Non bisognava essere profeti per comprendere – nella serata di venerdì 10 marzo quando il Ministro degli Interni, Marco Minniti, ha imposto il suo diktat alle istituzioni locali – che si stava delineando un ulteriore incrudimento dell’azione da parte degli apparati repressivi dello stato.
L’esplicito aut/aut verso il Comune di Napoli che ha dovuto subire la presenza di Matteo Salvini in una struttura di proprietà comunale – per quanto esercitato nell’ambito della normativa vigente – si è configurato come un atto di natura “eccezionale” che, particolarmente nei nostri territori, fa il paio con quella logica e legislazione emergenziale che, per decenni, innumerevoli disastri ha procurato alla qualità della vita pubblica, allo stato delle relazioni sociali ed alla natura della democrazia reale.
Del resto – come abbiamo subito sottolineato – solo un personale politico alla Marco Minniti (uomo da sempre interno e funzionale a tutti i passaggi topici nel campo della sicurezza dello stato: dalla riorganizzazione dei Servizi Segreti, alla copertura delle azioni di bombardamento dei Tornado italiani contro la Jugoslavia…) poteva consentirsi un entrata a gamba tesa di questo tipo sconfessando una sorta di “onorevole compromesso” che, nelle ore precedenti grazie alla determinazione ed alle varie iniziative di mobilitazione e di lotta che da settimane si succedevano a Napoli, era stato raggiunto tra Comune, Questura e Prefettura che prevedeva la recessione del contratto di fitto del Teatro della Mostra d’Oltremare al leghista Mateo Salvini.
Infatti, dalla tarda serata di venerdì 10 marzo, è stato subito evidente che il Ministero degli Interni avrebbe – di fatto – gestito direttamente l’ordine pubblico nella piazza napoletana.
Gli effetti concreti si sono subito visti nel pomeriggio di sabato 11 marzo quando polizia e carabinieri non si sono limitati a respingere lo sdegno che si esprimeva, in maniera determinata, contro la grave provocazione di Salvini ma hanno inseguito con i blindati in velocità un corteo di migliaia di persone per alcuni kilometri.
Piovono pietre?
Ora a distanza di qualche giorni stiamo ascoltando dei rumors – alcuni molti espliciti – provenienti dalla Questura (vedi l’intervista del nuovo questore al Mattino in cui paventa l’uso del reato di “devastazione e saccheggio” per le persone che, prossimamente, saranno denunciate dopo l’analisi del “materiale probatorio”) ma anche dal capo della polizia, Franco Gabrieli, il quale non fa mancare il proprio sostegno a questa dura linea di condotta che si intende applicare.
Naturalmente non stanno mancando a questo crescendo di volgare esecrazione gli abituali articoli dei giornali che si sbizzarriscono nella produzione di “mappe di Centri Sociali e di organigrammi dei violenti” le quali – nella sputtanata logica delle narrazioni tossiche o, meglio, della comunicazione deviante del capitale – servono a costruire immaginario possibile ed elementi di senso comune autoritario e dispotico utile alla costruzione di inchieste giudiziarie.
Infatti, ed è utile ricordarlo, proprio a Napoli è ancora in vigore un pool di Procuratori della Repubblica che segue con continuità e spietato metodo inquisitorio le vicende di lotta ascrivibili alle vertenze dei disoccupati. Questo pool non si è fatto scrupolo di utilizzare articoli del Codice Penale (dal reato di Estorsione a quello di Associazione a Delinquere) di solito riservati alla criminalità organizzata trasferendoli – tout court e senza nessuna distinzione – ai protagonisti di lotte e vertenze popolari e sociali.
Con questo famigerato metodo risultano indagate oltre 200 persone solo nell’area partenopea che hanno scontato o stanno ancora scontando pesanti limitazioni alla propria libertà di movimento e – cosa ancora più grave – si è imposto una sorta di “automatismo giudiziario” il quale assegna a questo comparto della Procura tutta la documentazione ed i filoni di inchiesta riguardanti il conflitto sociale e sindacale.
Colpisce, quindi, la perniciosità delle parole del Questore di Napoli quando paventa il reato di “devastazione e saccheggio “ per i protagonisti del corteo contro Salvini pur sapendo che le uniche “devastazioni” sono state quelle provocate dalla folle corse dei blindanti, dall’uso degli idranti e dei lacrimogeni ad altezza d’uomo.
Ma – agli attivisti ed ai movimenti di lotta tutti – non deve sfuggire che questo articolo del Codice Penale è lo stesso di quello applicato a compagni come Davide Rosci (inquisito per il corteo di Roma del 15 ottobre 2011) che hanno subito una vera e propria odissea giudiziaria che continua ancora oggi.
Tale reato nato nel 1930 per combattere gli antifascisti è ancora vigente nel nostro ordinamento nonostante siano passati più di 80 anni e combattuta una guerra di liberazione.
Tale codicillo viene definito come incostituzionale da molti punti di vista essendo, soprattutto, un reato indeterminato che punisce non una specifica condotta ma l’insieme di più azioni, anche se compiute da terzi, ed è un reato che prevede pene spropositate dagli 8 ai 15 anni.
Inoltre và precisato che dal dopoguerra al 2000 è stato contestato solo 3 volte ma, da qualche anno, questo reato inizia a fare capolino in quasi tutte le inchieste. Insomma tale prassi è il prodotto di quella legislazione d’emergenza che si fa norma ordinaria e diventa consuetudine contro le variegate espressioni del conflitto sociale.
E’ evidente – quindi – che siamo in presenza – a Napoli come altrove – di una oggettiva escalation repressiva e criminalizzate che deve indurci ad un attenzione specifica e sistematica circa la necessità di costruire un ambito di lotta e contrasto a questo particolare aspetto del conflitto di classe.
Una escalation che si nutre della narrazione distorta del corteo di Napoli ma che è incarnata, per restare alle ultime settimane, dal cosiddetto “decreto Minniti” in materia di sicurezza urbana.
Per la piena libertà di lotta e di organizzazione.
Nelle settimane scorse, a Napoli, una prima assemblea di compagni ha iniziato un ragionamento su questi temi ed ha assunto alcuni impegni di lavoro concreto che intendiamo socializzare e costruire unitariamente con uno schieramento largo e determinato di attiviste ed attivisti.
Intanto, però, anche sulla scorta di quanto accaduto a Napoli un analogo clima di provocazione e di intimidazione statale si sta replicando nella città di Roma dove per sabato 25 marzo è prevista una Manifestazione contro il 60 Anniversario del Patto di Roma (l’avvio della costruzione dell’Unione Europea)
Nei confronti di questa manifestazioni stiamo registrando allarmi dalle varie Questure, limitazioni al percorso del corteo ed un crescendo di articoli di stampa in cui si delineano scenari apocalittici per la città di Roma.
Tale spirale repressiva va interrotta. La libertà di manifestare nel centro delle città e la possibilità di articolare e generalizzare le ragioni sociali delle nostre rivendicazioni non può essere messa in discussione né a Napoli, né a Roma e né in nessun altro territorio.
Su queste questioni va allargata la discussione, vanno organizzate campagne di denuncia politica e di mobilitazione e va organizzata quella difesa politica, sociale e giuridica che serve alla tutela degli attivisti ed alla libertà di tutte e di tutti!
* Rete dei Comunisti
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa