Come Rete di Comunisti abbiamo tradotto questo articolo apparso su “El Salto” il 21 settembre sul lancio di un nuovo manifesto politico in Andalusia: “Defender Andalucia” che avverrà ufficialmente il 4 dicembre.
Si tratta dell’apertura di uno spazio politico indipendente che vuole misurarsi con la condizione politica contingente – la destra al governo della “regione” con il Psoe ed Unidos Podemos a Madrid – in un momento in cui la specificità della questione andalusa si è relativizzata, ed a cui ovviamente l’iniziativa politica qui menzionata aspira a dare il giusto peso.
Un peso teso a recuperare criticamente l’esperienza storica dell’“andalusismo” politico, di cui appunto Defender Andalucia si concepisce come “terza ondata”.
“Defender Andalucia” aspira a dare una rappresentanza politica adeguata ad un ampio blocco sociale che non la trova all’interno delle formule politiche pregresse, anche a causa di precisi errori politici che hanno aperto la crisi in “Adelante Andalucía” a causa della subordinazione ai socialisti.
Questo progetto si inscrive all’interno di un territorio “periferico” specifico in cui si hanno condizioni particolari: “la territorialità ha una forte influenza, e in Andalusia è palpabile, quando le donne soffrono tassi di povertà ed esclusione più elevati rispetto ad altri territori statali” afferma una delle intervistate.
Promotori dell’importante iniziativa sono militanti sindacali del SAT, protagonisti delle esperienze di attivismo locale, professori universitari, così militanti come del movimento politico nel suo complesso.
Il contributo che abbiamo qui tradotto è centrato sulle interviste a Javier Garcia, militante del sindacato conflittuale SAT e Virginia Piña, femminista andalusa.
Alla pagina FB “Defender Andalusia” si possono trovare contributi ed interviste che arricchiscono il quadro di questa iniziativa politica.
Si tratta di coagulare attorno ad un progetto specifico “una rete di quadri”, come affermano esplicitamente i due promotori, dispersi e diffusi (potremmo dire) nella prospettiva di un progetto politico: “sovranista di sinistra” chiaramente “di classe, ecologica, femminista e antirazzista”.
Per chi è succube dell’impoverito lessico politico nostrano l’accostamento di questi contenuti rischia di provocare un cortocircuito mentale, ma realtà nella Penisola Iberica – ma non solo – ci dice altro: si può rivendicare la sovranità popolare in un determinato territorio ed avere un approccio inclusivo teso a valorizzare differenti culture politiche.
Come abbiamo analizzato le elezioni tenutesi questa estate nei Paesi Baschi spagnoli ed in Galizia hanno visto la scomparsa come soggetto politico rilevante delle articolazioni politiche locali di Podemos e l’affermazione di due forze storiche della “sinistra indipendentista”: Euskal Herria Bildu nei Paesi Baschi ed il Boque Nacionalista Galego, in Galizia, con entrambe al capo delle quali vi erano due donne.
Un inequivocabile segnale politico confermato dal ritorno in forze della “questione catalana” grazie alle mobilitazioni il giorno della Diada – fino ad ora la più grande mobilitazione politica continentale in tempi di pandemia insieme alla festa dell’ “Avante!” In Portogallo – e all’ennesimo atto di prevaricazione nei confronti del popolo catalano e dei suoi rappresentanti con l’interdizione – subito resa esecutiva – del Presidente della Generalitat catalano Quim Torra, e le conseguenti elezioni “anticipate” che si terranno con ogni probabilità a febbraio.
Stando ai sondaggi il composito quadro “indipendentista” catalano che va da JXP ad ERC fino alla CUP potrebbe ricevere la maggioranza dei consensi, permettendo di dare un nuovo impulso a quella straordinaria stagione di mobilitazione popolare che è stato l’autunno catalano di tre anni fa.
Purtroppo, il quadro politico residuale della sinistra radicale in Italia è quasi esclusivamente concentrato sulla parabola del governo “di minoranza” dei socialisti di Sanchez insieme alla formazione di Pablo Iglesias, le cui scelte “governiste” non sembrano avere trovato un eco positivo di consensi, per usare un eufemismo.
Buona lettura
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Sindacalisti, insegnanti e municipalisti costituiscono una piattaforma per “organizzare politicamente la sovranità di sinistra” in Andalusia, che permetterà la promozione di “una terza ondata andalusa” con una prospettiva “di classe, ecologica, femminista e antirazzista”.
40 insegnanti, sindacalisti, attivisti e attiviste, femministe e municipalisti di tutta l’Andalusia hanno lanciato il manifesto “Defender Andalucìa” per costituire un ampio spazio di sovranità andalusa che riunisce “attiviste, quadri politici, sindacaliste, femministe, insegnanti, ecologiste, ricercatori, giornalisti e scrittori, artisti intorno a una rete che riorganizza l’Andalusia militante”.
Per i firmatari del manifesto, l’attuale panorama politico andaluso può essere spiegato da tre circostanze: “un nuovo ciclo di governo della destra per la prima volta nella storia recente dell’Andalusia”, “un governo statale del PSOE e Unidos Podemos, che stabilisce la strada per un accordo di governo anche in Andalusia” e “la quasi scomparsa della politica specificamente andalusa”.
Su quest’ultimo punto, i promotori di Defender Andalucía fanno riferimento al conflitto aperto in Adelante Andalucía, considerando come positivo “l’impegno di tre dei cinque gruppi (Izquierda Andalucista, Primavera Andaluza e Anticapitalistas) che compongono Adelante Andalucía, a consolidare uno spazio politico e a svilupparlo come soggetto politico andaluso distinto, che ha aperto un dibattito all’interno della sinistra andalusa sulla necessità di un proprio strumento politico andaluso non subordinato al PSOE”.
Il manifesto, fortemente critico nei confronti della storia recente dell’Andalusia, si rammarica di non aver saputo reinventarsi dopo la crisi del 2008 e del 15M [le famose Acampadas, ndt], che l’ha “trascinata in un lungo ciclo di crisi che la pone oggi in una posizione critica”. Gli unici scorci che Defender Andalucía ha osservato nell’ultimo decennio come movimenti di base andalusi sono le marce dei lavoratori andalusi a piedi nel 2012 o la piattaforma del 4 dicembre che ha operato tra il 2014 e il 2019.
Uno dei firmatari del manifesto, Javier Garcia, militante del SAT e di Defender Granada, spiega a El Salto Andalucía che l’idea è “smettere di identificare l’Andalusia solo con il lavoratore a giornata o l’intellettuale” e riuscire a “politicizzare in termini sovranisti i picchetti dell’industria alberghiera, la lotta dei kelly o la precarietà dei migranti”. C’è una generazione che lo capisce molto bene ma non è costruita politicamente. Una generazione che non ha vissuto il 4 dicembre e che vive la precarietà negli spazi urbani e non tanto nelle zone rurali.
Pertanto, le ragioni per costituire questo nuovo spazio andaluso stanno nel rispondere a questa crisi di sovranità andalusa e di unire le forze tra iniziative disperse o movimenti emancipatori che non hanno però incorporato una prospettiva andalusa.
Come riassume García, “non ridurre l’Andalusia al SAT [sindacato conflittuale andaluso, ndt], agli intellettuali e al voto per Adelante Andalucía”. Questo significa rompere con il settarismo dei piccoli gruppi e con un “discorso piuttosto etno-culturale”. “L’Andalusia soffre anche in una cameriera piena di tatuaggi, o nei senegalesi che lavorano nella Serra”, sostiene García.
Questa “terza ondata” si spiega come “un nuovo andalusismo che recupera l’eredità del primo andalusismo storico di Blas Infante e del suo pensiero” (1910-1936), ma che rompe con certe inerzie del secondo andalusismo storico (1970-1990), con le vecchie ipercapacità, con l’attuale andalusismo interno ai partiti statali, e che promuove un passo oltre la piattaforma culturale andalusa.
Questo è un ovvio riferimento alla deriva del Partito Andaluso e allo scontro di leadership guidato da Alejandro Rojas-Marcos e Pedro Pacheco, tra le altre iper-leaderenze sindacali o accademiche, così come è un cenno ai giovani movimenti culturali andalusi, come la proposta dell’EPA per un’ortografia andalusa o a una rinata corrente musicale andaluh.
A tal fine, Defender Andalusìa si costituisce con due finalità: “generare luoghi di incontro e di dialogo per le diverse realtà dell’Andalusia culturale, della sovranità militante, del sindacalismo andaluso, del femminismo andaluso, dei movimenti di difesa del territorio e dell’ecologia”, nonché “costruire, all’interno di un orizzonte del pensiero andaluso, uno spazio di scambio di idee e di formazione politica, che abbia mezzi critici per disegnare le coordinate teoriche, politiche, intellettuali e culturali della terza ondata dell’Andalusia politica”.
Javier Garcia spiega che la nuova organizzazione svolgerà un lavoro di “incidenza sociale e politica” nei media e nei movimenti sociali, sindacali e politici e creerà una “rete di quadri” per riorganizzare molti giovani e militanti che non hanno spazio per farlo”, collegandosi così all’idea di “orfanilità” che il manifesto denuncia.
Un’altra di queste giovani militanti è Virginia Piña, una femminista andalusa che celebra uno “spazio che riunisce la militanza andalusa, un luogo dove le persone che pensano e sentono l’Andalusia, mettono insieme conoscenza, militanza ed esperienze, che aiutano anche nella formazione di questo spazio”.
E poi, anche la necessità di riunire le posizioni dell’Andalusia che non vogliono migliorare le organizzazioni attuali, o che credono che ci siano situazioni o certe aree di militanza che non vengono toccate. Il tutto con l’obiettivo di “raggiungere un certo potere di trasformazione”.
Per Piña, attivista del femminismo andaluso, indica che “la territorialità ha una forte influenza, e in Andalusia è palpabile, quando le donne soffrono tassi di povertà ed esclusione più elevati rispetto ad altri territori statali”. Per questo motivo, giustifica che “se consideriamo questo territorio come una trincea politica, crediamo che questo femminismo sia necessario all’interno delle prospettive sovraniste dell’Andalusia e viceversa”.
La nuova organizzazione ha tra i suoi promotori diversi militanti dell’Unione dei lavoratori andalusi (SAT), così come membri dei movimenti municipali dell’Assemblea di Alcalá de Guadaira e di Andaluces de Alcalá e altri candidati municipali. Hanno firmato il manifesto anche i professori dell’Università di Siviglia, di Granada e dell’Università Pablo de Olavide.
Lo spazio inizierà ora una serie di incontri con diverse organizzazioni per presentarsi e aprirsi alla cooperazione, in vista della sua assemblea costitutiva che si terrà in data prossima al 4 dicembre.
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Articolo originale: https://www.elsaltodiario.com/andalucismo/nace-defender-andalucia-tercera-ola-andalucismo-soberanismo-izquierdas (traduzione a cura di Lorenzo Trapani)
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