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Stefano Cucchi, perché quei due carabinieri occultati?

Que­sta che stiamo per rac­con­tare rap­pre­senta una novità tutt’altro che tra­scu­ra­bile — e forse qual­cosa di più — rela­ti­va­mente alla morte di Ste­fano Cuc­chi. Non pos­siamo dire se sarà deci­siva per le inda­gini, ma che si tratti di un ele­mento rile­vante è indub­bio. La sto­ria è que­sta. Ste­fano Cuc­chi viene fer­mato davanti al parco di San Poli­carpo nell’atto di vendere dell’hashish a un cono­scente. Men­tre stanno effet­tuando lo scam­bio, ven­gono sor­presi da due cara­bi­nieri in divisa, Tede­sco e Ari­sto­demo, sup­por­tati da altri mili­tari, Bazzica­lupo, D’Alessandro e Di Ber­nardo, che stanno svol­gendo ser­vi­zio in bor­ghese nelle vicinanze.

Ste­fano Cuc­chi viene por­tato nella caserma Appia, e il ver­bale d’arresto, com­pi­lato dal supe­riore in grado mare­sciallo Man­do­lini (finora unico inda­gato per falsa testi­mo­nianza nell’inchiesta bis), viene fir­mato solo da Tede­sco, Ari­sto­demo e Baz­zi­ca­lupo. Ecco la Prima Omis­sione. Già qui, due dei mili­tari, D’Alessandro e Di Ber­nardo, comin­ciano a spa­rire. A eva­po­rare, quasi: pre­senti ma non fir­ma­tari di un atto uffi­ciali, evo­cati ma, come vedremo, mai sen­titi come testimoni.

Ma tor­niamo a quella notte. Intorno all’1.30, Cuc­chi viene por­tato a casa dei geni­tori per effet­tuare la per­qui­si­zione domi­ci­liare. Il tra­sporto dalla caserma all’abitazione di Tor Pignat­tara avviene come segue: Tede­sco e Ari­sto­demo (insieme a un altro cara­bi­niere, che pare pren­dere il posto di Baz­zi­ca­lupo) sono in mac­china insieme a Ste­fano, die­tro di loro, a bordo di un Defen­der, si tro­vano D’Alessandro e Di Ber­nardo. Tutti i mili­tari appena citati (que­sta volta, pro­prio tutti) fir­me­ranno il ver­bale di per­qui­si­zione domi­ci­liare, che, com’è noto, darà esito nega­tivo. Usciti da casa di Ste­fano, la com­po­si­zione delle auto cam­bia: Ari­sto­demo e l’altro col­lega andranno a Tor Ver­gata a pren­dere il nar­co­test; men­tre Tedesco, D’Alessandro e Di Ber­nardo tor­ne­ranno alla caserma Appia con Cuc­chi. Quest’ultimo vi rimarrà per oltre un’ora prima di essere tra­sfe­rito alla caserma di Tor Sapienza (luogo in cui, solo un’ora e mezza dopo il suo arrivo, sarà chia­mata una ambulanza per­ché il fer­mato denun­ciava malori). Notiamo come, pre­su­mi­bil­mente in questa fase, il gio­vane si rifiu­terà di fir­mare tutti i ver­bali redatti dai mili­tari a suo carico.

Ste­fano Cuc­chi muore il 22 otto­bre 2009. Il mare­sciallo Man­do­lini, respon­sa­bile dei carabinieri ope­ranti quella notte, tra il 26 e il 27 otto­bre riceve ordine dai suoi supe­riori di inviare delle anno­ta­zioni di ser­vi­zio, per meglio chia­rire lo svol­gi­mento dei fatti. Il maresciallo chiede quelle anno­ta­zioni a Tede­sco, Ari­sto­demo e Baz­zi­ca­lupo (che hanno firmato l’arresto), ai cara­bi­nieri pian­toni della caserma di Tor Sapienza (dove Cuc­chi ha pas­sato la notte), ai cara­bi­nieri che hanno effet­tuato il tra­sfe­ri­mento dalla caserma Appia a quella di Tor Sapienza e, in un eccesso di zelo, richiede anche il ver­bale di inter­vento del 118. Manca qual­cuno? Sì, man­cano D’Alessandro e Di Ber­nardo (Seconda Omis­sione), che hanno effet­tuato la per­qui­si­zione domi­ci­liare e che sono stati insieme a Ste­fano Cuc­chi per più di un’ora, da quando cioè sono usciti dalla casa di Tor Pignat­tara fino al momento in cui è stato tra­sfe­rito a Tor Sapienza. Magari Man­do­lini, nella con­ci­ta­zione di quei giorni, si è dimen­ti­cato di chie­dere ai due le loro infor­ma­tive circa i fatti di quella notte.

Sarà. Ma siamo solo all’inizio di que­sta sin­go­la­ris­sima vicenda di spa­ri­zione (meglio: semi spa­ri­zione) di due degli attori prin­ci­pali della tra­ge­dia di quella notte: o comun­que di una sorta di loro dile­guarsi, restare in disparte, finire nell’ombra. Così bene occul­tati, indi­stinti, quasi invi­si­bili, che la Pro­cura non si è mai accorta della loro pre­senza e dun­que non li ha mai ascol­tati durante la fase d’indagine (Terza Omis­sione). E ancora dopo, in un dibattimento in cui sono stati sen­titi oltre cen­to­cin­quanta testi­moni, e pur se citati da molti di que­sti, due pos­si­bili testi bril­lano per la loro acce­cante assenza. Sì, avete indo­vi­nato, ancora loro: D’Alessandro e Di Ber­nardo (Quarta Omissione).

Che cosa rica­vare dalla con­si­de­ra­zione di que­sta sequenza di assenze? Tirare le fila non tocca a noi, ma è cer­ta­mente degna dell’interesse di chi con­duce l’inchiesta bis que­sta affet­tuosa sol­le­ci­tu­dine pro­tet­tiva che ha cir­con­dato due cara­bi­nieri pro­ta­go­ni­sti delle diverse fasi di arre­sto di Cuc­chi. E che ha sfu­mato la loro fisio­no­mia, ridi­men­sio­nan­done il ruolo fino a ren­derlo insi­gni­fi­cante. Noi ci fer­miamo qui: il nostro inos­si­da­bile e irri­du­ci­bile garan­ti­smo ci impe­di­sce di andare oltre. Secondo il Cor­riere della Sera, i due «rischiano l’iscrizione nel regi­stro degli inda­gati per lesioni col­pose». Noi non sap­piamo. Ci auguriamo, tut­ta­via, che quanto abbiamo evi­den­ziato non costi­tui­sca un ulte­riore ed estremo mistero, bensì l’occasione per accer­tare infine che cosa ha por­tato alla morte di Ste­fano Cucchi.

* Da Il Manifesto

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