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“E se salissimo sulla gru?”

La rabbia, un pensiero, l’immaginazione e insieme, Marco Cusani e Mimmo Mignani, due dei cinque operai licenziati politici del Comitato di Lotta Cassintegrati e Licenziati FIAT, alle 02.00 di lunedì, 11 maggio, entrano nel cantiere metro di Piazza Municipio di Napoli occupando una gru a più di 50 metri di altezza. Dalla gru svettano striscioni e messaggi di protesta, sotto i compagni di Marco e Mimmo: Antonio Montella, Roberto Fabbricatore, Massimo Napolitano, insieme ai compagni delle diverse aree del Movimento napoletano, presidiano la piazza e non abbandonano mai Marco e Mimmo.

Marco non resiste, dopo l’intera notte tra domenica e lunedì trascorsa al fianco di Mimmo viene portato d’urgenza al pronto soccorso per malore, vertigini e disidratazione. E’ proprio Marco che mi parla, durante la giornata di presidio mi racconta la storia estenuante di un gruppo di operai che dal 2006 non ha mai smesso di lottare per la difesa della dignità del proprio lavoro.
In otto anni, Marco, Mimmo, Antonio, Roberto e Massimo subiscono tre licenziamenti. Il primo nel 2006. Il gruppo e altri tre operai vengono licenziati, altri quattro operai sospesi dopo “l’assemblea del lancio delle uova” che vede la partecipazione di 4.000 lavoratori contro CGIL, CISL, UIL, FIOM.
 La FIOM denuncerà il gruppo di operai per istigazione alla violenza definendolo “sobillatore” e “squadrista”. Dopo quattro mesi in liquidazione, gli operai, avvalendosi dell’articolo 18, rientrano al lavoro per altri due anni.
Nel frattempo, l’azienda pensa bene di costituire un “Reparto di Confino” che Marco definisce “un Gulag” all’interno del quale confinare, appunto, il gruppo di operai più attivo politicamente e più fastidioso. Il Comitato di Lotta Cassintegrati e Licenziati FIAT non accetterà né la repressione né l’isolamento e organizzerà dei picchetti che avranno durata di una settimana a causa dello sgombero a suon di manganello da parte della polizia.
Nell’aprile 2008 avviene il secondo licenziamento. Stesso iter: quattro mesi di liquidazione, rientro in cassa integrazione.
In otto anni, alla FIAT di Pomigliano, si sono suicidati due operai, colleghi e amici del gruppo del Comitato: Peppe e Maria. Peppe, attivo nelle lotte politiche della fabbrica, si è impiccato a 43 anni in casa con una corda della tapparella. Maria, separata con due figli, si è inferta quattro coltellate allo stomaco. Nel silenzio totale e assordante dei sindacati e delle istituzioni.
Dopo il suicidio dei due compagni, il gruppo di lotta organizza un’iniziativa di protesta che simula il suicidio di Marchionne. La risposta arriva il giorno seguente. E’ il terzo licenziamento.
Dalla notte tra domenica e lunedì, Mimmo è ancora lì, sulla gru, sospeso. Guarda il cielo, ogni tanto saluta i compagni, mostra il pugno chiuso. Sotto, i compagni a lui tendono le speranze. Sperano che resista. “Non ha più importanza il posto in fabbrica”, dice Marco. “Sappiamo che non vi rimetteremo più piede”. Lottiamo per Peppe, per Maria, per urlare a tutti i lavoratori terrorizzati dal sistema aziendalistico e dalla crisi che niente è più importante della dignità del lavoratore e della solidarietà tra chi vive gli stessi drammi.
Nella giornata di sabato che vedrà il dipanarsi di flash e passerelle elettorali per l’apertura della fermata della metropolitana in Piazza Municipio, Mimmo sarà lì, a guardare Renzi, le Istituzioni e le amministrazioni locali dall’alto. Sarà ancora lì, ne siamo certi.
 

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