Putin, secondo i sondaggi che cita la stessa Alexievich, ha il consenso dell’84% dei russi, per cui, al momento, non sembra avere problemi sul fonte interno; problemi che, al contrario, potrebbero sorgere per l’inasprimento della crisi finanziaria e qualora si trascinasse senza sbocco la crisi ucraina; dunque, non pare che possa avere interesse a una operazione “terrorista” in un momento del genere; forse sarebbe stato questo il caso in anni precedenti, ma ora rischia solo di creare problemi aggiuntivi, facendo sorgere un fronte interno che per ora non c’è. E’ il caso di dirci che Nemtsov avrà molti più simpatizzanti adesso di quanti ne avesse in vita. Si dice che stesse per fare rivelazioni sensazionali sulla partecipazione di militari russi alla rivolta del Donbass. Non sappiamo che elementi avesse e come se li fosse procurati, ma, da un lato non è un mistero per nessuno che Mosca stia aiutando i russofoni ucraini, dall’altro, se pure avesse potuto dimostrare che non solo di armi si tratta, ma anche di uomini, la risposta scontata sarebbe stata che si sarebbe trattato di prove false, di guerra psicologica ecc. Forse l’occidente avrebbe risposto con nuove sanzioni, ma, tutto sommato, è poco probabile che  queste eventuali rivelazioni avrebbero avuto un peso decisivo nell’evoluzione della crisi ucraina. In ogni caso, se il problema è tappare la bocca ad un oppositore scomodo, ci sono molti modi per farlo senza troppe complicazioni (avvelenamento, incidente automobilistico, “suicidio”, malattia incurabile ecc.) ed i servizi russi li conoscono tutti più uno.

Insomma, sul piano del movente sia dell’omicidio che delle sue inconsuete modalità, la cosa convince poco. Ed allora?

Ipotesi per ipotesi, possiamo prenderne in considerazione un’altra che, sin qui, non ho visto citata da nessuno: un attentato dei servizi russi, ma non dietro ordine di Putin, ma contro Putin. Forse in Russia sta sorgendo un’opposizione diversa contro l’autocrate del Cremlino, una opposizione non popolare e dal basso, ma, al contrario interna al regime ed alle sue sfere dirigenti. La crisi ucraina si trascina da quindici mesi e non si vedono sbocchi, per ora, né manu militari né per via diplomatica. Intanto, le sanzioni e il crollo del prezzo del petrolio stanno provocando la caduta dei titoli di stato russi che ormai le agenzie di rating hanno declassato a livello di spazzatura. Putin ha il consenso dell’84% del suo popolo, ma c’è ragione di pensare che la percentuale di gradimento nelle classi dirigenti (management delle imprese di Stato, petrolieri, comandi militari e dei servizi ecce cc.) sia decisamente più basso. Per chi ha fretta di chiudere la questione ucraina, per riprendere i traffici con la Germania ed il resto dell’Europa, è evidente che il principale ostacolo è la permanenza di Putin al suo posto. Un esponente diverso potrebbe trattare con maggiori probabilità di trovare accoglienza da parte di europei ed americani, ma, soprattutto, non impacciato dal rischio di perdere la faccia. Ed allora, creare una crisi interna potrebbe essere l’ideale per tagliare l’erba sotto i piedi a Putin ed avviare una sua sostituzione. E questo omicidio può funzionare benissimo a questo fine.

E’ una ipotesi come le altre, non c’è dubbio, ma ha un vantaggio rispetto alle altre: risolve il problema del movente ed insieme del modus operandi. Vediamo cosa succede ora.

* Fonte: http://www.aldogiannuli.it/caso-nemtsov/

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