L’esperienza amministrativa napoletana – guidata da Luigi De Magistris – è sempre al centro del confronto e della discussione tra attivisti politici e sociali e tra i protagonisti dei movimenti di lotta.
Ad inizio luglio – a seguito di alcune tensioni tra il movimento di lotta per la casa e l’amministrazione comunale – il nostro giornale ha ospitato due interventi che a partire da quegli episodi iniziavano a delineare un primo tentativo di bilancio analitico di questa esperienza amministrativa, del suo rapporto/scontro con i movimenti di lotta e delle concrete ripercussioni che si registrano in città e nell’area metropolitana.
Ospitiamo – ora – un intervento del compagno Nicola Vetrano sui temi posti dagli interventi di Giuseppe Aragno (https://contropiano.org/interventi/2017/07/07/napoli-un-tentativo-analisi-093690) e di Afonso De Vito (https://contropiano.org/altro/2017/07/07/la-risposta-alfonso-de-vito-attivista-della-campagna-magnammece-pesone__trashed-093729) pubblicati sulle nostre pagine.
La redazione napoletana di Contropiano
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Su De Magistris, la città e la lotta possibile: discutendo con Alfonso De Vito.
Interessante il contributo di Alfonso De Vito, “storico” militante dei movimenti sociali napoletani, pubblicato da Contropiano ad inizio luglio 2017, sulla vera prima fase di arretramento della seconda Amministrazione De Magistris, posta letteralmente innanzi alla “crisis”, scelta in greco antico, tra l’acconciarsi a vivacchiare, stretta dai debiti comunali e dalle politiche austeritarie del governo, od invece dare effettive gambe al processo riformatore ed alla partecipazione popolare, che avevano rilanciato, i motivi di sostegno dei compagni e dei movimenti a sostegno del “Sindaco di strada”, al momento del dibattito sulla sua rielezione e poi delle elezioni comunali del 2016
Una consultazione elettorale vinta a mani basse da De.Ma., ma con una percentuale di astensione, soprattutto nei quartieri popolari e periferici di Napoli, altissima, che quindi già segnalava una strutturale ambiguità del meccanismo, il quale aveva portato alla vittoria, plebiscitaria solo tra i votanti (meno della metà degli aventi diritto al voto)di De Magistris, peraltro votatissimo nel suo quartiere di origine, il Vomero, ed in molte aree dove risiede la borghesia mercantile e minimamente affluente della città.
Però la sinistra politica, poco avvezza ai meccanismi istituzionali rimase un attimo imbambolata, anche alla luce del suo diretto e poco soddisfacente risultato elettorale nella contesa, mentre tutta l’area dell’autorganizzazione sociale subì un misto tra fascinazione più o meno ingenua, da una parte, indifferenza dall’altra, anche abbandonando la strada delle assemblee di quartiere, che in alcune Municipalità erano state messe in campo prima delle elezioni del maggio 2016, da Piazza Dante a Bagnoli. Un’altra parte ancora, quella da sempre più avvezza a stare col vincente di turno a sinistra, decise di investirsi anima e corpo nel progetto di De. Ma. e nella sua proiezione nazionale. Ovviamente tale proiezione nazionale ha accentuato la personalizzazione in capo al Sindaco, quale capo politico nazionale, di tutto ciò che di positivo si era messo in campo nel 2016, e ciò, se aveva dato qualche contributo ad obbiettivi politici generali, come il confronto sul referendum costituzionale del 2016, od il contenimento dell’offensiva salviniana in Campania, al netto degli inutili e controproducenti scontri di piazza della scorsa primavera, di poco o nulla ha fatto aumentare sia la consapevolezza popolare dei problemi, sia la possibilità di dare ad essi soluzioni trasparenti, non mediate in stanze riservate.
Si è arrivati al punto che, in occasione dell’ambiziosa e privatistica operazione lanciata dal governo Renzi, col Fondo Atlante, a tutela dell’ultrafallito realmente Monte dei Paschi di Siena, è venuta dalla Fondazione Banco di Napoli, dal suo Presidente Marrama, in seguito duramente attinto da provvedimenti restrittivi della magistratura per un’altra indagine, prima di essere riconsegnato alla libertà, una forte denuncia sul fatto che i crediti cosiddetti inesigibili del vecchio Banco di Napoli erano stati recuperati, ma che il valore realizzato lo si voleva, attraverso il Ministero del Tesoro, conferire appunto ad Atlante, non reinvestirlo in un sistema del meridionale, per la innovazione ed il sostegno a questa parte dell’economia nazionale ed il Sindaco, che pure aveva incentrato tanta parte della sua campagna elettorale sui torti subiti, dall’Unità d’Italia in poi, dalle popolazioni napoletana, campana, meridionale, invece sul punto di fatto non ha messo bocca, in ossequio a chissà quali equilibri col mondo del credito reale italiano ed internazionalizzato di oggi, tutto in mani private, “nordiste” e/o straniere..
Ma il punto vero risiede nelle basi istituzionalmente costruite del potere monocratico del Sindaco oggi, nel nostro sistema, e del suo essere spesso anticamera, come investitura, per la politica nazionale, non in antitesi con essa, ma in complementarietà: la vicenda di Renzi ce lo dice senza possibilità di equivoci
Non si è fatta da tempo un’analisi materialistica dei meccanismi, che, sin dal referendum del 1993, sovraintendono alla formazione ed all’organizzazione del consenso nei Comuni, basati sulla personalizzazione attorno alla figura del Sindaco, sulla costruzione da parte sua di una maggioranza in Consiglio Comunale, invece che sulla sua investitura da parte del Consiglio, come sarebbe più logico, al netto di ogni degenerazione politicante, in una Repubblica parlamentare come la nostra il cui impianto è stato rilegittimato dalla bella vittoria referendaria del dicembre 2016; non si è voluto vedere che il meccanismo con cui si sono scelti i candidati della coalizione di De. Ma. Alle Presidenze delle Municipalità, del tutto uguale a quello delle vecchie coalizioni di centrosinistra dell’epoca Iervolino-Bassolino, alla radice rendeva impossibile avere Municipalità autonome rispetto al Comune centrale, permeabili per davvero alle lotte ed alle istanze di partecipazione popolare e di classe provenienti dal basso, tanto più che i candidati Consiglieri, sia per il Consiglio Comunale, che nelle Municipalità, sono risultati essere dei portatori di voti, molto piu’ che espressione di lotte, conflitti od idee sulla Città ed i suoi quartieri, tanto è vero che nelle Muncipalità dove hanno vinto altre coalizioni, dal Centrodestra a quella imperniata sul Pd, talvolta si nota più vitalità, ovviamente a parole di quelle dove i “Presidenti di DE.MA.” Attendono la linea ed i finanziamenti da Palazzo S. Giacomo.
Ancora una volta alla sinistra di classe, erede per mille rivoli di quella rivoluzionaria del Novecento, è mancata una teoria dello Stato e delle Istituzioni (anche sul livello degli Enti Locali) che dettasse anche le sue mosse in vista della costruzione di un contropotere dal basso, il quale per davvero impattasse l’agenda del Sindaco e facesse da rigido contraltare verso i poteri forti, che invece quella agenda hanno cominciato a sgretolare sin dal giorno dopo la sua rielezione, anche approfittando della faciloneria del personaggio, del suo sottovalutare, nel primo documento contabile approvato subito dopo le elezioni, il peso del pignoramento che sarebbe arrivato addosso al Comune per effetto della coda velenosa delle spese del dopoterremoto del 1980! Mi riferisco al pignoramento promosso dal consorzio per la ricostruzione post terremoto «Cr8» per 126 milioni di €.
Questo schema politico-istituzionale, che fa di fatto del Sindaco un mediatore di interessi in una società squilibrata verso le ragioni dei ricchi e dei potenti, è la vera ragione per la quale il Sindaco non può per davvero promuovere una battaglia di massa, che sarebbe da condividere passo passo con chi la perseguirebbe, contro tagli, ricatti e pressioni regionali e governative: il Sindaco si ribella verso l’alto, ma deve rassicurare il basso, rispetto al quale Egli è l’alto, ecco il trucco del sistema dell’elezione diretta e maggioritaria dei Sindaci, che sovradetermina TUTTO, molto di più delle personali ambizioni politiche nazionali del Sindaco!
Mentre il “centro politico”, sempre determinante per la elezione di De. Ma. , sin dal 2011, un’area larga che va a livello di vertice da Pasquino al Presidente del Napoli, ad alcuni settori di Confindustria operanti nel Sud metteva in atto manovre per crescere nello spazio di potere locale, riuscendoci meglio nella dimensione dell’Ente Città Metropolitana, di cui ex lege rimaneva Sindaco sempre De Magistris, mentre il rappresentato sociale di quel centro, i proprietari di case, bar e ristoranti, usufruiva del nuovo vento turistico che investiva la città( piu’ a cagione dell’insicurezza che da un anno e più ha colpito i luoghi concorrenti, da Nizza alla Turchia, dalla Tunisia all’Egitto, da Gerusalemme a Lampedusa) la sinistra cd. antagonista si ritirava, dopo le elezioni, nelle sue ridotte, chi in una battaglia territoriale, in attesa del futuro possibile di Bagnoli, chi, come Alfonso, nell’esperienza di Magnammece o’ Pesone, esperienza che, così egli stesso rappresenta: “ha molti limiti e organizza appena qualche centinaio di persone ma ha cercato di non limitarsi mai a tematiche esclusivamente corporative, un minimo dibattito sul diritto all’abitare era totalmente scomparso dall’agenda cittadina se non per la specifica, per quanto importantissima, vicenda delle Vele di Scampia. Eppure i dati ormai storicizzati di questo disastro sociale in città sono impressionanti. Sia per il diritto all’abitare sia per la “qualità” dell’abitare, elementi imprescindibili per qualunque ipotesi di cambiamento sociale. Consiglierei a tutti di farsi un giro almeno nelle dodici strutture da riqualificare individuate dalla delibera 1018 (rimasta finora sulla carta dopo tre anni): in diverse tra queste ci sono condizioni di vita indegne.” Ben detto, Alfonso. Alla fine anche questo limitato movimento, dove pure vi erano spazi di discussione oltre il mero corporativismo, si è scontrato con la burocrazia comunale.
Qui l’altra sottovalutazione, da parte dei movimenti sociali – nell’impressionante e durevole viscosità della macchina amministrativa e della microfisica degli interessi che la ingolfa, sopra la quale prova a galleggiare la disponibilità al dialogo e al confronto che nessuno può negare alla giunta De Magistris- intravvede un ostacolo il De Vito, ma quello stato dell’alta burocrazia degli Enti Locali, così come accade anche al Governo centrale, è l’espressione privilegiata, in termini di stipendio e prerogative, di un controllo “padronale” sia sulla macchina amministrativa, e sui lavoratori di base ed intermedi di essa, sia sulle velleità della politica governante di provare per davvero a cambiare le cose: questo il vero senso delle riforme che si sono succedute dalla Bassanini del 1997 in poi, formando un ceto proprietario ed inamovibile della macchina amministrativa, ad imitazione dei capi che la Fiat formava nelle sue fabbriche per bloccare ogni riappropriazione da parte dei lavoratori di diritti e soggettività.
Questi moderni Maestri di Palazzo, come i Carolingi coi Merovei all’epoca dell’alto Medioevo franco, sono coloro che, assicurando la continuità amministrativa, dentro i dispositivi di taglio non delle spese, ma delle spese sociali e degli stipendi dei lavoratori subalterni, è culturalmente, prima ancora che per propensione politica- in mezzo a questi dirigenti comunali e metropolitani tantissimi avranno votato De Magistris, o sono stati scelti da lui e dal suo strettissimo collaboratore, il Colonello Auricchio, per gli incarichi affidati- il vero nemico di cambiamenti radicali, e di interpretazioni avanzate, alla luce della nostra Costituzione e dei tempi che mutano, dell’attività amministrativa: tali pratiche, perseguendo la via dell’uguaglianza, e provando ad avvicinare la “buona amministrazione” al buon governo, che evocavo al convegno di Ross@ un anno fa, partendo dal famoso quadro senese “L’allegoria del buon governo”, che il PCI usava come sfondo dei suoi convegni sullo stato delle Autonomie Locali, metterebbero in luce inconfessabili altarini di potere, oltre ad essere eversivi del rigore di bilancio, che è l’ideologia sempiterna di questi Maestri di Palazzo, per come sono stati formati, all’epoca del neoliberismo imperante pure nell’ Accademia.
E qui viene l’altro tema, su cui abbiamo fallito, l’analisi di una questione, che è quella della battaglia per il reddito da far crescere e redistribuire tra i lavoratori, non dando alle battaglie dei preziosi sindacati di base, come Cobas, partendo dalla scuola, ed USB, il respiro che meritano, ben oltre l’economico-corporativo. Basti pensare a quello che dice, denuncia e pratica USB sulle concrete, schifose prassi dell’Azienda Napoletana Mobilità, le quali sono all’origine della sua strutturale crisi, oltre ogni retorica del trasporto pubblico integrato. Le battaglie salariali e rivendicative di chi lavora vanno allargate ed implementate con quelle per lavoro e reddito di chi il reddito non ce l’ha, perché escluso dai meccanismi della produzione sociale attuale, che chiedono lavoro servile e non garantito, od anche da circostanze della vita- le tanti madri single di bimbi e ragazzi, che popolano ormai fortemente il panorama di Napoli, che non è metropoli per numero di abitanti, ma perché dell’antica dimensione metropolitana ha ereditato la capacità di essere sempre al passo coi tempi, in male come in bene (la narrazione artistica, da Renato Carosone a Pino Daniele, ai 99 Posse, fino alla visionarietà di Turturro, e del cinema di Gaetano Di Vaio ed altri ce lo dicono)-.
E battaglia anche per il reddito differito su scuola, trasporti. Diciamoci cosa è il S.I.A., renziano -gentiloniano nella concreta attuazione in questa estate napoletana? Come investe l’INPS ed i Comuni? Chi ne usufruisce per davvero?
E sul trasporto pubblico ci rendiamo conto o no che il suo scorrere vitale, oltre a provare a ricostruire un’aria respirabile, in un realtà metropolitana dove il tumore cresce a bizzeffe, è anche un mezzo di compressione delle spese per chi lavora? Quanti Avvocati impoveriti oggi non possono accettare con facilità incarichi in altri Fori, diversi da Napoli, da quando coi tagli regionali ad EAV, arrivare al Tribunale di Nola è diventato un impegno di un’intera mattinata con la Circumvesuviana, per non parlare della linea ferroviaria che va a S. Maria Capua Vetere o Piedimonte Matese? La battaglia, concreta, di merito, per il trasporto pubblico e funzionante, verificabile, è parte di una mobilitazione ampia, che, nonostante la bella raccolta di firme sulla legge regionale, non si è invece attivata per il reddito garantito, altro che le occasioni di lavoro promesse dal governo, con la vetusta linea neoliberista dello sgocciolamento, trickle and down, che serve solo a regalare sgravi fiscali all’imprenditore!
Ma come si può garantire un trasporto pubblico a misura di utente studente o lavoratore se a presiedere ed amministrare l’ ANM vi sono sempre “tecnici”, anch’essi facenti parte di quella schiatta garantita socialmente dei Maestri di Palazzo di cui parlavo prima? Gente che non ha bisogno della metro tempestiva e prolungata o di attendere sotto il sole senza barriere di questi tempi un bus che chissà quando passera? Sulla gestione di questi comparti delle partecipate napoletane si deve tornare! Invece il movimento sottovalutò anche il siluramento della Presidenza Montalto all’ Acquedotto di Napoli ed oggi è arrivato come salvatore della patria lì il grande imprenditore cooperativo!
La città, continua Alfonso, appare in un momento di stasi, con la sola eccezione del turismo, motivo di orgoglio forse un pò ingenuo dopo gli anni dello shock munnezza, il cui flusso di valorizzazione restituisce però quasi nulla agli interessi pubblici (che neanche si sono organizzati in tal senso) producendone invece diversi effetti distorsivi cui pure accenna (compreso il mercato delle locazioni sempre più drogato dall’offerta alberghiera defiscalizzata e dal finto B&B) (Qui Napoli come Barcellona, la Spagna, la critica al turismo massificato, siamo dentro il dibattito dei tempi…)
Perciò questa retorica e perfino la dicitura della città ribelle mi pare ormai insostenibile e rischia di diventare controproducente (anche per il sindaco stesso che pure ha fiuto e qualità di fenice) quando si scontra con la realtà di un autobus di periferia che non passa mai.
E dice ancora: “impressionante che i circa quattrocento milioni di euro di avanzo non vincolato della Città Metropolitana, puro ossigeno in una realtà come la nostra ma bloccati dalle leggi sul bilancio, non siano diventati uno scandalo permanente nell’agenda setting della pubblica opinione, oggetto di iniziativa politica più continuativa dei movimenti ma anche, su altri terreni, dell’attività politico-istituzionale del Sindaco”.
QUI, DICO IO: LA BATTAGLIA SULL’AVANZO DI BILANCIO DELLA CITTA’ METROPOLITANA E’ POTENZIALMENTE RIUNIFICANTE, UNA BATTAGLIA DI RESTITUZIONE DI UN MINIMO DI AUTONOMIA ALLE PERSONE IN DIFFICOLTA’, PROLETARIE E SOTTOPROLETARIE, MA ANCHE, NON PARADOSSALMENTE, UNA OCCASIONE PER USCIRE DALLA RAPPRESENTAZIONE DEL CONFLITTO SOLO COME ECONOMICO- CORPORATIVO, PERCHE’ PARLANDO DEL REDDITO DISPONIBILE SI PARLA DELLA VITA LIBERATA.
Una mia analisi della fase diversa, meno rassegnata di quella di De Vito, compagno che tanto stimo, mi porta a dire che proprio nelle composizioni sociali frammentate, ma potenzialmente amplissime, come quelle dei lavoratori e subalterni napoletani vi sia da lavorare molto per suscitare insurrezione sociale non velleitaria, ma capace di imporre dal basso la missione quantomeno costituzionale a chi governa a Napoli e nella Città Metropolitana la cosa pubblica.
Ritengo ci siano molte cose su cui interrogarsi, compreso quale sia il blocco sociale effettivo di riferimento di questa esperienza e quali gli effetti degli equilibri politico-amministrativi su cui si regge: davvero tutte le “consorterie” sono rimaste fuori!?
Sulla capacità di sfruttare determinati spazi politici in chiave propulsiva e non auto-perimetrante, anzi condivido con Alfonso l’esigenza di un dibattito pubblico all’altezza. La mia risposta è che bisogna andare oltre l’organizzazione per campagne, non rimanendo statici ad attendere le risposte che De. Ma. darà.
Io credo che partiti della sinistra di classe, I movimenti dell’autorganizzazione, gli intellettuali liberi, ed i movimenti di lotta su casa, ambiente e lavoro/reddito debbano avviare un percorso, senza tatticuccie politicistiche per arrivare alla costruzione di una soggettività stabile radicata nei quartieri fuori dalla cultura dell’esodo che giustamente Alfonso depreca.
Si potrebbe partire da un’assemblea ai primi di settembre, che avvii un percorso di ascolto e ricerca/azione dai territori, percorso lungo, non piegato al calendario di scadenze a breve e che vada avanti con percorsi e dinamiche che, anche quando intreccino le sedi municipali, siano autonome dalle scelte dell’Amministrazione Comunale di Napoli, da Bagnoli ai trasporti, lottando per le nostre soluzioni, orientate alla giustizia sociale ed ambientale quali parametri guida e gradendo il tasso di adesione maggiore ad esse, se ci sarà, in concreto, non a chiacchiere da parte di De. Ma., che altrimenti laicamente, politicamente e con intelligenza criticheremo, continuando la battaglia.
Come dicevano a Soweto, dopo la vittoria dei mozambicani sulla potenza colonizzatrice lusitana:
a luta continùa!
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