In attesa di conoscere l’esito del percorso che potrebbe portare al varo del nuovo governo, vorrei affrontare alcune questioni generali che riguardano il modo in cui – a mio parere – dovremmo affrontare la fase innanzi a noi.
Il Movimento 5 Stelle si propone quale forza di equilibrio del sistema politico. La sua vocazione onnivora, a destra ed a sinistra, lo spinge alla «politica dei due forni», con tutte le insidie che ne derivano. È chiaro che la campagna elettorale di fatto cui assistiamo tra non molto finirà e che il M5S si dovrà cimentare con la questione del governo e con le contraddizioni che si produrranno. Non è possibile, infatti, coniugare gli interessi della piccola e media impresa del nord, la vasta area di disagio del sud e i settori di classe operaia dello stesso centro-nord, senza fare soprattutto i conti con i segnali che le élite economico-finanziarie stanno già inviando, in un quadro internazionale segnato da pesanti tensioni.
È questo il terreno nel quale si deve inserire la nostra azione: per diradare la cortina fumogena che il M5S continuerà a suscitare, volendo attenuare il peso delle predette contraddizioni, bisogna concentrare l’iniziativa su poche questioni cruciali. Servirà certamente del tempo ma la nostra debolezza oggettiva non consente di muoverci in chissà quante direzioni, pena l’inefficacia.
L’esperienza di Potere al Popolo va quindi alimentata e rafforzata. Non si può pensare di creare ogni volta un soggetto e subito dopo averlo creato lavorare perché sia una gamba di qualcos’altro ancora. Poniamoci il problema della percezione delle nostre azioni: frenare questo processo ora, agli occhi di quanti vi hanno genuinamente aderito e in esso credono, sarebbe incomprensibile.
Potere al Popolo è un’esperienza da salvaguardare nella misura in cui esprime un posizionamento politico generale più avanzato delle condizioni storiche della sinistra che lo hanno prodotto. Tornare indietro da Potere al Popolo, per inseguire ad esempio i Varoufakis di turno, sarebbe davvero un errore gravissimo. Questa esperienza va invece rafforzata politicamente, attraverso la definizione di un profilo comprensibile e chiaro su poche e definite questioni.
1) Europa. La questione della sovranità democratica e popolare va declinata in positivo, come recita la nostra Costituzione. La posizione di merito de «La France Insoumise» (piano A e Piano B per intenderci) costituisce un punto di equilibrio fondamentale tra le diverse sensibilità sul tema. Non si può andare avanti invece, in vista dell’appuntamento europeo, con una posizione labile ed aperta a qualsiasi variante pur di fare una lista che si presume mediaticamente appetibile.
2) Lavoro. La lotta alla disoccupazione di massa ed una chiara proposta di sviluppo del Paese a cui si connette il rilancio della questione sociale.
3) La questione della pace e immigrazione
Se Potere al Popolo riteniamo debba proseguire va alimentato e laddove c’è occasione e spazio anche alle amministrative va fatto vivere. Sulle amministrative il nostro partito non può rinunciare ad esprimere un indirizzo chiaro, un conto sono le eccezioni (che in quanto tali non possono che contarsi sulle dita di una mano) altro è dire andiamo caso per caso, situazione per situazione senza dare come priorità la presentazione del simbolo di Potere al Popolo. Un gruppo dirigente ha il compito di dirigere, altrimenti è il caos, la confusione, significa generare ambiguità – come in ottavo municipio a Roma dove una parte dei nostri compagni – prima criticano Pap perché si ritiene più opportuno fare Liberi e Uguali per poi, arrivate le amministrative, lavorare per non fare Pap ma per allargare strumentalmente questa volta alla nostra «sinistra»: un allargamento che non si è neanche concretizzato in questo caso. In questo modo ne va della credibilità del nostro partito, che si vede anche indebolito nei contesti in cui avrebbe invece tutte le ragioni per salvaguardare il lavoro politico pregresso.
Il tempo è fondamentale per recuperare la distanza abissale tra la sinistra e il mondo reale. E ce ne vorrà molto. Se l’evoluzione di Pap punta all’obiettivo di offrire ai subalterni una proposta embrionale, aperta ma definita nei contorni ed in grado di rimettere in moto un processo positivo tra spontaneità e coscienza organizzata, allora si va nella direzione giusta. Se invece è concepito come l’ennesimo autobus elettorale che ha esaurito la sua funzione credo si compia un grave errore. Questa è una discussione che va affrontata e chiusa presto.
*membro della Direzione nazionale del Prc. Intervento alla Direzione dell’8 aprile
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