Ieri su LA7 hanno dato il solito sondaggio settimanale di SWG. Potere al Popolo! cresce ancora, superando Liberi&Uguali e diventando la principale forza a sinistra del PD.
Come ho detto già altre mille volte, questi sondaggi valgono poco (campione irrisorio, troppi indecisi, elezioni lontane, noi troppo bassi perché la misurazione sia precisa…).
Inoltre non dobbiamo misurare MAI il nostro stato di salute con i sondaggi, ma sul numero di militanti, di sedi, di capacità di intervento, di coscienza che attivi nelle masse etc.
Però quello che mi interessa di ieri è che siamo usciti su una televisione nazionale come realtà in crescita e dinamica, e milioni di persone ne stanno prendendo atto.
Quello che mi ha fatto piacere è che psicologicamente si è rotta l’idea che il partito a destra è sempre quello più grosso e che va inseguito. Stiamo dimostrando che si cresce proprio perché non si insegue un ceto politico ormai bollito (e quanti, provenienti dalla “vecchia sinistra”, da rinomati giornali, dicevano che Potere al Popolo! si doveva sciogliere dopo il 4 marzo per aprire un dialogo con LeU! E noi eravamo “gli arroganti” e “i settari” solo perché non ascoltavamo questi esperti di fallimenti…).
Quello che mi fa piacere è che questa crescita (che fotografano tutti i sondaggi, non solo SWG), non viene da qualche “assist” mediatico, da qualche “operazione a tavolino”, come ormai fanno i gruppi di potere che creano personaggi da un giorno all’altro, ma avviene in un contesto difficile, grazie al lavoro militante che ci sta facendo conoscere per quello che siamo e facciamo – non per quello che proclamiamo.
Quello che mi fa piacere, da “socialista scientifico” quale tento di essere, è che stiamo verificando empiricamente alcune ipotesi di lavoro che la base dei pariti e dei movimenti sociali suggeriva da anni, ma che i partiti non erano in grado di fare perché ipnotizzati dal gioco elettorale, dal “breve termine”, dalla riproduzione del loro apparato.
1. Ritornare sui territori paga;
2. Mettersi al servizio, essere percepiti come utili, il mutualismo, paga;
3. Scagare il dibattito politico delle “sinistra”, ormai sempre più autoreferenziale, per concentrarsi pragmaticamente su problemi e soluzioni, paga;
4. Mettere davanti delle facce giovani e pulite, determinate e autentiche, paga;
5. Non sciogliere i progetti il giorno dopo del voto, ma costruire un’organizzazione, ragionare sul medio-lungo periodo e non vanificare gli sforzi dei militanti, paga;
6. Essere coerenti e trasparenti, non prendere in giro le persone, paga.
Queste sono le cose che i militanti di sinistra e delle realtà popolari chiedevano da tempo. Appena si è iniziati un poco a praticarle – e dico “un poco”, perché dobbiamo fare molto meglio, molto di più! – si sono visti risultati inimmaginabili fino a pochi mesi fa (da anni infatti si era persa ogni traccia della sinistra radicale su media e giornali).
Conclusione da trarre: DOBBIAMO CONTINUARE COSI’, migliorando qualitativamente e quantitativamente. Consolidiamoci attraverso il campeggio del 23-26 agosto a Marina di Grosseto, con la campagna di adesioni, scrivendo insieme un nuovo statuto, eleggendo un nuovo Coordinamento Nazionale finalmente democratico e che superi l’emergenza e i promotori, per creare un’identità collettiva.
E poi durante l’autunno facciamoci sentire con forza, caratterizziamoci in modo netto su 3-4 punti su cui battiamo ossessivamente, a partire dal tema del lavoro e della redistribuzione della ricchezza. Non dobbiamo più essere visti come il “partitino dell’estrema sinistra”, che dice tante cose giuste ma utopiche, ma come movimento popolare che chiede 3-4 cose precise e sa come prenderle e cosa farsene.
Non sarà facile. Serve tutta la nostra intelligenza, entusiasmo, disciplina, anche affetto reciproco. Serve vigilare su chi può mettere le mani su questo processo e bloccarlo, cambiarne il senso, svilirlo…
Per il momento spero solo che i media – che hanno per mesi pompato quel flop di Casa Pound, che hanno pompato quel flop di Liberi&Uguali, che ancora ieri escono, sul Fatto e sull’Espresso, con due dossier sui “volti nuovi” della sinistra in cui riescono a far scomparire del tutto Potere al Popolo!, prendano atto di questa mutata situazione.
So che vi duole, perché duole far vedere i comunisti nell’Italia del 2018, ma fateci questo piacere perché noi abbiamo bisogno di arrivare alle masse, di far vedere che esiste una strada che passa per la lotta di classe e la redistribuzione della ricchezza, che abbiamo soluzioni concrete e praticabili, che questo paese solo così si può salvare, grazie
PS: a proposito degli opportunisti che si erano fatti vedere sotto elezioni perché sai mai che si faceva il risultato, poi sono scomparsi nel momento più difficile, persino attaccandoci, e dopo ieri di nuovo hanno ricominciato a fare le facce belle, quasi intestandosi il risultato… diffidiamo di loro! Applausi invece a chi ci ha sempre creduto, e dopo il 4 marzo ci ha messo ancora più cuore: nulla sarà dimenticato!
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Franco Astengo
Mi permetto lasciare questo commento considerato che inviato l’intervento regolarmente alla redazione ma non è stato pubblicato. Grazie per la vostra attenzione
In questi giorni sono stati resi pubblici da alcuni istituti specializzati i sondaggi elettorali riferiti al mese di luglio 2018: Potere al Popolo fa registrare una sicura crescita, attestandosi attorno al 2% e, in qualche caso, si registrano anche percentuali superiori.
Intanto appare evidente il calo di LeU che si trova più o meno appaiato a PaP, almeno nelle intenzioni virtuali di voto.
Su questi dati è apparso su “Contropiano” un commento di Salvatore Prinzi, commento dal quale traggo due punti a mio giudizio meritevoli di attenzione.
Il primo (in conclusione): La nostra vita, i nostri valori, i nostri bisogni hanno bisogno di un’altra politica!
Nulla di più condivisibile, almeno come sola chiosa possibile da parte di chi scrive queste brevi note.
Il secondo punto riguarda LeU:” Che infatti stanno per esempio portando LeU a fare ancora più schifo di quanto già facessero D’Alema e compagnia bella”.
Per entrare nel merito della prospettiva che si apre mi permetto allora tre elementi di premessa:
1) L’analisi del voto del 4 marzo 2018 aveva ben dimostrato come “Potere al Popolo” potesse considerarsi come forza in ascesa e LeU come forza declinante;
2) E’ necessario ricordare, però, che entrambe le formazioni esistono ancora come cartelli elettorali formati da diversi soggetti autonomi fra di loro (soggetti tra l’altro fortemente strutturati: penso da un lato a PCI e RC e dall’altro a SI) e non come soggettività autonome provviste di una propria identità;
3) Entrambi i cartelli sono stati presentati alle elezioni del 4 marzo 2018 come frutto di una diversa impostazione ma comunque derivanti dalla stessa matrice: quella dell’assemblea del Brancaccio, nel corso della quale fu sviluppato un tentativo unitario a sinistra, poi purtroppo non realizzatosi per diverse ragioni che non ho qui lo spazio sufficiente per analizzare a fondo.
Affermo subito che, nell’analisi di Prinzi, non mi sono piaciute due cose: l’affermazione “ancora più schifo …” di chiaro stampo M5S. Attenzione a non innestare un gioco di demonizzazione e di svilimento usando un linguaggio del tutto inopportuno che, alla fine, si può rivelare distruttivo per tutti e l’aver ignorato – appunto – la natura composita dell’alleanza che ha dato vita a “Potere al Popolo” attribuendo – probabilmente – alla disponibilità della sigla una sorta di automatico potere egemonico.
Di tutto abbiamo bisogno meno che della propaganda urlata.
Oggi che la crisi della democrazia sta raggiungendo punte – se possibile – ancora più acute rispetto a due anni or sono quando il voto popolare respinse il tentativo del PD di deformare la Costituzione Repubblicana, si riprestano per intero i temi della difesa della democrazia, dell’opposizione e dell’alternativa.
Il tema centrale è sicuramente questo: quale rappresentanza politica per l’opposizione che necessariamente dovrà porsi sul terreno della difesa della democrazia costituzionale in nome degli elementi più radicali di eguaglianza, di solidarietà, e di democrazia parlamentare che il testo del 1948 contiene?
Senza utilizzare banalmente la retorica dell’unità a sinistra appare necessario e indispensabile avviare un percorso di costruzione di soggettività che nessuno può considerare come esaurito nella propria identità, tanto più che questa oggettivamente si presenta come provvisoria e precaria.
Da considerare ancora due elementi per fare chiarezza:
1) Non è possibile riesumare la prospettiva del centro sinistra che non esiste proprio più nella prospettiva della vicenda politica italiana;
2) Il tema delle alleanze, in un quadro politico caratterizzato da un’estrema mobilità, potrà essere sollevato quando autonomia e identità del soggetto della sinistra potranno considerarsi se non acquisite almeno consolidate.
Sotto quest’aspetto si pone, sul piano dei contenuti, una grande questione: quella dell’inveramento programmatico (e nell’azione politica) della necessità d’immediatezza nella risposta ai bisogni emergenti da parte dei soggetti maggiormente esposti alla ferocia di questo ciclo capitalistico in atto e alla reviviscenza di una vera e propria barbarie culturale e sociale cui stiamo dolorosamente assistendo.
La stessa vicenda europea, apparentemente così divisiva a questo livello, non può che essere considerata proprio all’interno del quadro che si è cercato di descrivere d’intensificazione dello sfruttamento e della sopraffazione in dimensioni ben più allargate di quella che abbiamo storicamente considerato come “contraddizione Principale”.
Non mi pare ci sia, a sinistra, una grande volontà d’incontro su questo terreno e certe affermazioni un po’ avventate sicuramente non aiutano, soprattutto nel cercare di stabilire condizioni politiche adatte a fare crescere una ricerca posta sul piano dell’articolazione nella ricerca dell’unione del consenso.
Certo siamo lontani dal concetto gramsciano di egemonia:” il potere è basato sulla presenza contemporanea di forza e consenso: se prevale l’elemento della forza si ha dominio; se prevale il consenso si ha l’egemonia. L’egemonia, per Gramsci, è un’espressione di potere basata essenzialmente sul consenso, ossia sulla capacità di guadagnare, tramite la persuasione, l’adesione ad un determinato progetto politico e culturale”. Franco Astengo