Considerazioni ai margini di un Convegno svoltosi, nei giorni scorsi, presso il Tribunale di Salerno.
Ho partecipato all’incontro suddetto, che aveva come tema il rapporto, ormai sempre più necessario, tra l’Avvocatura ed il Sindacato dei lavoratori, che in quella sede era rappresentato da una storica dirigente, libera di pensiero, della CGIL Salernitana, Margaret Cittadino, dove il bravissimo Avvocato romano Carlo Recchia, del Foro di Roma, ha illustrato, bandendo ogni retorica sulla professione forense per come si rappresentava in maniera precisa i processi che rendono ormai una parte sempre più consistente dell’Avvocatura senza reddito sufficiente per andare avanti, mentre la legge professionale di cd. “riforma” del 2012 taglia sempre più opportunità per la grande platea di Avvocati, all’interno dei quali le donne sono prevalenti, impone obblighi di fatto inesigibili verso Cassa Forense, restringe i limiti temporali del patrocinio per i praticanti abilitati, e di fatto realizza una chiusura della professione verso le nuove leve.
“Non si è mai vista una legge professionale così, tesa a chiudere le porte della professione a chi c’è da meno tempo,o lavora rappresentando una clientela debole, od aspira ad arrivarci, in questa Professione” ha detto Recchia, ripreso anche sui social network dall’attentissima tesoriera nazionale di MGA, Valentina Restaino, del Foro di Salerno, tra le organizzatrici dell’incontro.
Sullo sfondo di questa vicenda il proletarizzarsi della professione forense ed al contempo di quasi tutte le altre Professioni intellettuali che infatti ha visto MGA muoversi, in questi anni, in direzione delle altre forme di lavoro autonomo, sia quelle più professionalizzate, che hanno alle spalle titoli di studio che avevano, ed in parte hanno ancora, prestigio sociale ed un percorso non semplice per arrivarci, sia quelle di nuova generazione, come il cosiddetto popolo delle cd. Partite Iva, i lavori autonomi legati ai servizi alla persona od all’informatica, costruendo con esse la coalizione 27 febbraio, dal giorno della prima grande mobilitazione nazionale verso l’INPS ed altri Enti Previdenziali, nel 2015.
Obbiettivo è quello di arrivare ad una previdenza più equa e meno vessatoria, a fronte di prestazioni che non rende ed ad un fisco meno formalistico,non basato su studi di settore astratti, ma rispondente alla realtà vera, nell’Italia di oggi, di questi lavoratori e lavoratrici, non su esigenze di bilancio della macchina statale o di casse privatizzate, dopo anni di fallimentari gestioni.
Ma facciamo parlare proprio MGA, per come si presenta agli Avvocati, e non solo:
M.G.A (Mobilitazione Generale degli Avvocati) è un’associazione forense nazionale formalmente costituita il giorno 31/08/12 ed è l’evoluzione del movimento nato in internet il 13/02/11.
Come stabilito dall’art. 3 comma 2 dello Statuto nazionale,
L’associazione è apartitica e aconfessionale, non ha finalità di lucro e persegue:
la determinazione di un sistema previdenziale ed assistenziale forense adeguato, solido, sostenibile, sicuro ed equo, con l’individuazione di soluzioni attente soprattutto alle esigenze dei giovani avvocati e degli avvocati portatori di redditi bassi e medio-bassi;
l’elaborazione e/o promozione di un ordinamento forense immune da ogni declinazione censitaria e da ogni parametrazione economico-reddituale ai fini dell’esercizio della professione;
la democratizzazione delle istituzioni forensi, da rendere impermeabili ai conflitti di interesse ed ai “poteri forti” dell’economia, delle banche, dell’industria, delle assicurazioni e della finanza;
l’individuazione e promozione di istituti giuridici, anche alternativi alla giurisdizione ma riservati alla categoria, che consentano di proiettare in Europa e nel mondo le professionalità della categoria forense e di raccogliere le sfide della società globalizzata;
la promozione della partecipazione degli avvocati alle attività delle istituzioni forensi ed alla politica forense;
la risoluzione definitiva del conflitto interreddituale da tempo latente nella categoria, in ogni sua forma ed espressione;
la difesa della libertà e dell’indipendenza dell’Avvocatura e del suo ruolo indiscutibile, al pari della Magistratura, di soggetto istituzionalmente e costituzionalmente rilevante e imprescindibile nella difesa dei diritti dell’uomo e nell’attuazione del potere giurisdizionale dello Stato, coerentemente con l’inviolabilità della difesa tecnica, sancita dall’art. 24 della Carta Costituzionale;
la valorizzazione e proiezione in chiave avveniristica degli insegnamenti dei grandi giuristi del passato che hanno costruito e reso prestigioso il sistema giuridico e giudiziario italiano;
l’individuazione e la promozione di soluzioni che valorizzino e tutelino la meritocrazia nell’accesso all’albo professionale e che garantiscano la qualità della prestazione intellettuale;
la conoscenza delle norme deontologiche e la loro rigorosa applicazione.
E vediamo cosa dice dei suoi obbiettivi di lotta la Coalizione 27 febbraio:
Sebbene applicabili per larga parte esclusivamente ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, e sebbene assolutamente insufficienti, da sole, a fornire al lavoro autonomo un grado di tutela dignitoso, le norme del Disegno di Legge governativo Del Conte (il suo estensore) sono apparse indicatore di una nuova attenzione politica nei confronti di una componente del mondo del lavoro di fatto abbandonata a sé stessa, sottoposta a una fiscalità iniqua e regressiva, costretta a una previdenza dai costi insostenibili e tuttavia incapace di erogare prestazioni adeguate.
Oggi, a distanza di mesi, del Disegno di Legge Del Conte non vi è più traccia. Dimenticato dalla comunicazione mainstream, evidentemente espunto dall’agenda del Governo, rischia di essere ricordato più come uno spot elettorale che come un reale passo avanti nella tutela di una categoria di lavoratrici e lavoratori che, da sola, crea almeno il 18 % del PIL annuo.
Per contro, la Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente vive e cresce, e non si ferma il dibattito interno alla “Coalizione 27 febbraio”. Nata come proposta aperta, la Carta è arrivata alla sua versione 3.0, con due obiettivi fondamentali: conquistare e promuovere tutele e welfare universali, indipendentemente dalla tipologia di lavoro svolto; e difendere e conquistare un principio fiscale di tipo realmente e decisamente progressivo.
Noi lavoratrici e lavoratori della “Coalizione 27 febbraio” riteniamo che il nodo del lavoro autonomo e indipendente debba tornare al centro del dibattito pubblico. Le recentissime dichiarazioni di Boeri circa le pensioni dei nati negli anni ’80, la annunciata riforma governativa del sistema Fornero, le fosche prospettive di INPS ma anche delle casse di previdenza private (che intorno agli anni 2030-2040 rischieranno il disavanzo fra entrate e uscite previdenziali, con i conseguenti rischi circa l’effettiva erogabilità delle pensioni) impongono, a nostro giudizio, una ricerca comune di soluzioni reali e inclusive, nonostante e contro l’austerity imposta dal neoliberalismo europeo.
DIVERSAMENTE, «SI LAVORERÀ PER PIÙ DI QUARANT’ANNI CON REDDITI ESIGUI PER NON AVERE, IN SOSTANZA, UNA PENSIONE. I LAVORATORI POVERI E DISCONTINUI AVRANNO COLLABORATO ALLA SOSTENIBILITÀ DI UN SISTEMA CHE LI ESCLUDE. (…) IL QUINTO STATO DI MILIONI DI PERSONE NON POTRÀ SOPRAVVIVERE CON IL LAVORO POVERO E PRECARIO, SENZA TUTELE E NEMMENO UN REDDITO MINIMO O DI BASE».
Ecco, di questo si è parlato nell’assemblea del Tribunale (oltre che delle promesse da Pinocchio della maggioranza che sostiene Renzi) presenti nella nuova loro veste professionale, giovani donne esponenti in passato del PRC o legati a Massa Critica, tutti raccolti attorno al MGA, ed al suo giovane presidente pugliese, Cosimo Matteucci, che ha detto con chiarezza che nell’avvocatura esiste un grande problema di differenze di reddito e che gli avvocati coi redditi bassi sono quelli a cui rivolge la sua proposta politica ed organizzativa MGA, partendo dalla contestazione dei contributi minimi obbligatori, che la Cassa Forense impone a tutti gli iscritti, i quali, dopo la legge professionale del 2012, sono per legge tutti gli avvocati italiani, che non possono rivolgersi ad una diversa gestione previdenziale, tantomeno all’Inps.
Anche qui diamo un dato molto semplice sull’iniquità classista dell’attuale sistema previdenziale dell’avvocatura, come da esame fatto dal collega Antonino Garifo, responsabile previdenziale del MGA:
Come da immagine tratta dal consuntivo 2015 di Cassa Forense le entrate complessive per contributo soggettivo sono di circa 962 milioni nel 2015.
Considerando che il contributo minimo soggettivo è di € 2.810,00, un terzo di questi 962milioni provengono dai circa 140mila avvocati che non guadagnano più di 20mila euro l’anno e che tutti insieme guadagnano 921 milioni e cioè a mala pena un ottavo del reddito complessivo dell’avvocatura, che ammonta ad 8 miliardi, come da immagine tratta da pubblicazione di Cassa Forense (i numeri dell’avvocatura 2015).
Dunque un terzo delle entrate di Cassa Forense a titolo di contributo soggettivo proviene da coloro che nel complesso rappresentano meno di un ottavo del reddito complessivo dell’avvocatura.
Ma è possibile eliminare i contributi minimi e far pagare un po’ di più a chi guadagna di più, introducendo delle aliquote progressive?
Ho provato a fare dei calcoli, ovviamente approssimativi, sulla base dei dati reddituali forniti di Cassa Forense e sono riuscito a “racimolare” 924milioni di contributo soggettivo, senza il famoso contributo di solidarietà del 3% e senza fare in modo che l’imposizione complessiva sui redditi più alti superi quella degli artigiani e commercianti in INPS
Un platea sociale,quella qui sopra descrittache si rappresenterà, attraverso MGA, e non solo, nello scontro politico in vista, ad ottobre, al Congresso Nazionale dell’Avvocatura di Rimini, dove queste istanze devono diventare per davvero piattaforma rivendicativa per un diverso governo della giustizia in Italia, una giustizia che sbandiera risultati telematici, per coprire gravi magagne strutturali, per una diversa rappresentanza dell’Avvocatura italiana, che comprenda appieno queste tematiche.
Nel dibattito, molto bene si è inserita l’esponente della CGIL, che, facendo ammenda delle passate sottovalutazioni od ostilità verso il lavoro autonomo, da parte del suo sindacato, anche in anni recenti, ha affermato che oggi la battaglia complessiva da fare in Italia è contro la svalorizzazione del lavoro, complessivamente inteso, al servizio degli interessi economici che tendono verso la concentrazione oligopolistica- e ciò anche nel mercato delle cd. Libere professioni- e lobbies di potere, che negli ultimi anni hanno malgovernato l’avvocatura italiana, esponendola a quella che oggi è una vera e propria “fuga dal processo”, che la politica italiana accetta passivamente, all’insegna della media-conciliazione obbligatoria delle liti, sui cui meccanismi di gestione si sono subito lanciati i vertici dell’avvocatura istituzionale quelli dei Consigli dell’Ordine degli avvocati, quelli iper retribuiti del Consiglio nazionale forense, il quale pretende di essere organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana, senza essere espressione di un voto che coinvolga tutti gli iscritti alla professione forense in Italia.
All’insegna della difesa di valore e dignità di ogni lavoro, e lavoratore, l’applauso è scattato al richiamo della vicenda dell’operario egiziano ucciso mentre protestava fuori ai cancelli della sua ditta, a Piacenza.
Questo convegno, questo fatto, la frase finale con cui, quasi freudianamente Cosimo Matteucci ha chiuso il suo intervento: dobbiamo tornare a far politica, compagni/colleghi, in un incontro disertato dal presidente dell’Ordine di Salerno pure annunciato sul manifesto di convocazione, ci dicono molte cose, ci dicono che vi è un grande campo da arare nella direzione dell’allargamento di un blocco sociale, e culturale, che possa far ripartire dalla dignità di chi lavora una diversa prospettiva per il nostro paese e non solo. Lo dicono anche all’USB ed al sindacalismo conflittuale, che non si abbasserebbe, nella sua caratteristica principale, provando a rapportarsi per davvero a queste soggettività
Quelli della piattaforma 27 febbraio si definiscono Quinto Stato: a me piace pensare che esso sia la sommatoria del Terzo Stato, teorizzato dall’Abate Sieyès, quale motore della rivoluzione francese, di stampo borghese, e del Quarto stato, socialista e proletario, immortalato nel grande quadro, presente a Milano, al Museo del Novecento, di Pellizza da Volpedo.
Soggetti della trasformazione avanzano, bisogna saperli “vedere ed ascoltare”, senza paraocchi!
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