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Dal coronavirus alla crisi mondiale: il tempo della necessità è arrivato

Il 24 gennaio 2020 si sarebbe verificato in Germania il primo caso europeo di COVID-19.

Nel marzo 2020 le borse mondiali iniziano a crollare. La crisi sistemica è aperta.

Nessuno può con certezza definire il livello di correlazione di questi due avvenimenti. Nessuno può comunque negare che i due fatti siano correlati.

Se, malgrado i soliti rumori ricorrenti, non ci si poteva aspettare l’arrivo del Covid-19, tutti si aspettavano però  l’esplosione della bolla finanziaria.

La risposta globale alla crisi del Covid-19 è diventata uno scenario all’interno del quale si cominciano a cercare i rimedi alla crisi mondiale.

E’ nella produzione d’angoscia e nella repressione che i grandi argentieri del Globalismo e dell’Unione Europea cominciano a pianificare i rimedi per uscire indenni dalla crisi.

Per meglio capire la gravità della situazione vorrei fare un passo indietro.

Commentando un mio recente articolo «Brexit, lotte di classe in Francia e il “che fare” che ci aspetta», un compagno commentava :

Lo sviluppo capitalistico richiede una crescente quantità di capitali da investire nella produzione per mantenere il profitto nonostante la caduta tendenziale del suo saggio, tanto più in una fase di trasformazione profonda del modo di produzione.”

La mia risposta:

La caduta tendenziale del saggio di profitto, evocata in questo intervento, è probabilmente all’origine del grande mutamento che, a più riprese, ci ha ricordato lo stesso compagno: riunione della commissione trilaterale (1975) e ristrutturazione profonda del tessuto industriale mondiale.

Il capitalismo finanziario punta sempre più sulla rendita speculativa, non producendo ricchezze per ottenere profitto dal lavoro umano (come dovrebbe essere), ma investendo il denaro direttamente sul denaro, creando cosi stagnazione nell’economia reale e gigantesche bolle speculative che non crollano a condizione di investirci altro denaro in continuazione.

Dunque come risultato immediato abbiamo un fenomeno di concentrazione delle grandi imprese multinazionali. E’ un po la suggestione del “Camembert”(il tondo formaggio francese): si comincia con 12 formaggini (scatola piena) che rappresentano gli operatori economici piu potenti (questo esempio per il momento vale per l’occidente).

In seguito alla caduta del saggio di profitto, dovuto  all‘aumento della produttività tecnologica (stimolata quasi sempre in risposta alle conquiste dei lavoratori) si assiste a una serie di ristrutturazioni profonde della produzione mondiale: i famosi dodici formaggini diventano 9, e poi 6 e poi…

I principali operatori diventano sempre più ricchi e accumulano sempre più profitti, senza creare ricchezza reale, ma vampirizzando l’intera economia.

Chiaro che il globalismo economico e la distruzione dei regolamenti diventano essenziali per i predatori… Tutto ciò necessita, come ci ricorda il compagno, una crescente quantità da investire:

  1. Per finanziare le acquisizioni (che sono colossali)
  2. Per costruire un sistema speculativo che prenderà il posto dell’economia reale in perpetua stagnazione economica. Bolle speculative dirette (immobiliari e borsistiche).

Il sistema tiene non perché si produce di più e meglio, ma perché si controllano gli effetti nefasti della caduta del S.D.P. con la creazione di un’immensa rendita finanziaria che, a sua volta, assomiglia sempre più a un mostro continuamente affamato di denaro fresco.

Ma da dove vengono tutti ‘sti soldi? Da noi cittadini, sotto forma di furti generalizzati, di licenziamenti continui, di distruzione dei servizi pubblici, di privatizzazioni che sono in realtà regali che gli stati neoliberali (soprattutto europei) fanno alle società predatrici.

Il rapporto tra l’economia reale e l’economia finanziaria dovrebbe situarsi (manco di dati recenti) tra il 2 e il 5%, il che vuol dire in un certo senso che siamo seduti su una polveriera. Per mantenere in piedi il baraccone piramidale (le grandi borse occidentali) il sistema politico si trasforma in una specie d’aspirapolvere e succhia denaro ovunque.

E’ per questo che parlavo di Keynesismo alla rovescia. L’indebitamento colossale degli stati non è per niente dovuto alla spesa pubblica, ma al mantenimento del sistema.

Ma quale moltiplicatore sociale possiamo aspettarci da questo sistema? Nessuno! E infatti le popolazioni cominciano ad agitarsi e a rivoltarsi. Le soluzioni possono essere differenti: si va dal voto rifugio di estrema destra (Salvini, Le Pen ecc.), che sarà, a mio avviso, solo transitorio (non hanno proposte credibili contro il K), alla socialdemocrazia (Corbyn senza l’errore sul Brexit), ma anche qui ho parecchi dubbi: ha ragione il compagno (la convinzione dei socialdemocratici è sempre dentro la compatibilità col K).

Ma allora chi o che cosa? La mia idea è che piuttosto di cercare nuovi soggetti, bisogna continuare a far crescere nuove idee strutturali. Che tipo di indebitamento (senza indebitamento lo Stato non può che creare stagnazione) deve promuovere lo Stato sovrano per invertire la tendenza attuale?

Quanto debito e per quanto tempo l’economia sociale deve essere sostenuta per creare i moltiplicatori necessari?

I moltiplicatori avranno un ruolo essenziale , in questa nuova economia. Essi ci devono portare a un “cercle vertueux” dove il debito sarà assorbito dalla crescita economica legata ai bisogni popolari: occupazione, riduzione tempo di lavoro, servizi pubblici completamente al di fuori del sistema borsistico, educazione, salute e pianificazione ecologica (intesa come controllo scientifico dei possibili danni causati dallo sviluppo sull’ambiente e non come oggi un preteso soggetto politico , spesso senza contenuti o addirittura con contenuti oscurantistici).

Ma tutto questo che cos’è? Socialismo, comunismo, visione repubblicana (alla francese), democrazia radicale? Non lo so, quello che penso è che questi concetti vanno approfonditi e divulgati. Se poi nuove forze se ne faranno carico si vedrà, magari bisognerà sostenerle.“

Nel 2008, in una specie di clima bipartisan (destra e sinistra uniti nella lotta) le autorità finanziarie mondiali e dunque l’UE hanno pensato solo a salvare gli istituti finanziari più importanti: grandi banche, fondi speculativi e holding delle grandi multinazionali.

Il debito (non sovrano per i paesi europei) provocato da questi salvataggi ha messo in ginocchio definitivamente l’”economia reale” di tutti paesi occidentali (soprattutto quelli dell’UE). Tra recessioni economiche endemiche e cure d’austerità a dosi massicce, l’intera struttura sociale è quasi completamente distrutta.

Gli unici paesi che sembrano salvarsi sembrano quelli del nord Europa e la Germania, ma anche loro sono alle prese con una crisi strutturale. L’economia reale tedesca vive, malgrado la crisi del 2007/8, per l’esportazione (in forte crisi), mentre la riproduzione interna si finanzia per lo più con crediti che i paesi europei rischiano di non poter più onorare.)

Il Covid-19 arriva annunciando l’esplosione della bolla e si installa provocando panico e disorientamento. Ma mette a nudo anche i disastri delle politiche austeritarie precedenti. I nostri sistemi sanitari non sono più in grado di rispondere ai bisogni del Paese (in Francia, in Italia e in Spagna, soprattutto).

Tutto il mondo si trova agli arresti domiciliari, mentre la BCE mette a disposizione mille miliardi di Euro per salvare i soliti noti: garanzie degli stati sui prestiti delle imprese, Sure, Mes ed è solo l’inizio.

Tra un bollettino quotidiano di guerra al Virus e una più discreta elaborazione dell’ennesimo progetto salvabanche, il problema del futuro dei popoli europei si gioca fin da ora.

Nel mio precedente intervento «Brexit, lotte di classe in Francia e il “Che fare” che ci aspetta», ho parlato della Brexit come unica possibilità che il mondo del lavoro inglese aveva per sanzionare le politiche neoliberali che lo avevano portato a una pauperizzazione senza precedenti.

Questo spiega una scelta a prima vista paradossale. Bocciare una sinistra ambigua e plebiscitare i conservatori. Ora si tratta di capire che questa scelta non sarà sufficiente.

Sanzionare l’UE serve a recuperare gli strumenti per poter cambiare la strategia. Questi strumenti sono la sovranità popolare nei campi dell’economia, della difesa e della diplomazia. La politica inglese di Boris Johnson e dei suoi successori non cambieranno la natura classista della politica inglese; al posto di un polo supernazionale (il super nazionalismo dell’UE) la sfera anglosassone ritesserà, se potrà, la tela imperialista che li caratterizzava già prima dei trattati dell’UE.

Le politiche di rottura devono portare in sé, oltre al rifiuto, anche piste di nuove prospettive. La lotta contro la fuga in avanti del capitalismo finanziarizzato deve prevedere in una prima fase il ritorno dell’interesse generale e dunque l’emancipazione dai trattati che costituiscono la zona Euro.

Nel passato recente o meno recente, si è parlato spesso della possibilità di un Frexit o di un Italexit, ma il dibattito si è sempre arenato. La prima difficoltà nasce dal fatto che la socialdemocrazia (in Italia il centrosinistra e i discendenti della vecchia sinistra extraparlamentare) non riescono a liberarsi della loro natura parassitaria al Capitale. Le loro idee alternative finiscono quasi sempre in fumosi “piani B” che servono solo a mantenere il problema irrisolto.

Ma, come detto in precedenza, il destino dei popoli d’Europa si gioca fin da ora.

In pieno psicodramma Covid-19, Christine Lagarde prepara 1000 miliardi di euro da distribuire alle banche nord europee (e francesi), alle grandi multinazionali e ai fondi speculativi (in particolare fondi pensioni tedeschi), la grande massa dei cittadini europei subirà inevitabilmente un’ulteriore degrado. Il sistema sanitario europeo peggiorerà ancora e con lui tutto quello che rappresenta la ricchezza sociale : salari, prestazioni, risparmi e spesa pubblica.

Non possiamo piu aspettare che nuovi partiti o movimenti si formino, discutano, cerchino soluzioni, per poi ricominciare a rinunciare, a cavillare e infine a fare in modo che tutto cambi perché niente cambi.

Non c’è piu nemmeno il tempo per discutere su eventuali «Frexit» o «Italexit».

E’ necessario creare una nuova moneta (ogni stato europeo deve poter creare la sua) sotto l’autorità del ministero del tesoro e gestita da una nuova banca centrale bis. Questa moneta deve essere parallela all’Euro, ma libera di fluttuare entro certi limiti (da fissare).

La ratio di questa nuova moneta è il finanziamento della spesa pubblica (posti di lavoro e strutture necessarie), ma anche la nazionalizzazione e gli aiuti alle imprese che la crisi attuale spingerà verso il fallimento (e che saranno escluse dai decreti salvabanche della BCE).

Una fiscalità parallela sarà necessaria (libretti al portatore finalizzati e buoni del tesoro non soggetti a speculazione ecc.).

Tutto ciò non è previsto dai trattati europei ed evidentemente non è legale. Non è legale, ma è necessario. Si tratta di imporre un rapporto di forza vitale.

La cooperazione di più paesi, europei e no, sarà necessaria per sostenere questo sforzo. A cosa servirà altrimenti la «Via della seta e della salute»? Se le grandi banche nordeuropee e i fondi predatori non l’accetteranno saranno obbligate a escludere dall’UE i paesi che prenderanno questa strada decretando di fatto la fine dell’UE.

Questo progetto che per il momento non esiste, potrebbe diventare il cuore di un dibattito intorno al quale potrebbero aggregarsi nuove forze. Per il momento due discriminanti mi sembrano necessarie:

  1. La ricerca dell’interesse generale presuppone l’abbandono del neoliberalismo che va sostituito dal progressismo economico (aumento della spesa pubblica, riduzione del tempo di lavoro, pieno impiego e supremazia del lavoro sul capitale)
  2. Cooperazione internazionale sulla base di un rapporto di nazioni libere, uguali e progressiste in Europa e nel mondo.

E solo un’idea, ma i tempi sono stretti, n’est-ce pas?

Purché duri il più possibile: sistema sanitario distrutto e rifiuto di trovare soluzioni coerenti.

A mali estremi, estremi rimedi: creazione di una nuova moneta provvisoria e nazionalizzazione dei servizi pubblici e del settore industriale nazionale finanziata da una nuova moneta.

Destra e sinistra saltate, per ora solo l’interesse generale. In prospettiva una nuova forma di socialismo fuori della zona euro.

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