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Da Mentana a Formigli: la normalizzazione politico-culturale del fascismo

Proprio ieri, Leonardo Bianchi pubblicava su Vice un opportuno, centrato e illuminante articolo sulla legittimazione del neofascismo attraverso lo sdoganamento culturale mainstream di Casapound, presentata massmediaticamente come faccia pulita di una nuova destra, finalmente compresa nel gioco democratico. Facciamo nostro questo articolo in ogni sua virgola: non si poteva esprimere meglio il significato politico alla base del plateale sdoganamento neofascista (qui il pezzo).

Le tragiche comparsate di Mentana e Formigli demoliscono, forse definitivamente, gli ultimi riferimenti all’antifascismo quale collante costituzionale, un recinto politico fuori dal quale quella legittimità è negata esattamente per conto della democrazia. 

La storiella mandata a memoria e ripetuta dai due mattatori della prima serata (“è la democrazia, attraverso la competizione elettorale, che legittima le forze politiche”) è talmente pretestuosa da confondere i due stessi giornalisti a-fascisti. Ambedue infatti hanno chiarito che non avrebbero partecipato a dibattiti con forze di estrema destra “a destra”(?) di Casapound (riferendosi evidentemente a Forza nuova del cocainomane Castellino).

Eppure, tutte le forze neofasciste come Casapound, da Forza nuova al Fronte nazionale, partecipano alle elezioni. Anche Alba dorata in Grecia, anche i neonazisti in Germania. Le elezioni non rappresentano una forma di legittimazione democratica in regime liberale.

Ma queste cose il Mentana di turno le sa bene. Proprio perché la democrazia liberale si fonda sul formale riconoscimento a-valutativo di chi si candida a rappresentare la popolazione, questa non può legittimare qualcuno delegittimando qualcun altro: sarebbe, in tal modo, una democrazia illiberale. Per dire, le norme costituzionali poste a divieto della ricostituzione del Partito fascista non impedirono, immediatamente dopo la proclamazione della Repubblica, la ricostituzione di fatto del Pnf, tramutato in Msi.

Solo in regimi di democrazia popolare le forze politiche dispongono un alveo di legittimità, esattamente il contrario di quanto si auspica ogni crociato liberale: non dev’esserci legittimità preventiva, è il codice penale a decidere, non la politica.

L’altro inganno retorico attraverso cui viaggia lo sdoganamento neofascista è il costante riferimento alla violenza (“dovete rifiutare la violenza come metodo politico, solo così sarete perfettamente democratici”). Tacendo della contraddizione evidente (ci si può candidare alle elezioni ed essere “violenti”, dunque le elezioni non legittimano alcunché), il concetto di violenza utilizzato apparentemente per incastrare Casapound imbroglia le carte piuttosto che sciogliere dubbi.

Casapound non ha alcun problema a porsi sul piano dell’azione politica non-violenta pubblicamente, perché non è quello il livello problematico del neofascismo. La violenza di Casapound agisce nelle pieghe della militanza politica, non nei cortei di piazza che non ha la forza di organizzare.

Ma, proprio perché nascosta agli occhi dei media mainstream, quel piano è tout court negato, banalizzato, ricondotto allo schema degli “opposti estremismi” secondo cui esiste un livello speculare di pratica violenta che accomuna tanto i fascisti quanto gli antifascisti. Eppure quel recinto di cui sopra, quello sancito provvidenzialmente in Costituzione ma andato progressivamente dileguando, legittima l’uso della forza contro il fascismo, vecchio o nuovo.

C’è una scala di valori, oggi disattivata grazie anche a queste operazioni mediatiche, che pone delle differenze tra fascismo e antifascismo, non solo riguardo alla legittimità, ma anche – e soprattutto – all’agibilità politica. E’ la base del discorso valoriale costruito successivamente alla Liberazione per legittimare la lotta partigiana: quelli definiti dai fascisti come “banditi” erano in realtà militanti politici, ma senza la legittimazione della forza contro il fascismo quei “banditi” sarebbero rimasti banditi. Forse, adeguando i termini, li avrebbero definiti “terroristi”. Poco importa a Mentana, ovviamente: non rischierà mai una coltellata per strada. Meno per chi ancora piange i morti per mano fascista. E non i morti degli anni Settanta: quelli di questi ultimi mesi e anni.

L’imbroglio di Mentana e Formigli è allora smaccato e, per l’appunto, rappresenta la truffa ideologica attraverso cui si nasconde l’operazione politica sostanziale: chiudere l’alveo della legittimazione democratica alle sole forze che riconoscono la democrazia liberale quale orizzonte immodificabile della lotta politica.

Detto altrimenti, i fascisti servono a delegittimare i comunisti. Perché, nell’impianto strategico, il fascismo è ormai definitivamente controllabile in quanto inutile al governo del territorio europeo e della produzione globalizzata, mentre le forze populiste potrebbero sfuggire di mano, virando verso forme di democrazia partecipata inconciliabile con gli assetti ordoliberali europeisti. Mentana e Formigli non hanno alcunché da perdere nell’operazione politica orchestrata da Casapound, anzi: presentandosi come “fuori dagli schemi” non fanno altro che rafforzare la loro posizione mediatica di battitori liberi. Siamo arrivati al punto che la comparsata a Casapound, oltre che sdoganare infami picchiatori, fa pure curriculum.

I due giornalisti sanno benissimo, mica sono così stupidi, che Casapound è un covo di scimmie ammaestrate, un circo di nostalgici tatuati e di hipster repressi che, in definitiva, non conta un cazzo nella società così come nella politica. L’obiettivo è un altro, come detto prima: ricostruire un recinto di legittimità non più incardinato nell’antifascismo, ma sul liberalismo. Un traguardo che val bene una messa neofascista.

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