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La difficile caccia ai “lupi solitari”

Nell’epoca del web i lupi solitari del jihadismo non esistono più. Anche i più efferati assassini postano immagini in rete, aderiscono a gruppi e virtualmente possono cliccare un “like” su qualunque sito. Ha ragione Obama quando parla di «homegrown extremism».

Ha ragione il presidente americano quando parla, appunto, di terrorismo cresciuto entro i confini nazionali: Omar Mateen era così noto alla polizia che su di lui esisteva un consistente faldone e i verbali degli interrogatori che lo riguardavano. Se è vero come afferma John Comey che l’autore della strage di Orlando era nel mirino dell’Fbi si pone subito una banale questione di sicurezza: come è possibile che un sospetto delle autorità possa comprare e detenere armi da fuoco? L’unica ad accorgersi che Omar era davvero un pericoloso squilibrato è stata la prima moglie Sitora Yusufiy, sottoposta ad abusi e percosse.

La seconda questione riguarda la sua posizione nei confronti del terrorismo islamista: cosa è cambiato con l’Isis rispetto al passato?

Alla prima domanda devono rispondere gli americani e i loro governanti: non si rafforza da questo di vista la posizione del candidato Donald Trump, che vede i musulmani come il fumo negli occhi, ma assume sempre più valore quanto detto dozzine di volte dal presidente Barack Obama sulle restrizioni alla vendita di armi da fuoco. Gli americani temono il terrorismo ma non si proteggono con leggi adeguate che impediscano la circolazione di armi: la loro proliferazione non garantisce una maggiore sicurezza ma casomai la minaccia. Per questo esiste lo Stato: è lo Stato che deve avere il monopolio delle armi e l’uso della forza. In Europa fa parte del contratto sociale tra governanti e governati, negli Stati Uniti non è chiaro.

La seconda domanda pone un quesito di ordine più generale sul mutamento del terrorismo. L’Isis ha esplicitamente cancellato le differenze tra un militante del movimento e il cosiddetto “lupo solitario”. Con una mossa astuta e pericolosa, lo stesso Califfato ha reso esplicito già due anni fa che «chiunque può uccidere senza chiedere il permesso a nessuno in nome dell’Isis». Il terrorista autodidatta, che si radicalizza su Internet, può dunque agire in solitario senza nessun ordine gerarchico: questa è stata anche una delle ragioni dell’ascesa del Califfato che in questo modo ha sostenuto la concorrenza con gli altri gruppi radicali islamici come Al-Qaeda, ampliando la sua base di reclutamento e l’estensione della sua influenza al di là dei confini geografici del Medio Oriente e delle stesse basi o colonne in Occidente. Lo stesso portavoce dell’Isis, Al Adnani, ha incitato in occasione del Ramadan a colpire ovunque sia possibile, in particolare gli Stati Uniti: militanti, seguaci e anche solo simpatizzanti, che pure non hanno legami diretti con il Califfato, hanno una sorta di “copertura” religiosa e ideologica per agire. Basta una telefonata con una rivendicazione, una sorta di macabra autocertificazione. L’Isis è in arretramento in Iraq, in Siria, in Libia, sta perdendo roccaforti strategiche e la sua capitale Raqqa è stretta in una morsa: ma gli effetti del jihadismo probabilmente non finiranno con la sua sconfitta militare.

 

Alberto Negri – Il Sole 24 Ore del 14 giugno 2016

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