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Ballottaggi. Speranze di rimonta e forte deficit di offerta politica

Domenica prossima, 19 Giugno, si svolgeranno i ballottaggi per l’elezione dei sindaci in molti comuni italiani: in particolare nei 20 capoluoghi di provincia che sono stati presi in considerazione per l’elaborazione delle note statistiche che saranno contenute in questo intervento.

Mai come in altre occasioni l’interesse dei media e dell’opinione pubblica è rivolta verso il comportamento delle elettrici e degli elettori che hanno scelto, al primo turno, candidati non pervenuti al ballottaggio.

Si delineano, infatti, scenari prettamente “politici” poco collegati con le diverse realtà locali ma riferiti al quadro generale, in particolare al destino del governo e, ancor più specificatamente – in tempi di voluta esasperazione del concetto di personalizzazione della politica del destino del presidente del Consiglio.

Il tutto fuorvia, naturalmente, l’insieme dello scenario elettorale e origina tutta una serie di illazioni sul tipo di schieramenti che stanno per affrontarsi, con alleanze spurie all’insegna del “tutti contro uno” o “dell’uno contro tutti”.

Eppure il dato più saliente è quello dell’estrema fragilità nel consenso complessivo del sistema e dell’esistenza di spazi elettorali larghissimi a disposizione che i candidati e le forze politiche di riferimento non riusciranno ad occupare: un sistema in forte crisi di consenso popolare, con sindaci che rischiano di essere eletti sulla base di scelte eseguite da una quota fortemente minoritaria di elettrici ed elettori.

Nei 20 Comuni capoluogo nei quali si voterà domenica prossima sono iscritti complessivamente alle liste elettorali 5.513.175 cittadine e cittadini.

I venti capoluoghi sono: Crotone, Benevento, Caserta, Napoli, Bologna,Ravenna, Pordenone, Trieste, Latina, Roma, Savona,  Milano, Varese, Isernia, Novara, Torino, Brindisi, Carbonia, Olbia e Grosseto.

In questi 20 comuni sono stati espressi, per i candidati sindaci al primo turno 3.433.809 voti validi pari al 58,07% del totale degli aventi diritto.

A dimostrazione della debolezza complessiva delle candidature risultate vincenti basterà precisare che il totale dei candidati esclusi dai ballottaggi ha ottenuto 1.213.137 voti mentre il totale degli ammessi ammonta a 2.221.187. In sostanza i “perdenti” assommano il 20,51% del totale degli aventi diritto, mentre i vincenti si situano al 37,56%.

In sostanza i candidati sindaci ammessi ai ballottaggi rappresentano il 37,56% dell’intero elettorato: si può quindi affermare che ci saranno sindaci che rappresenteranno più o meno il 20% dei cittadini del proprio comune.

Abbiamo quindi, nei 20 comuni capoluogo presi in considerazione, al primo turno un totale di 2.479.366 elettrici ed elettori che non hanno espresso voto valido, astenendosi o lasciando nell’urna scheda bianca o scheda nulla, mentre – come già segnalato – 1.196.137 hanno votato per i candidati esclusi.

Ci sono dunque 3.675.503 voti potenziali a disposizione dei pretendenti al ballottaggio: verificheremo quanto di questa enorme mole di consenso mancato sarà intercettato in concreto da chi è rimasto in campo, ma resta il dato di una insufficienza complessiva di consenso e di fallimento del bipolarismo che appare ormai proprio superato in quadro di complessiva frammentazione, ben oltre il tripolarismo.

Sarà il caso di aprire una discussione seria su questo punto anche perché, fatta salva la distinzione tra elezioni politiche e elezioni amministrative ma anche preso atto dell’innegabile esistenza di un trend particolarmente significativo rimangono tutti i dubbi relativi al grado di rappresentatività delle forze politiche eventualmente ammesse nel ballottaggio in caso (ipotetico ) di applicazione dell’Italikum nell’occasione delle elezioni legislative generali.

In questa situazione il rischio di veder assegnato un premio di maggioranza del 55% ad una forza politica che vale più o meno il 20% del corpo elettorale (come accadrà senz’altro in qualche consiglio comunale dove il premio di maggioranza tra l’altro è del 60%) è concreto.

Non ci si arrampichi per favore sugli specchi dell’allineamento fisiologico con i sistemi politici occidentali: qui è in gioco il dato della rappresentatività effettiva delle istituzioni in rapporto con una società sfrangiata più che complessa, una buona parte della quale appare in forte sofferenza per molteplici motivi.

Si ricorda che in Francia esiste sul serio il doppio turno (e non il ballottaggio): difatti al secondo turno (con collegi molto ridotti per dimensione) passano i candidati che hanno superato il 12,5% dell’intero corpo elettorale. Quindi sono possibili al secondo turno dei triangolari quando non dei quadrangolari (per passare subito naturalmente serve il 50% più uno dei voti validi nel collegio).

Le soluzioni possibili possono essere due: assegnare il premio di maggioranza senza ballottaggio a chi ottiene il 50% più uno dei voti validi (sostanzialmente la legge truffa di De Gasperi e Scelba, fallita nel 1953, eppure molto più democratica dell’Italikum) oppure fissare un quorum di partecipanti al ballottaggio.

Ferma restando, comunque,da parte di chi scrive l’assoluta preferenza per il proporzionale che in questo momento di forte difficoltà per il sistema potrebbe consentire di misurare davvero il consenso di ciascheduna forza politica e permettere di sviluppare un discorso di nuova qualità del quadro politico alla ricerca di livelli superiori di sintesi istituzionale.

Le forze politiche, pur nella fase di assoluta disorganizzazione di origine personalistica nella quale versano (in particolare il PD, lacerato e conteso dall’inopinata scelta delle primarie intese quale fattore di origine della struttura del partito)tornerebbero ad essere poste in diretto contatto con un elettorato che finalmente potrebbe ritornare a scegliere “per il più vicino” e non “verso il meno peggio”.

Oggi non si può far altro che notare quello che in termini di marketing si potrebbe definire deficit di offerta, che in realtà altro non è che una carenza forte di rappresentanza politica.

Un Sindaco eletto con circa il 20% del voto favorevole dei cittadini presenti nel territorio della sua città e non disponendo di soggetti collettivi in grado di agire per raccogliere dissenso e consenso nella vita di tutti i giorni, riferirlo, farne sintesi, trasformarlo in proposta politica non potrà che assistere, rispondendo soltanto demagogicamente oppure pagando altissimi prezzi sul piano elettorale, alla crescita di istanze varie, non certo dei soviet  ma piuttosto di un florilegio di comitati NIMBY (tanto per fare un esempio per una larga fetta di milanesi l’Expo non è stata certo quel trionfo come pretenderebbero i corifei delle adunate di regime; così come, nella Roma delle buche e dei cantieri inutili, mentre Pelosi spazza la foglie dal Lungotevere, le Olimpiadi non rappresentano certo la meta più ambita di tanti romani, alle prese con il problema della casa e della mancanza di servizi).

Tornando, infine, ai ballottaggi per i Sindaci vediamo la situazione grandi città chiamate al voto.

Bologna: elettori 300.586  voti validi per il sindaco al primo turno 174.187 (41,87%). La somma di Merola e Bergonzoni assomma a 107.579 ( 35,78%), voti ai candidati sconfitti 67.208 ( 22,35%).

Roma elettori 2.363.776 voti validi per il sindaco al primo turno 1.287.350 (45,55%). La somma di Raggi e Giachetti assomma a 732.455 ( 30,98%), voti ai candidati sconfitti 554.895 ( 23,47%).

Milano elettori 1.006.701 voti validi per il sindaco al primo turno 537.584(46,61%). La somma di Sala e Parisi assomma a 443.374 ( 44,04%) , voti ai candidati sconfitti  94.210 ( 9,35%).

Torino elettori 695.740, voti validi per il sindaco al primo turno 382.503 ( 43,38%). La somma di Fassino e Appendino assomma a 278.296  ( 40%), voti ai candidati sconfitti 115.662 ( 16,62%).

Napoli elettori 788.291, voti validi per il sindaco al primo turno 403.311(48,85%). La somma di De Magistris e Lettieri assomma a 269.671 ( 34,20%)  voti ai candidati sconfitti 133.640 ( 16,95%).

La città nella quale l’insieme dei candidati sindaci ha ottenuto, nel primo turno, il maggior numero di voti validi in percentuale sul totale delle elettrici e degli elettori è stata Napoli con il 48,85%; quella dove i candidati sindaci hanno realizzato il minimo di consenso è stata Roma con il 30,98%.

Al momento del voto nel secondo turno verificheremo quanto consenso (in realtà sul totale degli iscritti nelle liste) è stato effettivamente raccolto da eletti e sconfitti: per adesso le cifre indicano in questo senso forti difficoltà per tutti.

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