I “CAUR”, i “Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma”, furono gli strumenti operativi per la realizzazione di un incubo: l’internazionalizzazione del fascismo e la sua egemonia culturale. Gli errori del “duce” e la coraggiosa Resistenza popolare impedirono che si realizzasse, ma c’è un volto della “globalizzazione” che sembra aver resuscitato quell’incubo, dandogli la forza dell’esperienza e il vantaggio di un contesto internazionale più favorevole. Lì, ai CAUR, infatti, sembra condurre difilato il dramma che si consuma all’esterno dei cancelli di quella “Ansaldo”, che per anni produsse il 75/32 Mod 1937, non solo un cannone, ma la fortuna di padroni, in grado di accumulare incalcolabili profitti.
Guerra, cannoni e carne da macello. Ansaldo, Perrone e prima ancora Armstrong e il capitale straniero, fanno la storia di famiglie che hanno vissuto di questi principi e di queste tragedie: guerra e sfruttamento. Sono quelli che le guerre non le hanno mai perse, nemmeno quella distruttiva che dal 1940 al 1943 ridusse Napoli in un cumulo di macerie. Basta chiudere gli occhi, per vederle, le lunghe file di operai che nel “secolo dei lavoratori” hanno prodotto ricchezza, entrando in fabbrica quotidianamente attraverso quei cancelli ai quali oggi quattro lavoratori hanno incatenato la loro vita e quella dei loro familiari. Sono i cancelli della Hitachi, ultima arrivata nel manipolo dei “prenditori”, per usare una felice espressione di De Magistris.
Dove non giunse il capitale straniero, accolto in Italia con tappeti rossi e invitato a massacrare i lavoratori in cambio di agevolazioni fiscali e materie prime a prezzi stacciati assicurati dalla protezione dello Stato, dove non ci condussero gli effetti drammatici per il Sud della rivoluzione industriale all’italiana negli anni di Giolitti, dove non si spinse il fascismo, che un’anima sociale l’aveva conservata, passa oggi il padronato senza orbace, forte della “Carta del lavoro” in formato Marchionne, della benedizione di Draghi e delle sanguinose scelte di Renzi: il Jobs Act, le “tutele crescenti” e l’abolizione dell’articolo 18. E non è un caso che nessuna forza politica, tranne DemA, si sia fatta vedere.
Chi vuol capire quanto avanti abbia spinto lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e di quanti secoli indietro ci abbia condotti sulla via di una nuova e barbarie la “sinistra” del centro sinistra – o, per dir meglio, il più efficace strumento della reazione mai visto all’opera dall’Unità ad oggi – vada in via Argine, a Napoli, ai cancelli di quella Hitachi, che oggi può fare ciò che vuole della dignità dei lavoratori e del destino delle loro famiglie. Ci troverà operai incatenati ai cancelli, vite mortificate, sogni infranti e un futuro negato senza alcuna ragione, per volontà di padroni che fanno cartastraccia della Costituzione e del suo articolo 41 che invano impone all’attività economica privata di non “svolgersi in contrasto con l’utilità sociale” e di non “recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Oltre il paravento delle menzogne – la fine del conflitto, la sparizione degli operai, l‘Eden capitalista dopo la fine del “male comunista”, l’età dell’oro e il mito dell’imprenditore di se stesso – attraverserà il labirinto delle responsabilità rimpallate – i padroni? I sindacati? La politica? – e troverà, avvolto nella nebbia della disinformazione, uno dei gironi di un nuovo inferno: il mondo del lavoro così come l’ha voluto il neofascismo che ci governa, più duro e più violento di quello “storico”. Dietro – e contro – i quattro operai incatenati, che un lavoro da difendere ce l’hanno, c’è l’esercito di chi un lavoro non l’ha mai avuto ed è pronto a vendersi per fame; l’esercito di chi ormai pensa al lavoro che non ha come rinuncia alla dignità e sottomissione ai limiti della schiavitù.
La lezione che viene da via Argine è chiara; o ripristiniamo la Costituzione, invano difesa con il recente referendum, o il salto nel buio ci condurrà a destra. Quella peggiore, quella guidata da Renzi e dal PD, che fa le prove generali nel genocidio mediterraneo.
da https://giuseppearagno.wordpress.com
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