Contro lo sfruttamento in alternanza
Contro il classismo dei fascisti
Per una scuola inclusiva, solidale e antifascista!
2015. Il governo Renzi e la ministra Fedeli varano la legge 107/15, la cosiddetta Buona Scuola.
Riforma che, in perfetta continuità con le riforme del mondo della scuola emanate da 20 anni a questa parte, porta avanti il progetto di smantellamento dell’istruzione pubblica a favore degli interessi di imprese e mercati. All’interno della legge voluta dal PD è contenuto anche il potenziamento dell’odiato strumento dell’alternanza scuola-lavoro, che prevede 200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici e professionali. Si tratta di ore di lavoro gratuito, non tutelato, senza alcun diritto sindacale, ore di studio o di tempo libero regalate alle aziende, disincentivando tra l’altro le assunzioni di dipendenti regolarmente stipendiati.
Insomma, Renzi e il centro-sinistra in Italia riducono la nostra scuola a un luogo da cui attingere manodopera gratuita, accentuanto il divario tra scuole di serie A, che svolgeranno un’alternanza più consona al percorso formativo, e scuole di serie B, dove l’alternanza scuola-lavoro non sarà altro che essere sfruttati da Mc Donald’s, Zara o da qualche altra azienda in cerca di manodopera a gratis.
Ma adesso facciamo un passo indietro.
1923. Il governo Mussolini emana la “più fascista delle riforme”, la riforma Gentile, che consentiva l’accesso ai livelli superiori dell’istruzione solo a un ristretto numero di giovani: gli studi superiori dovevano essere “aristocratici” ovvero “studi di pochi, dei migliori” e per mantenere “alto il livello di dette scuole” occorreva chiuderle “ai deboli e agli incapaci” (Gentile); dove per migliori si intendevano ovviamente i figli della media-alta borghesia, destinati a diventare la nuova classe dirigente. La scuola fascista era una scuola classista e borghese, precludeva alla gran parte del popolo l’accesso all’istruzione secondaria e all’Università.
Per i fascisti, la scuola rappresentò sin da subito il più efficace strumento per l’organizzazione del consenso di massa, con l’obbiettivo cioè di costruire futuri soldati, uomini ciecamente pronti a “credere, obbedire e combattere”.
Servivano future generazioni che crescessero razziste, sessiste, intolleranti e cattoliche ma soprattutto generazioni che sapessero stare al proprio posto e che evitassero di chiedere più di ciò che avevano.
L’aspetto ideologico non è per nulla secondario. La riforma scolastica del regime fascista fu pensata e strutturata come generatrice di menti compatibili a quel sistema e nello stesso modo la Buona Scuola punta (implicitamente nei termini ma esplicitamente nei fatti) a sottoporre i ragazzi (e in parte ai professori) a un bombardamento ideologico. Da un lato si fa sentire chi vive la scuola “inadeguato” alle esigenze mondo del lavoro, dall’altro, per far fronte a questa presunta inadeguatezza, si incentivano la competizione, la meritocrazia, si spinge interiorizzare la cultura d’impresa e la flessibilità.
Individualismo, competenze e una finta “creatività” (che significa sapersi vendere nel modo più originale e alle condizioni peggiori) diventano elementi imprescindibili per trovare lavoro e rientrare così in quella esigua minoranza privilegiata che ha avuto successo.
Il risultato sono giovani generazioni rassegnate, già abituate a un lavoro precario, flessibile, privo di tutele, scarsamente qualificato quale questo sistema economico pretende. Insomma, esattamente la mano d’opera e la mentalità di cui questo modello aveva bisogno e che si è impegnata ad addestrare.
Nelle nostre scuole oggi ci ritroviamo spesso a dover fare i conti con la propaganda di organizzazioni studentesche neo-fasciste contrarie all’alternanza scuola-lavoro. Non facciamoci ingannare. I fascisti sono sempre stati i giocattoli dei potenti e la scuola che loro vogliono è la scuola delle elites, una scuola dove tutti devono obbedire e saper stare al loro posto.
Noi studenti antifascisti crediamo invece nella scuola come luogo inclusivo, dove vengono appianate tutte le differenze sociali, dove a tutti è permesso di crescere nella cultura, nella formazione e nell’emancipazione, individuale e collettiva.
Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni.
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