29 luglio 1976. Nasce il governo Andreotti con l'appoggio decisivo del Pci. Un evento che ci spiega molto della politica per come è arrivata fino a noi.
L'Italia degli anni '70 è ben documentata davanti a noi, oltretutto con miriadi di testimonianze. Non è certo poi, per capire quel periodo, problema di testimonianze dirette. Ma oggi la trasmissione generazionale della memoria ha difficoltà. Siamo, in fin dei conti, in una società che trova vecchissimo ed inutile ciò che ha appena quattro anni di vita. Eppure quanto accaduto nel 1976 e oggi dimenticato (per semplificare usiamo quell'anno come data simbolo), ci spiega molto della politica per come è arrivata fino a noi.
Ma andiamo, appunto, alla data: 29 luglio 1976. Tra i flash, in bianco e nero, dell'epoca e i servizi delle tv, sempre in bianco e nero (il colore arriverà stabilmente dal primo gennaio 1977), nasce il terzo governo Andreotti. Uno dei tanti presieduti dall'anima nera della politica italiana. C'è però una novità: quel governo Andreotti quel giorno nasce con i voti del Pci. Decisivi? Certamente. Basta vedere i risultati dello scrutinio alla Camera per il voto di fiducia: il governo Andreotti ottenne 258 voti a favore, 44 contro e 303 astensioni. Siccome il Pci dichiarò pubblicamente l'astensione, formula politica per garantire un governo di solidarietà nazionale, era evidente dal risultato della Camera che l'area del non voto era decisiva per garantire la sopravvivenza del governo Andreotti. I rapporti tra Pci ed Andreotti, tra l'altro, sono stati a lungo tutt'altro che burrascosi. Ben 27 volte, stando alle cronache, le camere non hanno dato l'autorizzazione a processare il noto leader democristiano con i voti decisivi del Pci in aula o in commissione. Questi sono i fatti, poi si può entrare nel piano dell'analisi con considerazioni magari molto diverse tra loro.
Certo, a scorrere la lista dei ministri di quel governo, che doveva giornalmente confrontarsi con il capo della diplomazia del Pci presso l'esecutivo (Giorgio Napolitano) si vede subito il dna di quell'esecutivo. C'è Franco Evangelisti, storico colonello di Andreotti, che ammise a suo tempo le tangenti ricevute dal palazzinaro Caltagirone (la cui famiglia ha poi fatto il bello e il cattivo tempo nella seconda repubblica sia nel centrodestra che nel centrosinistra passando dal Monte dei Paschi), personaggi che non hanno bisogno di presentazione come De Mita, Forlani, Cossiga e Scotti. Ministro della difesa, Vito Lattanzio, responsabile, un anno dopo, della scarsa vigilanza che permise la fuga di Kappler da Roma. Era una Dc che veniva da un periodo di scandali impressionante, su tangenti di ogni tipo dal petrolio alle forniture militari, rimessa in piedi e salvata dal Pci che era stato votato per esserne il maggiore antagonista. La linea di governo? Austerità, contenimento salariale, rigore e sacrifici. Fino ad arrivare alla parodia dell'abolizione di alcune feste, tra cui l‘Epifania (poi reintrodotta negli anni successivi), per incentivare la produttività. O a misure da simbolismo dell'austerità che fanno solo sorridere: Italia-Inghilterra dell'autunno 1976, allora sentitissima partita di qualificazione ai mondiali, fu giocata alle 14:30 di mercoledì senza diretta tv. Si voleva che il paese producesse, senza inutili distrazioni. Finì che il Parlamento andò allo stadio per vedere la partita mentre la gente, come negli anni '50, seguì la partita alla radio (per la cronaca vinse l'Italia 2-0).
Ma cosa aveva spinto il Pci a salvare la peggior Democrazia Cristiana di sempre, quella che finirà di saccheggiare il paese con Tangentopoli? Gladio, la minaccia di golpe o simili? No, nel 1976 sarebbero stati tutti tentativi falliti vista la forza militante delle sinistre dell'epoca. Gli Usa venivano poi dal Vietnam, guerra persa appena l'anno prima, quindi non avevano la forza politica per star dentro ad una eventuale crisi militare di prima grandezza in Italia. Viene da dire che la risposta la dovrebbero dare tutti quelli che tramandano, a sinistra, una mitologia delle mani pulite, di questo o quel big della politica di allora. Qui più che una risposta si può dare una indicazione storiografica. Già all'epoca dell'invasione di Praga, benedetta obtorto collo dal Pci, la rivista del Manifesto accusava il Pci di preparare un percorso di solidarietà nazionale come poi concretizzatosi nel 1976. Era il sessantotto, eppure il Pci era già da un'altra parte rispetto alla sinistra nata con la contestazione generale. Questo per andare verso il bacio della morte delle larghe intese con la Dc. Che preparò la fine del Pci ma anche la concertazione sindacale successiva e la politica per come l'abbiamo conosciuta all'epoca di Berlusconi. Con il governo di solidarietà nazionale, infatti, la sinistra da antisistemica era diventata sistemica. E così è rimasta. Fino alla consumazione di se stessa e del paese.
Terry McDermott – tratto dall'edizione cartacea di Senza Soste n.117 (luglio-agosto 2016)
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fausto schiavetto
veramente anche con la svolta di Salerno il PCI era diventato abbastanza sistemico, almeno aveva una doppia verità. Non è una novità del 68, nel 68 e seguenti questa ambiguità si scioglie. trateoria e politica , tra ideale e realtà ci sono delle contraddizioni…