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Guida galattica alle elezioni ascolane

Le elezioni amministrative sono spesso il trionfo dello strapaesano, del kitsch applicato alla pseudopolitica, specie là dove le dimensioni della popolazione garantiscono una certa omogeneità sociale. Residua, rispetto al piano nazionale, ma ancora pervicacemente “sentita” dai residenti.

La provincia italiana è vasta, non tentacolare ma polipesca, nel suo trattenere anche i sussulti migliori.

Questa disamina impietosa della situazione di Ascoli Piceno, secondo noi, sfiora i vertici della letteratura possibile in questo paese. All’incrocio tra amore e schifo…

Vi invitiamo ad unirvi al nostro applauso!

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A leggere sulle cronache locali le alterne vicende che stanno accompagnando la città di Ascoli verso le elezioni comunali di maggio, c’è da rimanere sgomenti. O forse da ridere a crepapelle, dipende dai gusti.

Dunque, dopo dieci anni di dominio incontrastato, il sindaco uscente Guido Castelli molla gli ormeggi e punta tutto sulle elezioni regionali del 2020: se riuscirà a strappare la candidatura alle presidenza, la sua sembra una vittoria già scritta, visto che il centrosinistra al governo più o meno da sempre non sembra in grado di vincere ancora una volta. Certo, manca ancora un anno – e di questi tempi parliamo di un’eternità –, ma i casini combinati da Ceriscioli e dalla sua giunta sono troppo palesi per poter anche solo sperare nella benevolenza degli elettori.

Dunque, Castelli molla Ascoli e, a sentire i soliti bene informati, il nuovo candidato della destra l’avrebbe sostanzialmente scelto lui, in accordo con i mitologici «vertici romani» (categoria metafisica che periodicamente si palesa nei dibattiti sulle candidature ascolane, e io proprio me li immagino Berlusconi, Salvini e Meloni a sbattere la testa contro un muro perché non riescono a trovare una soluzione per Ascoli. Voi no?). Si tratta di Marco Fioravanti, detto «Lu Benz», esponente di Fratelli d’Italia e presidente uscente del consiglio comunale. Il problema è che Fioravanti già un anno fa venne candidato dalla coalizione al collegio uninominale delle politiche e, in maniera abbastanza rocambolesca, riuscì ad arrivare secondo dietro a uno del Movimento Cinque Stelle di cui già si son perse le tracce. Non proprio un cavallo di razza, dunque.

I «vecchi» del centrodestra ascolano sanno bene che Fioravanti non è esattamente un campione e allora, da quando il suo nome è stato annunciato (in maniera in verità un po’ dimessa) la settimana scorsa, hanno cominciato a tramare (le trame non mancano mai in storie del genere, e uno si immagina enclavi di incappucciati che bisbigliano in una grotta illuminata solo da candele, e invece si tratta per lo più di grandi cacio e pepe, bicchieroni di vino rosso, rutto libero ed elucubrazioni più o meno alcoliche).

C’è l’ex sindaco – pure lui governò dieci anni la città prima di Castelli – e attuale consigliere regionale Piero Celani, di Forza Italia, che vorrebbe tanto candidarsi. Lo dice da almeno un paio d’anni ma soltanto negli ultimi mesi qualcuno ha cominciato a prenderlo sul serio. Sulla carta lui avrebbe un pacco di voti personali, ma di questi tempi non si sa mai davvero quanto funzionino ancora le vecchie clientele.

Comunque, è possibile che Celani andrà a spaccare il centrodestra e faccia una lista da solo, con l’appoggio di alcuni assessori uscenti, anche loro dotati di grandi pacchetti di preferenze. Le trattative, si dice, sono molto serrate e sullo sfondo ci sono sempre le regionali dell’anno prossimo: l’abbiamo detto, il centrodestra è sicuro di vincere e quindi in molti sperano di pescare il biglietto vincente (almeno) per un posto in consiglio regionale.

Tra questi pare ci sia Andrea Maria Antonini, ex Msi, ex An e adesso leader della Lega. Forte di un trend nazionale molto favorevole al suo partito, per qualche tempo è sembrato potesse essere lui il nome giusto, e invece alla fine non se n’è fatto niente.

Dopo aver occupato per settimane le pagine dei giornali con giudizi anche molto duri sui suoi avversari, adesso Antonini tace; probabilmente aspetta di capire cosa accadrà e non bisogna dimenticare, appunto, che nel 2020 ci sono le regionali e magari, pensa lui, evitare di rompere troppo le scatole potrebbe essere un atteggiamento che pagherà. Per ora a suo sostegno si sono espressi solo quelli di Casapound, che vorrebbero un vero «fronte sovranista» per Ascoli, e questa è la nota di colore.

[L’ho già detto che nel 2020 ci sono le regionali e la destra pensa che farà il pieno? No, perché magari non è chiaro]

Il Movimento Cinque Stelle, che in città è più o meno un fantasma, candida lo stesso tizio che cinque anni fa prese tipo l’otto percento, la metà dei voti che il suo schieramento, lo stesso giorno, prese alle Europee. Difficilmente le cose andranno meglio stavolta, e quindi non vale la pena spenderci più di tante parole.

Poi magari mi sbaglio e cinque stelle appariranno ad illuminare il cielo sopra Ascoli ma, insomma, permettetemi di avere qualche dubbio.
Il centrosinistra tradizionalmente vive le elezioni ascolane come una battaglia persa in partenza: nessuno dei cosiddetti big vuole candidarsi e allora ogni volta gli sherpa vanno alla ricerca di un «papa straniero», un volto auspicabilmente presentabile, un «serio professionista» come si dice, che, in un’eterna riedizione di un’idea nel resto d’Italia abortita qualche anno fa, prenda i voti dei mitici moderati.

A ‘sto giro il non molto ambito ruolo di kamikaze elettorale è toccato in sorte a Pietro Frenquellucci, già assessore socialdemocratico negli anni ’80, assistente parlamentare vicino a Forza Italia negli anni ’90 e più recentemente giornalista in una carriera che l’ha infine portato a fare il capopagina dell’edizione ascolana del Messaggero (che sotto la sua gestione cessò le sue pubblicazioni da queste parti, ma questo non è colpa sua). L’ala sinistra del Pd avrebbe un altro nome, che pure non sarebbe male, il cardiologo Emidio Nardini. Ma sempre che il problema è lo stesso, il solito personaggio preso da fuori perché nel partito nessuno vuole accollarsi la pratica.

Il centrosinistra, in sintesi, potrebbe pure presentarsi spaccato, compromettendo così da subito le già scarse possibilità di vincere.
In tutto questo c’è un’altra voce che gira e rigira: il Pd, alla fine della fiera, potrebbe appoggiare in maniera più o meno occulta Piero Celani. Contatti in questo senso ci sarebbero da tempo e certo è che il nome di Frenquellucci non scalda il cuore a nessuno, mentre quello di Nardini non è mai stato preso davvero in considerazione dalla maggioranza del partito.

Ma davvero allora punteranno su Celani, magari al ballottaggio a cui probabilmente manco arriveranno? Non si sa, però bisogna ammettere che il Pd ha soltanto detto che candiderà Frenquellucci, mica che lo farà votare.

Quindi? Bella domanda. Io mi chiedo se sia possibile per delle elezioni finire zero a zero.

A parte gli scherzi, l’ipotesi di chiedere asilo politico al Senegal non andrebbe scartata a priori.

Perché il consolato onorario vicino a piazza del Popolo c’è ancora, vero?

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