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Se hai 10 milioni sei italiano, la schifosa Italia degli affari

A me la vicenda del calciatore Suarez con l’Università di Perugia sembra una istantanea di cosa stia prevalendo oggi in Italia, spesso come dramma, qui come farsa.

Suarez era obiettivo d’acquisto della Juventus, però aveva bisogno di un passaporto italiano. Per ottenere ciò che viene negato a chi è figlio di migranti, ha fatto tutte le scuole qui e diventa maggiorenne e apolide, il calciatore doveva sostenere un esame di italiano all’università per stranieri del capololuogo umbro.

Un esame che per uno studente estero normale richiede dai cinque ai sei anni, ma che Suarez ha svolto con brillante promozione, dopo solo pochi giorni di presenza nel nostro paese. Un genio? No, sentendo le intercettazioni dei professori di quell’università, Suarez non parla la nostra lingua se non con qualche verbo all’infinito. Ma è stato promosso perché prende dieci e più milioni all’anno e come può una scuola pubblica impedire questi guadagni privati?

Questa vergogna è testimoniata dalle intercettazioni dei colloqui dei professori di Perugia, nelle quali la magistratura si sarebbe imbattuta per puro caso, mentre faceva altre indagini. Ora i vertici della Università sono indagati, e se verrà confermato tutto speriamo vadano a processo. I vertici della Juventus ed il calciatore invece per ora sono fuori, perché come sempre nel nostro paese tutto è avvenuto a loro insaputa.

Questa è la realtà della privatizzazione profonda del nostro sistema pubblico, che anche quando non è in mano ai privati opera al loro servizio. Questo è il degrado morale di un paese ove ogni potere, compreso quello dell’Università pubblica, è forte coi deboli e debole coi forti e soprattutto sensibile ai soldi e a chi li possiede.

La promozione fasulla di Suarez è un momento ed una metafora dell’Italia di oggi, dominata da affari, mercato, soldi, con una classe dirigente tanto più tronfia ed ipocrita quanto più asservita ad essi.

Siamo governati da un capitalismo straccione ladro e farsesco che contamina e avvelena la vita sociale e ogni istituzione. Contro questa schifosa Italia degli affari ogni ribellione è giusta.

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2 Commenti


  • Francesco Buffoli

    Condivido e aggiungo che Suarez è solo la punta dell’iceberg. Il mondo della “cultura” italiana, ivi comprese scuole, università, premi e premietti letterari e aggiungo i tribunali che frequento per mestiere sono la negazione dell’idea di cultura come crescita personale, sfida (in primis ai propri limiti), studio e passione finalizzati soprattutto migliorarti come persona, e sono invece un trionfo di arrivismo, carrierismo, conformismo, banalità e insomma una perfetta traduzione su un piano diverso dei meccanismi di funzionamento del mercato e della competizione.
    Ecco perché non mi stupisco troppo: si parla di vendite e di prodotti da confezionare, niente di più e niente di meno, e i vari diplomi etc.. fanno parte del pacchetto.


  • Mariuccia

    Io mi sono iscritta ad un master anche se sono infermiera da 30 anni probabilmente non lo avrei fatto se l’organizzazione di lavoro avesse raccolta le difficoltà che vivo ogni giorno come lavoratrice inserita in un organizzazione sanitaria incapace di rinnovarsi culturalmente . La mia realtà è territoriale quindi lontana dalla realtà ospedaliera e privata dimenticata per troppi anni da una certa politica incapace di raccogliere nuove sfide quali il welfare generativo . Speriamo oggi che si parla tanto di rinnovare la sanità non si vada nella tentazione di pensare che i soldi sono la soluzione . La soluzione vi può essere solo se arriva dall’ascolto di chi ha veramente le competenze perché ha studiato e lavorato da 20 su questi temi . Io a breve diventerò infermiera di famiglia e comunità ma il pubblico saprà vivermi come risorsa o mi userà come sempre per tappare i buchi .

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