Da alcune settimane nell’area napoletana è in corso un interessante processo di connessione sociale tra varie vertenze che, a vario titolo, afferiscono a comparti di lavoratori che vantano un “rapporto occupazionale” con enti locali, pubblica amministrazione e settori in via di crescente esternalizzazione.
Lavoratori Socialmente Utili, Ex LSU ATA, addetti ai Consorzi Unici di Bacino, ai progetti APU, disoccupati di lungo periodo sono queste le “categorie” che si stanno ritrovando nella piazza napoletana con l’obiettivo di costruire una Vertenza verso le amministrazioni comunali, la Regione Campania ed il Ministero del Lavoro.
Nell’ultimo mese si sono svolte due grandi manifestazioni (la prima è riuscita anche a strappare un incontro con il Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio) che per numero dei partecipanti, composizione sociale e qualità degli obiettivi sta configurando una positività novità sul versante della ripresa delle lotte sociali a scala metropolitana.
Superamento della precarietà, sblocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, garanzia di un reddito sono le parole d’ordine unificanti che stanno agglutinando questo nuovo tentativo di ripartenza di una lotta/vertenza generale.
Per anni i processi di ristrutturazione della Pubblica Amministrazione, di tagli di risorse ai Comuni ed alla finanza locale, di privatizzazione dei servizi e, più compiutamente, di applicazione delle politiche di austerity hanno causato non solo il blocco delle assunzioni e del turn over ma hanno determinato – soprattutto – la creazione di “sacche” di lavoratori sottopagati e spesso privi di diritti.
Migliaia di donne ed uomini ostaggi delle “cooperative amiche” e del Terzo Settore e, costantemente, in balia di “rinnovi di convenzioni, di progetti e di protocolli” da elemosinare a questo ed a quel governo. Un autentico girone infernale di richieste, di presunte concessioni, di pratiche affaristiche e clientelari le quali hanno costruito le fortune politiche, ed anche economiche, di pezzi del sistema politico, del ceto di comando amministrativo ed, in molti casi, di settori della criminalità organizzata che è pienamente agente ed integrata nel ciclo economico.
Un micidiale processo di disarticolazione e di frammentazione dell’unità politica e materiale di questo settore del mondo del lavoro che rispecchia fedelmente i desiderata del “nuovo modello della pubblica amministrazione, del sistema dei servizi e della gestione del mercato del lavoro” adeguato alle esigenze dell’Azienda/Italia nel proscenio della accresciuta competizione globale internazionale e della funzione imperialistica dell’Unione Europea.
E’ evidente, quindi, che, per quanto sia ancora in una fase di accumulo di forze e di definizione programmatica ed organizzativa, l’esperimento sociale in atto nella metropoli partenopea è degno di attenzione e di ricevere l’adeguato sostegno politico ben oltre il “terreno sindacale”.
Certo, almeno formalmente, le “aperture al dialogo” di Giggino Di Maio sembrano alludere ad un ambito di nuove e più avanzate forme di relazioni sindacali (dopo gli anni della blindatura autoritaria gestita dal collaborazionismo Cgil, Cisl e Uil) ma – come stanno a dimostrare gli eventi di questi ultimi giorni – non c’è una consequenzialità politica e materiale a questo tipo di “aperture”. Da qui la necessità di rafforzare la mobilitazione, strutturarla nei posti di lavoro e sui territori e di dotarla di quella necessaria autonomia ed indipendenza che è – come sempre – l’unico antidoto politico a qualsiasi tentativo di “svuotamento o di sussunzione delle lotte”
L’impegno delle strutture dell’Unione Sindacale di Base e, più specificatamente, della Federazione del Sociale la quale – in questo contesto – sta favorendo un sinergico sforzo di strutture di pubblico impiego, di lavoro privato e della nuove forme dello sfruttamento contro le privatizzazioni, le esternalizzazioni, l’abbattimento dei diritti sociali e per la reinternalizzazione di tutti i settori di questo “universo lavorativo” a pari condizione di lavoro e di salario è un buon viatico per aprire una rinnovata stagione di lotte e conflitti.
Che tutto ciò stia iniziando a configurarsi a Napoli dove – come dimostrato anche dall’ultimo Rapporto Censis – gli indicatori statistici registrano l’aumento della disoccupazione, delle mille forme di precarietà e di lavoro malsano e sottopagato, dove non accenna a diminuire la “fuga dal territorio” verso il Nord Italia e i paesi forti dell’Unione Europea e, più in generale, in un Sud Italia che anche alle ultime elezioni si è, fortemente, espresso per una rottura politica del vecchio status quo politico ed istituzionale è un segnale che dobbiamo cogliere, interpretare e valorizzare.
* Rete dei Comunisti
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