Muore la vedova di Gianni Agnelli e Repubblica la saluta come un’eroina dedicandole una mezza dozzina di articoli e l’apertura dell’edizione online.
Ora io mi ricordo, una vita fa, quando da giornalista sindacalista seguivo le trattative del contratto dei metalmeccanici.
Ricordo gli emissari degli Agnelli che arrivavano al Ministero del Lavoro con le liste della gente da licenziare o da mettere in cassa integrazione.
Ricordo le nottate insieme agli operai che guardavano nel vuoto verso un non futuro.
E ricordo i ministri che foraggiavano la Fiat per scongiurare i minacciati licenziamenti.
Ora, vedere un quotidiano che si definisce democratico e progressista osannare la bella vita, i viaggi, lo stile di una donna che ha potuto permettersi tutta questa roba grazie ai salari da fame di migliaia di metalmeccanici mi fa un po’ senso.
E mi fa anche capire come la parte sedicente “progressista” dell’Italia, che Repubblica dice di rappresentare, sia ormai ben lontana dell’universo dei lavoratori che la vera sinistra si ostina eroicamente ancora a difendere.
Poi leggo il cognome della signora Agnelli, quello vero che è Caracciolo, e mi viene in mente l’elenco dei nomi del cda di Repubblica. E mi rendo conto che ho scritto un post inutile.
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Luciano Mosca
Non è affatto un post inutile, anzi. Anche un grido nel deserto, di questi tempi, è meglio del silenzio assoluto. Grazie.