Tutto questo mentre la città aspetta il responso per lunedì del comitato dei garanti che si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum contro i fondi pubblici alle scuole confessionali, chiesto dal comitato Articolo 33. Un comitato che raggruppa diverse associazioni e sindacati (Cgil e Usb) che mettono al centro la scuola pubblica http://referendum.articolo33.org/. Dal documento del comitato: ”
La mossa del sindaco, dare un milione di euro alle scuole private, serve a dribblare la campagna referendaria e il suo possibile esisto positivo a favore del pubblico a scapito del privato. La Curia. per bocca del vicario generale dell’Arcidiocesi, mons. Giovanni Silvagni, si è detta preoccupata dal pericoloso referendum: «Se si potesse evitare di arrivare a questo scontro sarebbe meglio, bisogna evitare la guerra tra poveri, e oggi siamo tutti poveri. Una questione così delicata si rischia che venga appiattita e banalizzata all’interno di un quadro ideologico».
Peccato che questa presunta battaglia tra poveri sia in realtà una guerra tra la ricca borghesia bolognese e i settori popolari. Abbiamo poteri che, oltre a detenere il monopolio economico sociale della città, vogliono pure far pagare ai settori popolari le spese scolastiche dei loro figli. Siamo al completo rovesciamento del dettato costituzionale. Oggi i soggetti che parlano di “guerra tra poveri” rispetto alla contrapposizione tra scuole pubbliche e private sono gli stessi che permettono e avallano le campagne di criminalizzazione dell’esclusione sociale. Sono i loro stessi giornali che parlano di presunte facilitazioni per gli immigrati per l’assegnazione delle case popolari, o presentano i disoccupati più o meno giovani come fannulloni, in questo caso – sì – creando una pericolosissima contrapposizione dentro gli stessi settori popolari.
Il possibile referendum di Bologna sui finanziamenti alle scuole private assume una connotazione immediatamente nazionale, contrapponendo ancora una volta i promotori del bene comune contro i difensori degli interessi privati, cosi come è avvenuto per quanto riguarda il nucleare e l’acqua. Dopo tanti anni pubblico è bello e privato è brutto, ed è questo il lascito più importante dell’ultima tornata referendaria, al di là delle contraddizioni e delle scappatoie che le diverse amministrazioni nazionali o locali proveranno a mettere in atto per facilitare comunque le scelte di privatizzazione. Questo spaventa chi a Bologna vede il referendum come un ennesima dimostrazione di partecipazione e garanzie popolari.
I settori politici che sostengono apertamente il referendum sono in parte dentro il consiglio comune (Sel, IdV, Grillini) e fuori (FdS, i gruppi e movimenti della sinistra indipendente come il Mas e l’Associazione per la sinistra). Il PD è al solito diviso e, cosi come per i referendum nazionali, sta subendo la stessa spinta sul piano locale, dovendo tutelare gli interessi della Curia e di quei settori della borghesia bolognese che direttamente o indirettamente appoggiano il governo locale cittadino.
Se l’esito del comitato dei garanti sarà positivo, la campagna referendaria per la scuola pubblica sarà un ottima occasione per riaffermare in modo deciso una idea di Bologna bene comune, e dentro questo contesto potrà giocare un ruolo non secondario quella sinistra indipendente e quelle forze sociali che non hanno mai ceduto alle sirene delle privatizzazioni e dei compromessi politicisti, mettendo sempre al centro gli interessi popolari.
23 giugno 2011
Redazione Contropiano, Bologna
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