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Oro Colao

E’ necessario ritornare sull’argomento riguardante la “task force” messa su dal Presidente del Consiglio sulla “ricostruzione” nel dopo epidemia.

Bisogna farlo lanciando prima di tutto e ancora una volta l’allarme democratico per come è stata portata avanti questa fase drammatica e inedita della nostra vita pubblica da settori del governo e in particolare dal Presidente del Consiglio.

In particolare è da esaminare attentamente il comportamento del presidente del Consiglio .

Un comportamento che ha assunto via via toni di esasperazione personalistica compiendo anche, nel corso delle sue frenetiche esortazioni televisive, errori di esposizione e di interpretazione che hanno portato a pericolosi momenti di fraintendimenti di massa.

Per fortuna questa mattina alcuni giornali dimostrano di aver compreso, almeno parzialmente, il pericolo: si veda il fondo di Repubblica, firmato da Stefano Folli, dal titolo “Superministero o Ufficio Studi?”.

Riservo questa mia riflessione al solo tema della task force non affrontando l’altro punto delicato dell’attualità riguardante lo scontro in atto in Europa.

Dunque è necessario rivolgere pubblicamente e in una dimensione molto forte alcuni interrogativi:

Quale atto formale istituisce questa Commissione e attribuendole quali poteri?;

Quale organo istituzionale ha deciso che la Commissione stessa sia dipendente direttamente dalla Presidenza del Consiglio?

Esiste una durata temporale per un organismo che non è previsto da alcuna legge vigente e tanto meno dalla Costituzione?

Attraverso quali criteri sono stati scelti i componenti con l’incarico della massima responsabilità affidato a un esponente delle multinazionali, che ha lavorato anche con grandi banche d’affari, le quali probabilmente dispongono di intere fette del nostro debito pubblico?

A queste domande deve essere urgentemente fornita una risposta chiara: se si tratta di un “ufficio studi” è evidente che non possono essergli assegnati compiti operativi.

Il valore del parere di questa commissione non può equivalere altro che alla risposta a un “come va?”, rivolto per telefono a un vecchio compagno di scuola.

Come scrive Folli, il Presidente del Consiglio sta giocando una partita pericolosa che sa molto di avventura sul piano politico e istituzionale.

Tutta la gestione della crisi è stata fin qui condotta al limite della correttezza costituzionale e istituzionale, e qualche volta oltre.

Non servono giustificazioni per questo modo di agire riguardanti la gravità del momento: tutti ne siamo pienamente consapevoli.

La già fragile democrazia italiana non può però uscirne ulteriormente piegata verso visioni personalistico–autoritarie con la creazione di organismi anomali, non previsti dalla legge e non controllati dal Parlamento, che assumano proditoriamente livelli decisionali rispondendo a una sola persona.

Questo modo di procedere deve essere fermato con l’opposizione delle forze più consapevoli, non certo attraverso l’omologa propaganda sovranista e populista dell’estrema destra.

Se non ci sarà un chiaro intervento di fermo richiamo all’esercizio democratico il rischio che stiamo correndo sarà quello che alla fine ci troveremo di fronte a due tentativi opposti ma omologhi nel loro obiettivo tra il populismo trasformista figlio dell’autoritarismo del M5S, portato avanti all’insegna della “democrazia diretta”, e il populismo sovranista della chiusura e della rottura a destra con l’Europa in alleanza con le cosiddette “democrazie illiberali”.

Un carico di incognite e pericoli che non ci possiamo permettere perché in gioco ci sono la nostra Costituzione e la democrazia repubblicana che da essa ha tratto origine e che trova nella centralità del Parlamento e nella dialettica tra le forze politiche e non tra le persone il proprio fondamento istituzionale.

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