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Vivere e morire in Italia ai tempi del covid

Il Covid è democratico: contagia chiunque. Le cure e le possibilità di sopravvivervi, no.

È ampiamente dimostrato, infatti, che queste ultime dipendono dalla tua condizione di classe.

Da quando è iniziata la pandemia, migliaia sono state le persone che si sono ammalate di coronavirus e che sono morte in casa, vanamente, in attesa di cure o di un semplice tampone.

Ecco qual è il grande assente dalle agende di tutte le forze politiche che si contendono la scena pubblica(e mediatica) italiana: l’aumento stratosferico delle disuguaglianze.

Un aumento prodotto da trent’anni di complicità tra tutti i governi che si sono succeduti alla guida del paese ed i sindacati così detti “concertativi” i quali hanno fatto da tappo a tutte le spinte e le lotte in senso contrario a questa linea di tendenza.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’Italia è il paese d’Europa con le retribuzioni più basse, l’età pensionabile più alta(ordine di Bruxelles: la Legge Fornero non si tocca) ed il più grande numero di giovani NEET( che non studiano e non lavorano).

Il combinato disposto delle “politiche dei redditi” avviate nel 1993 con il famigerato accordo sul costo del lavoro (il salario divenne variabile dipendente dal profitto capitalistico) e dell’austerity assurta ad obbligo di rango costituzionale con il governo Monti, ha prodotto un aumento vertiginoso delle disuguaglianze sociali nel nostro paese.

Dunque, senza una svolta che implichi una revisione profonda di quelle politiche, la pandemia accrescerà in modo esponenziale sia l’area della povertà assoluta che quella della povertà relativa; ciò, mentre la ricchezza continuerà concentrarsi nelle mani di pochi ma sempre più potenti.

Il segno di un generale regresso a condizioni di vita e di lavoro ottocenteschi lo stanno dando i padroni italiani che, senza più alcuna remora, sono tornati ad esibire fieramente i propri “animal spirits”; mentre, nel senso comune, la povertà ridiventa una colpa ed un marchio indelebili.

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