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Il lato oscuro del referendum

anche questa volta stai scegliendo per ripulirti la coscienza, come un Ponzio Pilato qualunque. Not in My Back Yard.
Perché se fossi così preoccupato dell’ambiente … ti impegneresti perché il tuo paese avesse un partito ambientalista degno di questo nome. Perché nella tua città ci fossero servizi pubblici più efficienti. E non frantumeresti i cabbasisi perché il sindaco ha ampliato le zone a traffico limitato. …
Perché di mettere una croce siamo capaci tutti.

Sono PAROLE SCRITTE DA MARCO CATTANEO, direttore del mensile Le Scienze, rivolte a chi intende votare SI al referendum del 17 Aprile contro il prolungamento indefinito delle concessioni petrolifere entro le 12 miglia dalla costa.

Sono parole dure, provocatorie, che hanno scatenato un vasto dibattito in rete.

E voglio dire subito come la penso.

Bravo Marco, ma devi avere il coraggio di dirla tutta. Perché così come hai scritto, sembra che la questione vera sia solo quella di essere un po’ più coerenti, più amici dell’ambiente, un poco più sobri, per evitare di importare poi dal Mozambico quel poco di produzione di gas che potremmo perdere in Italia con un SI al referendum.

E invece sappiamo benissimo che non è questa la vera posta in gioco. A te che dirigi la principale rivista di divulgazione scientifica è chiarissima la scelta che abbiamo di fronte. Se non la dici fuori dai denti è solo per un motivo: perché è troppo rivoluzionaria e la maggior parte dei lettori, semplicemente, non potrebbero accettarla (e alcuni neppure capirla).

GREENWASHING MENTALE

Questo referendum è un piccolo passo sul lungo cammino che dovrà svincolarci dai combustibili fossili, su questo punto la pensiamo allo stesso modo. E sono anche d’accordo con te che LE MOTIVAZIONI PIÙ DIFFUSE PER VOTARE IL SI, seppur legittime, forse mancano il vero problema: si evidenzia l’INQUINAMENTO DEI FONDALI, il rischio di sversamenti in mare (c’è in ballo anche un 9% DI PRODUZIONE PETROLIFERA), gli affari per i petrolieri (e da qualche giorno ANCHE DELLA POLITICA), le alternative possibili come le rinnovabili che hanno raggiunto il 40% della produzione elettrica, la sfida del Clima che non può essere combattuta solo a parole.

Ecco partiamo proprio dal Clima. Le fonti fossili sono in declino? In Italia si, complice anche la bassa Crescita (si, ci vuole la “C” maiuscola), ma nel resto del mondo non è affatto così.

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Figura 1: consumo storico di energia primaria ripartito per fonte. La linea bianca rappresenta la quota di energia primaria che viene utilizzata in ogni anno per produrre energia elettrica, quindi rappresenta la massima quota di penetrazione che in un dato anno potrebbero avere le rinnovabili elettriche. Fonte: rielaborazione di BP STATISTICAL REVIEW 2015.

Nel resto del mondo, per i combustibili fossili, si vede al massimo un rallentamento dei consumi nel 2014, quasi certamente dovuto a cause economiche e metereologiche, non certo per la crescita delle nuove rinnovabili (in calo da un +16,5% a un +12%), che ancora forniscono solo il 2,45% dei consumi totali.

Se le fonti fossili sono ancora in crescita, allora le emissioni climalteranti sono ancora in crescita.

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Figura 2: emissioni storiche globali di CO2 equivalente. Fonte: rielaborazione di BP STATISTICAL REVIEW 2015.

Si potrebbe obiettare che però ora la situazione potrebbe evolvere velocemente a favore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, spostando grandi finanziamenti nel settore green. In fin dei conti è questo il grande tema del cambiamento climatico: dobbiamo cambiare strada.

Già ma chi? Il 20% della popolazione mondiale agiata (si, ci siamo anche noi)? Forse. Di sicuro per l’80% che aspira a raggiungere quel 20% non è possibile.

Se quell’80% seguisse quei consigli che tu, Marco, hai dato nel tuo articolo (tenere basso il riscaldamento, comprare l’auto ibrida, tenere un po’ più spento lo smartphone) una volta che avesse raggiunto il nostro livello di benessere materiale, quei grafici che sono qui sopra schizzerebbero verso l’alto. E quell’80% non solo ha tutto il diritto di vivere come noi, ma si sta anche impegnando con tutte le sue forze per farlo, incoraggiato dal modello di Sviluppo che noi per primi gli abbiamo creato.

Si chiama Crescita Materiale Globale. Che vuol dire avere più oggetti, spostarsi di più, mangiare meglio e più variato, avere case più grandi e un’infinità di servizi mangia-risorse tra cui rientrano anche l’istruzione, la sanità e la salvaguardia dell’ambiente (che è roba da ricchi, ricordiamocelo). Tutte cose che consumano energia, risorse, suolo, e producono perdita di biodiversità inquinamento e gas serra, non solo nella loro normale attività o funzionamento, ma anche prima, quando vengono prodotti e costruiti. Un’auto nuova, ancora prima di fare un pieno, ha già consumato per la sua produzione l’equivalente in petrolio che consumerà IN VARIE DECINE DI MIGLIAIA DI KM (attorno ai 20000kWh di energia grigia per le auto tradizionali) e le auto elettriche o ibride non fanno eccezione. PER UN COMPUTER ANCORA IMBALLATO è stato già usato circa un barile equivalente di petrolio.

Non c’è crescita delle rinnovabili e dell’efficienza energetica (la cosiddetta decarbonizzazione della società) che possa portare i poveri a livello dei ricchi mantenendo l’aumento della temperatura del clima sotto ai 1,5°C decisi alla COP 21 di Parigi.

IL NEMICO DIETRO LE TRIVELLE

Questa, come sappiamo entrambi, non è solo un’opinione di qualche complottista o scienziato un po’ estremista. Sono conclusioni scientifiche che vengono dagli anni ’70, quando ancora non si sapeva che i gas serra fossero una forma di inquinamento, ma si era già chiamato il problema con il suo vero nome: I LIMITI DELLA CRESCITA.

Ed ora, che il Clima è entrato nell’agenda internazionale, gli studi che si basano su MODERNI MODELLI SCIENTIFICI DI PREVISIONE CHE CONSIDERANO ENERGIA, CLIMA E ECONOMIA, giungono alle stesse identiche conclusioni. Il modello di Sviluppo basato sulla Crescita non può più essere seguito perché se continuassimo su questa strada:

  • la necessaria riduzione nel consumo di combustibili fossili sarebbe solo parzialmente compensata da rinnovabili ed efficienza, producendo nei prossimi decenni carenze di energia e black out, incompatibili con la Crescita;
  • se si provasse a mantenere la Crescita coprendo la quota di energia mancante ancora con le fonti fossili, l’esaurimento di quelle più pulite (Peak Oil and Gas) porterà ad utilizzarne di più sporche, come il Carbone, facendo allora comunque scoppiare la bomba climatica;

L’unica via d’uscita viene indicata dagli stessi ricercatori:

i paesi più industrializzati dovrebbero ridurre, in media, il loro uso pro capite di energia almeno di quattro volte e diminuire il loro PIL procapite all’attuale livello medio globale

Tradotto per noi italiani: l’indicatore che misura (molto male) la “ricchezza” di ciascuno di noi, dovrebbe più che dimezzarsi.

In altro parole, in modo controllato dovremmo decrescere volontariamente ora per evitare di decrescere rapidamente nei prossimi decenni per le carenze di energia o per la bomba climatica.

Quindi, Marco, il discorso che tu fai sul referendum lo condivido in pieno:

riguarda la necessità di assumersi la responsabilità di ciò che facciamo. Perché godere dei benefici senza assumersi i rischi è troppo comodo.

Siamo noi stessi il vero problema, il vero nemico, dietro le “trivelle”. Ma i rischi maggiori non sono quelli dell’inquinamento che potremmo spostare dall’Italia al Mozambico come hai scritto. I rischi di una decrescita incontrollata sono la povertà, l’insicurezza alimentare, le guerre, la fine dei servizi essenziali come sanità ed istruzione. Grandi rischi per noi e persino moltiplicati per i paesi più poveri come il Mozambico. Votare SI al referendum per far progressivamente chiudere meno di 1/6 della produzione nazionale di idrocarburi non ci porta avanti di una virgola nella soluzione di questi problemi se non si diffonde anche la consapevolezza della portata delle sfide (anzi no usiamo la parola giusta), delle Crisi che abbiamo di fronte.

Per questo dobbiamo dirlo con parole chiare.

Le rinnovabili e l’efficienza da sole non bastano. Persino cambiare le singoli abitudini di consumo di ciascuno di noi non sarà sufficiente. Ci viene chiesto di ristrutturare le società ricche, come quella italiana, decidendo quali beni e servizi siano meritevoli di esistere, quali debbano essere condivisi e quali debbano essere abbandonati.

Non è una cosa che si possa fare in 1 anno o in 10. E da qualche parte bisogna pur partire, per cui va benissimo tutto quanto hai scritto. Ma il vero fine è questo e dobbiamo iniziare a dirlo, perché l’abbiamo nascosto per troppo tempo. Anche se si aprono enormi problemi sociali come l’occupazione, la perdita di alcune tutele, la fine di alcune libertà di consumo, non possiamo tacere, perché l’alternativa è un baratro in cui potrebbe esserci tolto tutto.

Quindi, quando andremo a votare al referendum del 17 aprile e usciremo dal seggio, guardiamoci attorno. Guardiamo le case, le auto parcheggiate, i vestiti che indossiamo e magari giriamoci per guardare anche la scuola da cui siamo appena usciti. E chiediamoci, quanto di tutto questo ci serve veramente per essere felici e realizzati, o a quanto potremmo invece ragionevolmente rinunciare.

Perché a mettere una croce siamo capaci tutti, ma la scelta non si fermerà lì.

La scelta ci sta venendo incontro e ci troverà.

Anche se non andremo a votare.

Tratto da: HTTPS://ASPOITALIA.WORDPRESS.COM/

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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3 Commenti


  • Giorgio Lonardi

    Articolo assolutamente condivisibile, ma che probabilmente pecca un po’ d’ingenuità. La NASA e alcune agenzie private stanno progettando la colonizzazione di Marte e non credo sia un’impresa meramente scientifica. Forse, tra una o due generazioni, i dannati della terra verranno lasciati a sbranarsi su un pianeta ormai degradato, mentre le élite potranno godere di un nuovo inizio. D’altronde la decrescita, coatta e per nulla felice, viene attuata da decenni a danno delle classi subalterne. Lo stesso non si può certo dire per i padroni del vapore.


  • stefano

    SE FINO AD OGGI la tecnologia ha fatto passi da gigante, per le rinnovabili, e contestate pure da diversi enti e associazioni o partiti che scendono in piazza, perchè non hanno lottato per un cambiamento radicale? come autobus elettrici o a metano , riscaldamento pubblico con le energie prodotte da impianti compatibili? credo che questo referendum sarà improduttivo per forma e praticabilità contro il potere capitalista politico,
    credo che per ottenere un cambiamento ci debba essere un inversione di tendenza delle coscienze individuali, e cioè rinunciare ai mezzi a combustibile fossile anche per andare a prendere il pane sotto casa, e non sognare il SUV come mezzo di “regalo ” individuale per una vita di stenti.
    MENO AUTO, MENO MEZZI COMMERCIALI = MENO COMBUSTIBILE FOSSILE E LA SUA DOMANDA.


  • Matteo

    Il referendum in questione ha tre possibilità di voto, il sì, il no e l’astensione. L’astensione ad un referendum abrogativo
    non prende la classica accezione dell’astensione al voto, in quanto intende che il votante non ritiene di suo interesse
    il quesito referendario, parere più che legittimo.
    Il si porterà all’abrogazione della frase introdotta dallo sblocca italia che concede ai titolari
    della concessione di sfruttare il giacimento per la sua vita utile, tornando al vecchio sistema, che concede 30 anni, e poi
    consente rinnovi di 10 e 5 anni. Dopodichè non comprendo se il giacimento potrà essere oggetto di una nuova concessione
    se i requisiti e la situazione lo permette, o se DEVE venir abbandonato a prescindere. Già qui non c’è molta chiarezza.
    La terza opzione è invece il no, ovvero che il votante ritiene che si debba lasciar la cosa così com’è a suo preciso
    parere espresso dalla volontà di voto.

    Ognuna di queste scelte è parimenti legittima.
    Prima di esprimermi voglio fare alcune osservazioni.
    Non approvo la campagna a favore del sì, specialmente quelle basate su prese di posizioni e dati non veritieri
    che ipocritamente cercano di spingere ad un determinato voto non su basi razionali.
    Non ritengo che il quesito referendario porti ad un qualsivoglia miglioramento della situazione dal punto di vista
    ambientale, ritengo che piuttosto lo farebbero una maggior sicurezza e fiducia nelle persone ed istituzioni che si
    devono occupare dei controlli del caso.
    LA campagna a favore del sì ritengo che sia in realtà mossa da fini politici che vedono nello spingere al voto le persone
    la possibilità di interessare queste persone ad argomenti politici, economici, ambientali, sociali che non sono più
    percepiti come qualcosa su cui le persone hanno possibilità di azione e decisione.

    Accuso queste campagne di essere volutamente ipocrite, poichè si dovrebbe spingere su questo aspetto piuttosto che sugli
    aspetti ambientali relativi al consumo e all’approvvigionamento dei combustili fossili nel mondo, aspetto molto importante
    e che necessità di interesse e sviluppo di politiche serie e che tendano a sostituirli, ma che non è aspetto inerente il voto.

    Ritengo necessaria una revisione dei piani energetici nazionali individuali ed industriali, sia dal punto di vista delle fonti
    di approvvigionamento che da quello dei consumi. Per le prime si ha il bisogno nel breve-medio termine di una sostituzione
    sostenibile, per le seconde una necessaria riduzione di essi, in quanto un così elevato consumo di energia necessita
    di una revisione prima che siano le condizioni del sistema a imporlo drasticamente con costi più alti dal punto di vista
    della vita.

    Non sono d’accordo con la politica energetica presa dai governi, quindi non ritengo che con quella frase inserita dal
    decreto si dia mostra di un’intenzione di sviluppo concorde con le mie idee, quindi non voterò NO in quanto non appoggio
    la linea.

    Sono tendenzialmente favorevole all’astensione in quanto sarebbe espressione della mia reale idea. Ovvero:
    Il quesito referendario non dovrebbe essere materia di mio interesse, ma ritengo che dovrebbe esserlo di un governo
    cosciente delle sue scelte ed interessato al benessere sociale economico ed ambientale, che quindi sceglie di dotarsi
    di persone e studi con piena coscienza dei fatti e che alla luce dei materiali in loro possesso possano fare la scelta
    giusta.

    Il problema è che non è così. Il governo non ritengo faccia delle scelte in materia minimamente condivisibili, nè che sia
    orientato al benessere della società.
    MA questo è un tema al di fuori del semplice quesito referendario.
    Fare una campagna a favore del sì che per muovere le masse le lascia ipocritamente ignoranti della materia, facendo campagne
    pseudo ambientaliste a favore di mari non inquinati da fuoriuscite di petrolio e altri fatti non inerenti la reale
    situazione, fingendo che il si a quella domanda possa migliorarla, ritengo sia sbagliato.
    Penso che le campagne avrebbero dovuto apertamente dichiarare opposizione alle scelte politiche del governo in questo
    ambito, penso che dovrebbero apertamente dichiarare che il si non porterà a (quasi) nulla di diverso, ma che è
    necessario ma neanche sufficiente combattere perchè il proprio governo si impegni a migliorare la situazione prendendo
    posizioni informate e oculate.

    Tutti gli argomenti che vengono tirati fuori quando si chiede un parere sul voto, non riguardano tutto ciò.
    Non si può parlare di fonti rinnovabili, di diminuzione del consumo di combustibili fossili per l’approvvigionamento
    energetico, di danni per il turismo, eccetera eccetera.
    Non vogliono interpellarci in materia. Non dovrebbero neanche, non sono scelte da lasciare in mano ad una platea
    di votanti non informati come potrebbero invece esserlo consulenti seri ( CNR e chiunque realmente informato dei fatti, per es)
    che dovrebbero guidare i governanti nelle loro decisioni.
    Per questo ritengo che l’astensione sia la miglior forma di voto in questo caso.
    Anche votare SI per dimostrare che non siamo d’accordo con la politica di governo, lo trovo umiliante.
    Non siamo d’accordo, abbiamo un’altra visione del mondo, e noi siamo esclusi dal poterla esprimere,
    poichè impediti alla costituzione di una società realmente interessata al nostro benessere.

    Ritengo che una campagna razionalmente a favore dell’astensione al voto prendendola secondo il mio punto di vista per esempio
    sarebbe molto più importante nel senso di formazione della platea votante piuttosto che spingerla con argomentazioni
    ipocrite ad un SI.

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