Nel Vecchio Continente ma in parte anche negli Stati Uniti, la piccola borghesia impoverita, terrorizzata e inevitabilmente reattiva ha da tempo tolto alla grande borghesia politica, economica e intellettuale quel mandato che ne riconosceva il ruolo dominante a patto che i più forti garantissero almeno in parte anche gli interessi dei ceti medi.
Quel blocco di classe un tempo tanto solido – quel blocco che faceva sì che il piccolo evasore morto di fame si sentisse dalla stessa parte della grande industria che fa sparire immensi capitali nei paradisi off shore – è oggi in frantumi.
Da qui la critica più feroce verso le èlites politiche e finanziarie: una critica che, data la sua genesi e provenienza, mette però in discussione i partiti, la politica e lo Stato ma mai il nemico vero e principale, ovvero la catena di dominio imperialistica che dal centro del mondo arriva alle classi dominanti delle periferie e degli Stati nazionali strutturando la divisione globale del lavoro. Così come mette in discussione le banche e il loro parassitismo usuraio, alla cui mercé i politici avrebbero abbandonato l'uomo qualunque, ma non certo il sistema capitalistico e soprattutto quel rapporto di proprietà senza il quale il sistema finanziario è inspiegabile.
A questo meccanismo si collega anche la diffusa delegittimazione della cultura e di tutto ciò che puzza di intellettualismo e di autorità tradizionale. A cui viene contrapposta la falsa concretezza di ciò che è immediato ed empirico, frutto di bricolage o dell'apprendimento dell'autodidatta tramite i nuovi media digitali ("liberi" dalle manipolazioni e distorsioni tipiche di ciò che è mediato).
Questi ceti, che per loro costituzione sviluppano forme di coscienza particolaristiche, vorrebbero oggi disperatamente farsi classe dirigente per difendersi da soli ma non ne hanno – o non ne hanno ancora – le capacità, le competenze, la forza. Da qui le fantasie autarchiche da piccoli produttori indipendenti, assieme a tante altre belle cose, nel mondo del 2016.
Le possibilità di realizzare un nuovo blocco sociale che saldi ceti medi e classi subalterne, come alcuni auspicano, è tuttavia assai improbabile perché è difficile che chi è atterrito dai processi di pauperizzazione guardi verso il basso dopo essersi rispecchiato a lungo in ciò che sta in alto. Si spiega però in questa prospettiva l'egemonia crescente che il rancore piccolo borghese ha acquisito sulle forme di coscienza di un lavoro salariato già da tempo devastato nella sua identità, schiantato in quanto classe sociale assieme alla democrazia moderna e dunque inerte.
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