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Miserie e pericoli dell’ideologia “politically correct”

Paradossi della storia: in un prossimo futuro, a chiedere che si tornino ad accendere i roghi di libri proibiti potrebbero non essere solo fanatici religiosi o militanti neonazisti, ma anche zelanti fautori del politicamente corretto.

L’istituzionalizzazione del femminismo “mainstream” – cioè di un’ideologia che ha reciso il legame originario con i valori dei movimenti anticapitalisti, allineandosi a quelli del pensiero unico liberale – insieme al proliferare di derive identitarie che pretendono a loro volta di “purgare” il lessico e le immagini della comunicazione pubblica e privata da ogni elemento passibile di urtare la sensibilità di questa o quella minoranza, o addirittura del singolo individuo (in ossequio al principio secondo cui “il personale è politico”), minacciano di farci sprofondare in un mondo da incubo, dove in nome della tolleranza si pratica la più becera delle intolleranze.

Da un articolo del “Corriere della Sera” del 23 Maggio scorso (intitolato “Bollino rosso sui classici”) apprendiamo che, su iniziativa di alcuni studenti della Columbia University, i quali si sono sentiti turbati dalla violenza dei miti greci descritti nelle Metamorfosi di Ovidio, potrebbe finire all’indice l’opera di uno dei più grandi autori della classicità. Nell’editoriale apparso sul giornalino del comitato incaricato di vigilare sul multiculturalismo della prestigiosa istituzione, leggiamo infatti che il testo incriminato “contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe”. Commentando questa incredibile affermazione, in cui si mescolano barbarie culturale e pura idiozia, la studiosa di storia antica Eva Cantarella sottolinea sulla stessa pagina del “Corriere” come il disprezzo per la cultura classica che traspare da questo episodio rischi di favorire l’oblio delle nostre radici culturali.

Personalmente ritengo che esista un rischio ancora più grave: la rimozione del passato storico, che in molte università occidentali procede di pari passo con “riforme” che tendono a promuovere i saperi puramente tecnici, in ottemperanza agli imperativi dell’economia, è una delle vie attraverso cui si persegue la messa al bando di idee, concetti e dati di fatto “scomodi” che potrebbero gettare luce sul presente e sui suoi conflitti.

Quasi in contemporanea con l’articolo di cui sopra, è uscito un pezzo del “Guardian” che rende conto delle polemiche che crescono all’interno dello stesso partito Conservatore in merito al piano dell’ultrareazionaria Theresa May (succeduta a se stessa come ministro degli Interni dopo la vittoria elettorale della destra) – piano che prevede la censura preventiva di show televisivi e altri prodotti culturali che contengano parole, idee e immagini “estremiste” e “violente”.

Che cosa c’entra la censura nei confronti delle idee politiche “sovversive” di oggi con quella che vorrebbe purgare le immagini “oscene” di un grande poeta del passato? C’entra eccome, perché quello che si vuole delegittimare è qualsiasi riferimento alla ineludibile presenza della violenza nel mondo. Non bisogna nemmeno nominarla (soprattutto se si riferisce alle azioni del potere!) onde evitare che susciti pensieri e azioni “indisciplinate”.

L’ideologia politically correct è, nella migliore delle ipotesi, complice involontaria, nella peggiore, strumento consapevole di questa operazione politico culturale. Quanto alla censura, ritengo che quella fascista non sia più insopportabile di quella che si vorrebbe esercitare in nome del rispetto delle altrui sensibilità: la violenza ha molti volti, compreso quello di chi pretende di rimuoverne l’esistenza.

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