Menu

Sulla tragedia del ragazzo morto alla Sapienza il silenzio sarebbe un obbligo. No alle strumentalizzazioni

L’incidente che Venerdì sera alla Sapienza di Roma ha portato alla scomparsa di un ragazzo come noi, Francesco Ginese, è una notizia che ci sconvolge ed in questo momento crediamo innanzitutto di esprimere vicinanza alla famiglia e agli amici di Francesco. Di fronte a questa disgrazia, come è già stato scritto da tanti compagni che ogni giorno vivono e animano la nostra Università, abbiamo preferito il silenzio all’infame urlare della stampa e dei politicanti che, privi di ogni scrupolo, sono stati e sono in grado di strumentalizzare anche questa tragedia.

In questi giorni la stampa non ha perso occasione di dare adito a notizie palesemente false sul contesto intorno al quale è avvenuto l’incidente: l’edizione della Notte bianca chiamata Sapienza Porto Aperto. Innanzitutto l’iniziativa che si è tenuta alla Sapienza non è stata un rave né tanto meno una “disco-Sapienza”, ma uno spazio di aggregazione alternativo, organizzato dagli studenti per gli studenti, un’iniziativa a tutto tondo, costituita da dibattiti sull’attualità, sport, musica, danze, live painting, ideata allo scopo di esperire la città universitaria in modo differente, che promuova la cultura e la socialità.

Palesi bugie sono state messe in giro a mezzo stampa anche su un fantomatico “ticket d’ingresso”, mentre per accedere alla serata bastava un’offerta libera. Riguardo alla sicurezza, chi come noi era presente all’evento non può che confermare la presenza in loco di un’ambulanza all’interno della città universitaria e che, una volta resa nota la gravità dell’incidente, le attività in corso sono state immediatamente sospese e i partecipanti invitati a lasciare la Sapienza.

Dopo aver chiarito alcuni punti specifici sulle circostanze dell’evento, riteniamo sia determinante interrogarci sulla narrazione che la stampa e la politica stanno costruendo attorno ad un fatto doloroso, alla ricerca di un capro espiatorio: un terribile incidente, che poteva accadere ovunque e ad ognuno di noi, viene oggi strumentalmente eretto a casus belli contro chi si organizza negli unici spazi di aggregazione a noi rimasti!

Il modo attraverso il quale questa vicenda viene narrata è il riflesso di un clima generale, che connota oggi ogni aspetto della nostra società, un clima di repressione, di soppressione del dissenso e di controllo capillare. Le vergognose dichiarazioni uscite già a poche ore dalla disgrazia parlano chiaro: da Matteo Salvini al Messaggero, l’intento è quello di utilizzare l’accaduto per limitare l’agibilità politica e sociale dei tanti collettivi, spazi, attivisti e singoli studenti che ancora credono di poter contrastare la barbarie oggi divenuta mainstream.

La normalizzazione in atto a 360 gradi nella società emerge anche a partire da queste situazioni, descrivendo la condivisione di momenti serali come ad appannaggio di pochi nullafacenti che campano sulle spalle dello Stato. Dal decreto Minniti al Salvini-bis emerge una chiara strategia che mira a trasformare le lotte in crimini, la difesa di spazi di autonomia in reati, l’attivismo e la militanza politica in colpe.

Come studenti e soprattutto come compagni, non possiamo e non dobbiamo permettere agli avvoltoi di turno di fomentare e diffondere notizie e narrazioni distorte. Di fronte a una tragedia simile il silenzio è d’obbligo, smascherare le strumentalizzazioni politiche e giornalistiche il nostro dovere.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *