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‘Migranti, mercato del lavoro e guerra’, un seminario nazionale a Padova

Un seminario per confrontare conoscenze, esperienze e analisi sul più grande “effetto collaterale” delle guerre, per trasformare in conflitto la sofferenza e lo sfruttamento di milioni di cittadini e lavoratori migranti.

Come abbiamo scritto sul documento preparatorio del seminario che si svolgerà il prossimo sabato 19 marzo a Padova, il flusso biblico di persone che fuggono dalle guerre economiche e militari sta assumendo per l’Unione Europea i connotati di un vero terremoto politico, sociale, economico e militare.

Il bollettino quotidiano di morti in mare e le migliaia di disperati abbandonati alle intemperie, di fronte ai fili spinati che segnano di nuovo barriere e confini nel cuore d’Europa, si sommano alla ripresa del conflitto in Libia e agli attentati che sconvolgono il centro delle metropoli dei paesi occidentali e NATO, da Parigi ad Ankara, da Madrid a Londra. Un infernale circolo vizioso, che invece di risolvere inasprisce sempre di più ogni contraddizione, in primis quella del flusso biblico di disperati che fuggono dalla miseria e dalle guerre.

Sul tema dei migranti abbiamo assistito ad una girandola politico/mediatica di un’Unione Europea che prima apriva le frontiere ai profughi ( ma solo quelli in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro interno: operai e tecnici specializzati, ingegneri, architetti e laureati in fuga dalle città distrutte della Siria), e che nel giro di pochi mesi invertiva completamente la propria rotta.

Il voto di domenica 13 marzo nei tre Land tedeschi di Sassonia-Anhalt, Baden-Wuerttenberg e Renania-Palatinato segna una dura battuta d’arresto per la linea Merkel, che aveva guidato sin dal settembre 2015 l’opzione dell’accoglienza selettiva, in funzione delle esigenze del proprio mercato del lavoro interno.

La sconfitta della CDU, il tracollo della SPD e l’affermazione della destra populista dell’Afd dimostrano che la questione migranti ha assunto oramai i connotati di una bomba ad orologeria che, se mal gestita, scoppia nelle mani di esecutivi che rischiano di perdere  il governo di paesi guida come la Germania, dove si stanno determinando le stesse condizioni politiche createsi recentemente in Spagna e Portogallo, dove l’instabilità istituzionale non aiuta certo la realizzazione dei piani di “aggiustamento strutturale” che la Trojka europea esige siano realizzati.

Possiamo ben dire che la questione migranti è il più grande “effetto collaterale” che, dopo 25 anni di aggressioni militari, torna come un boomerang nei paesi da dove sono partite truppe, bombardieri e finanziamenti a gruppi terroristici che hanno devastato interi Stati a Est e a Sud del Mediterraneo.

La destabilizzazione in atto degli assetti istituzionali interni causata da questi flussi biblici non ci deve però distogliere da alcuni dati di fondo nascosti dalla propaganda.

I paesi dell’Unione Europea sono, quanto e più di altri, alla mercé di una crisi economica senza precedenti, evidenziata anche dai recenti provvedimenti – tampone della BCE, che tentano di rispondere alla recessione galoppante attraverso ulteriori iniezioni di liquidità per un sistema bancario che non investe, a causa della ristrettezza di mercati di sbocco per sistemi produttivi alle prese con una concorrenza feroce, da parte di poli imperialisti (USA, Giappone) e capitalismi rampanti (BRICS, paesi del golfo) armati sino ai denti per strapparsi l’un l’altro territori, risorse, mano d’opera a basso costo.

Da questo punto di vista l’“opzione Merkel” di ingresso selettivo di mano d’opera specializzata migrante risponde, con lucida ed implacabile razionalità capitalistica, ad un processo di riconversione del sistema produttivo interno in un’epoca di accentuazione dei conflitti internazionali, d’incertezza e di restringimento dei mercati di sbocco, al fine di ricollocare produzioni fino a ieri delocalizzate all’estero, che oggi possono essere riportate nella dimensione continentale. Fenomeno che non sta avvenendo solo in Europa ma anche gli Stati Uniti, dove stiamo assistendo a un graduale rientro delle produzioni, grazie proprio alla modifica della situazione internazionale.

Se questi sono i problemi della leadership imperialista europea, che sul tema migranti deve fare i conti con la quadratura del cerchio fra razionalità dei processi di adeguamento del proprio sistema produttivo e spinte populiste, quali invece le questioni intorno alle quali le forze antagoniste e di classe si devono interrogare per interpretare e rispondere con efficacia ad un fenomeno  che ha assunto oramai caratteri storici?

Intorno a questo interrogativo si svilupperà il seminario del 19 marzo, inserendo la questione migrante nel più generale processo di sviluppo di una crisi sistemica del capitalismo senza precedenti, genesi in ultima istanza di tutte le contraddizioni con le quali l’umanità deve oggi fare i conti.

Se le ondate migratorie saranno utilizzate nella produzione come esercito industriale di riserva, per indebolire i lavoratori europei, e come terrorismo sociale e politico da parte dei governi e delle forze populiste di destra, di quali strumenti politici, culturali, sociali e sindacali si deve dotare il movimento di classe?

A questa gestione reazionaria del fenomeno migratorio come costruire concrete campagne unitarie e di lotta tra i lavoratori italiani e quelli immigrati, per difendere salario, occupazione e Stato Sociale assieme a tutti i cittadini del nostro paese?

A queste e a molte altre domande inizieremo ad abbozzare le prime risposte, in un seminario che nelle nostre intenzioni apre un sentiero molto concreto in una delle contraddizioni centrali dell’epoca storica nella quale siamo chiamati ad intervenire come avanguardie politiche, sociali e sindacali.

Rete dei Comunisti

 

Il documento preparatorio:

http://www.retedeicomunisti.org/index.php/documenti/1185-migranti-mercato-del-lavoro-e-guerra

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