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La restaurazione del potere a Roma si chiama Tronca

Il commissario Tronca in poche settimane sta riuscendo in un’operazione che nessuno credeva possibile in tempi così brevi. Quello di restaurare, grazie ai suoi poteri straordinari – e fuori ogni controllo democratico – a rimettere in piedi pezzi del sistema di potere e soprattutto organigrammi che erano stati quantomeno scalfiti dalle inchieste di Mafia Capitale. Procede a testa bassa, il commissario. A ritmo incalzante.  Non, come ci si aspettava, a garantire un minimo di ripristino delle regole e della decenza e preparando la città al voto amministrativo a primavera, ma per aprire al saccheggio delle privatizzazioni selvagge, allo svuotamento delle eccellenze di Roma Capitale e alla lottizzazione.

I primi due atti sono già noti. A partire dalle nomine dei 6 sub commissari (sorta di super assessori) e di altre caselle chiave nella gestione della capitale ademocratica. Il commissario straordinario del dopo-Marino, infatti, ha fatto delle scelte quantomeno sconcertanti. Allo sport Lucia Funari, già in giunta con Alemanno e finita sotto inchiesta per corruzione. Al Lavoro Clorinda Aceti, non indagata, ma che compare nella black list della prefettura coinvolta in un appalto definito dai commissari “opaco e anomalo”. E ancora il vicecapo di gabinetto dell’ex sindaco Gianni Alemanno, Giammario Nardi, messo ai piani della mobilità. E contemporaneamente il nostro super Tronca non fa nessun tentativo di mostrarsi distante dal partito “di riferimento” (il Ncd di Angelino Alfano). Dall’area alfaniana, infatti, pescati Camillo de Milito e Bruno Spadoni, già consulente di Lupi.

Poi pochi giorni fa il pio Tronca propone la privatizzazione degli asili nido e l’affido di alcuni monumenti della Capitale. Così. Senza colpo ferire. E oggi altra chicca.  Leggendo  il Documento Unico di Programmazione 2016-18 (DUP), approvato dal Commissario Paolo Tronca con del. n. 22 del 24/12/2015 si apprende che si intende avviare l’“accorpamento in Zètema dell’Azienda Speciale Palaexpò e dell’Istituzione Biblioteche di Roma […] finalizzato alla razionalizzazione delle attività e della struttura economica”. Zètema è una società privata partecipata come lo è la Palaexpò. Le Biblioteche di Roma invece è un pezzo dell’amministrazione capitolina, il suo patrimonio librario è di proprietà del Comune e i dipendenti sono comunali. Fra l’altro si tratta di uno dei gioielli del sistema culturale di Roma. Di una cultura di base che non fa intrattenimento da rivendersi sui giornali o business culturale ma che è nodo cruciale per la tenuta culturale e democratica della Capitale.

Su Palaexpò (che gestisce per conto del Comune il Palazzo delle Esposizioni, le Scuderie del Quirinale e la Casa del Jazz) qualche campanello di allarme mi è suonato in testa. Perché in passato alcuni affidamenti a privati qualche perplessità mi è venuta.

E riporto un brano del libro Roma Brucia tanto per chiarire a cosa mi riferisco.

Qualcuno forse si attarderà andando a prendersi il gelato da Palombini, lo stesso bar frequentato da Massimo Carminati nelle sue non rare trasferte dalla zona di Corso Francia e Ponte Milvio nel quartiere fortissimamente voluto da Benito Mussolini per un’esposizione universale che non si svolse mai. Il giorno che gli uomini del Ros dei carabinieri lo immortalavano davanti al bar più conosciuto del quartiere in compagnia di Salvatore Buzzi non indossava la felpa con la faccia di Diabolik che compare in molti altri scatti.
Lo conosceva bene Palombini, l’uomo forte di Mafia Capitale. Talmente tanto bene da utilizzare quasi quotidianamente una Audi A1 intestata proprio alla Palombini Eur presieduta da Sergio Paolantoni, uno degli imprenditori più conosciuti del quartiere. Che non ha solo la gestione del prestigioso bar, quindi, ma anche quella del Palazzo dei Congressi, del Salone delle Fontane e poi le caffetterie delle Scuderie del Quirinale e del Palazzo delle Esposizioni, queste ulti me gestioni ottenute con un contratto di cessione d’azienda dalla municipalizzata del Comune di Roma, la Palaexpo. Ma non finisce qui. Paolantoni è anche amministratore delle Caffetterie museali del Vittoriano e del BioParco di Roma, della Expo 2004, società di gestione della Casina delle Rose a Villa Borghese, membro in passato della giunta di presidenza della Confcommercio del Lazio e in signito dell’onorificenza di cavaliere del commercio. E una delle auto intestate alla sua società era usata abitualmente da Massimo Carminati. Lui dichiara alla stampa di non essere amico di Carminati, ma di sapere chi sia, e di non avergli nemmeno intestato l’auto. «Le rate del leasing le pagava Luigi Seccaroni, il concessionario al quale avevo lasciato l’auto in tentata vendita. L’auto era stata lasciata da Seccaroni a Carminati, che la voleva provare, ma l’acquisto non è stato finalizzato». Seccaroni, comunque, è indicato dal Ros dei carabinieri come persona «sotto il controllo» di Carminati. L’uomo chiave di Mafia Capitale si sentiva sicuro quando andava a prendere un caffè, a pranzare e a chiacchierare con gli amici Salvatore Buzzi o Giovanni Burgia da Palombini. Un bar storico che i giovanotti della destra estrema frequentavano già negli anni Settanta.

da https://orsattipietro.wordpress.com

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