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Oltre il corteo del 16 giugno

Dopo circa 48 ore dalla riuscita manifestazione contro “le disuguaglianze sociali” svoltasi a Roma sabato 16 giugno, proviamo ad incardinare alcuni punti politici e programmatici di discussione che – a nostro parere – torneranno utili nelle prossime settimane a ridosso dell’esemplificarsi dell’azione del governo Conte e del complesso degli snodi che derivano dall’agire di questo “particolare” esecutivo.

La manifestazione del 16/6 – la prima dopo le elezioni del 4 marzo – era inizialmente stata concepita dalla Federazione del Sociale dell’Unione Sindacale di Base come una occasione per rilanciare, al nuovo Parlamento, gli obiettivi di lotta che, da tempo, particolarmente nelle aree metropolitane del paese, provano ad innescare conflitto e forme di organizzazione territoriale attorno ai temi del diritto all’abitare, del reddito e delle infinite forme di preacrietà e svalorizzazione della forza lavoro.

L’evoluzione, poi, della crisi istituzionale e l’ingresso nell’agenda politica dei diktat dell’Unione Europea (dalla lievitazione artefatta degli spread al terrorismo finanziario delle agenzie di rating fino al protagonismo autoritario di Mattarella), il profilarsi della soluzione Cottarelli fino al varo del governo Conte/Salvini/Di Maio hanno modificato il senso e l’obiettivo dell’indizione del corteo che è andato assumendo, progressivamente, un profilo più “squisitamente politico” contro l’insieme dei contenuti antisociali di questa compagine e del suo “programma/contratto”.

Inoltre l’assassinio a San Ferdinando, in Calabria, del giovane Soumalia Sacko, attivista dell’USB, impegnato nel difficile e pericoloso lavoro di sindacalizzazione ed organizzazione del proletariato immigrato/bracciantile e la vicenda della nave Acquarius lasciata, per giorni, alla deriva nel Mediterraneo a fronte della chiusura dei porti, hanno aggiunto sdegno, rabbia e voglia di protagonismo a questo appuntamento di mobilitazione.

Ventimila persone, da ogni parte d’Italia, che in un sabato di giugno riempiono le strade di Roma, senza sponsor ed apparati consolidati alle spalle.

Ventimila persone che sopportano il parossistico, provocatorio, e per molti aspetti ridicolo, dispositivo di “controllo” da parte degli apparati repressivi dello stato (manifestatosi già durante l’era Minniti).

Lavoratori italiani, lavoratori immigrati che faticano nelle campagne e nei magazzini della logistica, occupanti di case e comitati ambientalisti e, poi, reti sociali di varia natura, organizzazioni comuniste ed un enorme e significativo spezzone di corteo di Potere al Popolo sono stati una bella ed interessante composizione politica e sociale, in forma meticcia e plurigenerazionale, che ha innervato la manifestazione del 16 giugno con buona pace della collaudata congiura del silenzio che l’intero sistema della comunicazione deviante ha messo in atto per oscurare i contenuti ed i protagonisti, in carne ed ossa, di questa mobilitazione.

Alcuni nodi per il dibattito ed il confronto militante nel prossimo periodo.

Sulla natura e sulle prospettive del governo Conte, come Rete dei Comunisti, abbiamo scritto, nei giorni scorsi, una prima nota di analisi a cui rinviamo http://www.retedeicomunisti.org/index.php/interventi/2061-governo-conte-quali-novita-e-quali-problemi-per-la-costruzione-di-una-opposizione-politica-e-sociale-adeguata-alla-nuova-fase.

Ora, all’indomani della manifestazione del 16 giugno, vogliamo enucleare alcuni punti fermi su cui avanziamo – in ogni ambito politico, sociale e sindacale – una modalità di confronto e una possibile spinta a nuove soglie di unità politica con l’obiettivo di contribuire a costruire una adeguata opposizione al Governo Conte, alla più generale offensiva dei poteri forti economici e finanziari e all’insieme della borghesia continentale europea:

Lo striscione di Potere al Popolo. Foto di Patrizia Cortellessa

a) L’esito delle elezioni ma, soprattutto la storia e gli eventi degli ultimi anni, hanno, definitivamente, mostrato il tramonto e la vera e propria bancarotta politica della “sinistra italiana/europea” la quale, in tutte le sue versioni, oltre ad essersi compatibilizzata ed integrata agli interessi del capitalismo ha sposato l’intera filosofia dell’austerity e delle draconiane misure che si sono riversate sui settori popolari della società. Tale “sinistra”, come sta accadendo strumentalmente in questi giorni, torna ad agitarsi (paventando il “fascismo alle porte”)è sempre più parte di quelle elites con le quali, attraverso il voto o con atti di aperta ostilità sociale, i ceti popolari hanno deciso di rompere. La definizione e la costruzione di un blocco sociale popolare deve fare a meno di questi soggetti, delle loro nefaste politiche e deve collocarsi, apertamente, in una prospettiva – storica ed immediata – in cui il tema e l’idea/forza della “rottura/cambiamento” sia presente e, strettamente, connesso ed articolato al conflitto ed alla lotta qui ed ora;

b) Lo svolgimento della “crisi istituzionale” italiana (che presenta elementi di assonanza a ciò che, come Organizzazione Comunista, sul piano dell’analisi internazionale, abbiamo definito la nuova fase strategica del capitale) e l’intero dibattito pubblico hanno mostrato, anche ai ciechi, che l’Unione Europea e tutti i suoi Trattati sono il moloch che incombe pervasivamente su ogni processo politico. Non c’è tema o questione, di ogni ordine e grado, che non richiami o sia riconducibile, direttamente o indirettamente, a Bruxelles. La tentacolare morsa della UE e dell’Euro sono dispositivi autoritari ed antidemocratici da cui occorre liberarsi. Non può darsi – a nostro parere – un movimento sociale, popolare e progressista che eviti di porre al centro della sua iniziativa (perfino sul versante istituzionale) l’obiettivo della rottura della gabbia dell’UE e l’avvio, anche in forme spurie e sperimentali, di rapporti e nuove relazioni culturali, economiche e politiche con gli altri popoli che pagano il pesante prezzo antisociale dell’azione di Bruxelles e Francoforte. E’ urgente un approccio internazionale ed internazionalista alla lotta contro l’Unione Europea e il primo passo di questo percorso deve configurarsi e delinearsi nell’area del Euro/mediterranea, tra i popoli delle due sponde di questo mare e deve affasciare quanti, popoli, nazionalità e paesi, sono strangolati dalle politiche predatorie, squilibratici e militariste del polo imperialista europeo;

c) La ripresa delle lotte, il lungo e paziente lavorio di contatto e riunificazione dei diversi segmenti della classe (oggi disorientati, frammentati e, spesso, contrapposti tra loro come reazione oggettiva alla crisi capitalistica ma anche come risultato concreto della lunga azione collaborazionista della “sinistra” e dei sindacati complici) necessita di strumenti, modalità di relazione e di percorsi tattici complessi e, persino, inediti. In questa dimensione non è più tollerabile che si mantengano elementi di ambiguità nei confronti di Cgil, Cisl e Uil. I sindacati complici sono parte del problema da cui occorre emanciparsi e liberarsi costruendo quel sindacato, modernamente confederale, meticcio, metropolitano ed internazionalista in grado di agire lungo tutta l’intera “catena del valore”. Attardarsi in snervanti “battaglie interne” a questi involucri serve esclusivamente a mortificare e rendere impotenti – politicamente e sindacalmente – quei delegati ed attivisti che ancora si illudono di poter invertire la degenerazione di un corso politico che è giunto, non da ora, al suo punto di maturazione teorica, politica ed organizzativa.

Questi sintetici punti di riflessione sono elementi di discussione che socializziamo ai comunisti, agli attivisti tutti per valorizzare, al meglio, la disponibilità alla mobilitazione ed alla lotta che si è rappresentata nella piazza romana del 16 giugno e che, crediamo, debba ulteriormente lievitare e crescere nei prossimi mesi.

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