20 anni, 8 mesi ed un giorno in carcere, di cui 11 in regime di massima sicurezza, 5 di celle punitive. Poi la semilibertà fino al 2000. Sono i numeri della pena scontata per intero da Sante Notarnicola. Da quando è libero Sante si è sempre messo a disposizione dei compagni. Il suo contributo per la ricostruzione storica di diversi eventi cruciali della (nostra)storia(di classe) è ed è stato davvero prezioso. Negli ultimi anni ha partecipato all’organizzazione di moltissime iniziative: tra le tante, alcune gite della resistenza tra le tombe dei partigiani alla Certosa di Bologna e un tour da poco conclusosi tra moltissimi spazi sociali in tutta Italia per raccontare la storia del movimento nelle carceri. Anche il nodo bolognese della campagna Noi Restiamo ha avuto modo di ospitare lui, i suoi lucidi racconti e la sua esperienza nei locali occupati del CSO Terzopiano: un’iniziativa che ha visto la sala granda gremita di gente fino a notte tarda, tutti incollati alla sedia.
Del movimento delle carceri Sante è stato un militante di spicco, in una mobilitazione continua che tra rivolte, cariche dei carabinieri nei cortili delle prigioni, tortura sistematica sui prigionieri politici (confermata storicamente da recenti sentenze, come quella della corte di Assise di Perugia del 2013), ha portato a rivoltare le carceri italiane fino alla riforma del ‘75.
Instancabile, da quando è tornato a Bologna ha già realizzato una performance di ricostruzione storica della figura di Bianchi Guidetti Serra, avvocatessa contro l’ergastolo ed ex partigiana.
Oggi, nell’ambito dell’Infoaut Fest, presenterà un documentario sui fatti di Piazza Statuto. Il capogruppo di Fd’I al consiglio comunale di Torino (ma gli stessi Pd e Sel)e Gianguido Passoni (che con l’assessorato al Bilancio da lui diretto sta coordinando poprio la svendita della Cavallerizza, i locali occupati in cui ha luogo il festival) hanno condannato l’invito, e si è arrivati a chiedere al Prefetto di intervenire per impedire questo dibattito pubblico, dando vita a una polemica ridicola che vorrebbe veder tacere un testimone diretto di un evento storico, alla faccia dell’ipocrisia alla “Je suis Charlie” (il tutto nella Torino del processo a Erri De Luca). Sante all’epoca dei fatti di piazza Statuto faceva parte della 9° sezione di Piazza Crispi del Pci, la quale ebbe un ruolo importante in quell’evento (come emerge anche dalle testimonianze dirette raccolte in “La rivolta di Piazza Statuto. Torino, Luglio 1962” del 1979 a cura di Lanzardo, edito da Feltrinelli), e che segnò un salto di qualità nelle lotte operaie e aprì la strada a una lunga fase storica di lotta. Una cosa Sante ha sempre sostenuto pubblicamente, e pensiamo che sia questo il caso in cui sottolinearlo nuovamente: il mancato processo di pacificazione, quando si è chiusa la combattiva fase politica degli anni ’60-’70, è stato un’opportunità perduta per questo paese, la cui classe dirigente non ha mai voluto fare i conti con la propria storia, portando conseguentemente all’attuale permanenza nelle carceri di tanti prigionieri politici di allora, e riscrivendo faziosamente un pezzo importante anche dell’identità collettiva della nostra classe. Non è un caso che proprio in questi giorni giunga notizia di un’altra vicenda simile a quella cui abbiamo assistito sotto la Mole: il ritiro dell’invito da parte della AUSL di Modena a Renato Curcio in seguito a polemiche emerse per la sua possibile presenza a un dibattito centrato sui temi di cui oggi l’ex brigatista si occupa con metodo e con successo.
Come campagna Noi Restiamo esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai compagni di Askatasuna e a Sante, sapendo che è compito di tutti noi costruire nelle lotte quell’identità collettiva le cui forme vorrebbero essere tenute nell’ombra dell’unica ideologia ammessa, fatta degli interessi ideali e materiali di chi pratica lo sfruttamento ed estende la miseria, pretende la concorrenza ma la riversa sulla pelle degli utlimi, traccia confini e disegna conflitti.
campagna Noi Restiamo – Torino
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