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Epidemia fuori controllo, un regalo del dualismo Stato-Regioni

Il sistema di tracciamento dei contatti (contact tracing) è il processo di identificazione delle persone che potrebbero essere venute a contatto con una persona infetta da Covid19. Per raccogliere ed usare queste informazioni in Italia, come in altri paesi europei, il governo ha attivato l’applicazione “Immuni” che, fino ad ora, è stata scaricata da 9 milioni di persone.

I dati raccolti da Immuni vengono gestiti dalle aziende sanitarie regionali che, però, stanno facendo da colli di bottiglia quasi dappertutto, allungando pericolosamente i tempi per i tamponi e lasciando circolare i positivi per un numero di giorni imprecisato.

Il risultato di questo percorso ad ostacoli è stato il fallimento quasi generalizzato del sistema di tracciamento dei contagi che, infatti, nonostante il raddoppio dei download dell’applicazione Immuni, sono ricominciati a salire in maniera esponenziale.

Insomma, l’epidemia è davvero fuori controllo e già si annunciano provvedimenti drastici compresi quei lockdown che andranno a limitare nuovamente – e gravemente – le nostre libertà individuali e collettive.

Se è vero che sono le Regioni – in forza del Titolo V della Costituzione – ad avere la competenza a gestire l’organizzazione sanitaria sul territorio, e che la tutela della salute è materia di “legislazione concorrente” (allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, alle Regioni la disciplina di dettaglio), è vero pure che lo Stato è depositario esclusivo della clausola di “uniformità” per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m). Nonché attore in grado di vegliare sulla loro effettività mediante l’esercizio del potere sostitutivo (art. 120, comma 2).

A che servono gli appelli di Conte e Speranza alla calma ed alla “fiducia nelle istituzioni e nelle indicazioni del comitato tecnico-scientifico“, se poi il Governo non riesce ad imporre una catena di comando centrale per affrontare in maniera univoca e lineare la pandemia tentando di porre un freno al protagonismo delle singole Regioni?

Che senso ha lasciare in mano a 20 centri di potere – sconclusionati ed in affanno – la gestione pratica di un problema dimensioni continentali e mondiali?

Lo abbiamo visto in queste ultime settimane, in cui la diffusione del contagio da corona virus ha ripreso a crescere in modo vertiginoso: alla frammentarietà regionale in cui versa la sanità italiana si è aggiunto, rovinosamente, il protagonismo dei sedicenti “governatori” che, fin qui, hanno fatto a gara nel prendere decisioni tanto plateali quanto inutili.

Quelle stesse Regioni che si appellano continuamente ed ostinatamente al Titolo V della Costituzione per mantenere le proprie prerogative in materia di sanità.

Eppure lo Stato centrale, per effetto della titolarità della legislazione esclusiva nella materia della lett. m) art. 117 della Costituzione, risulta dotato di “un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di un’adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti” – diritto alla salute compreso – e sarebbe nella condizione di poter autorevolmente “cagionare una rilevante compressione dell’autonomia regionale” (Corte cost., sent. n. 88/2003).

In tal senso, vi è un’abbondante giurisprudenza in tema di tutela della Salute, che ha confermato il potere del Governo nazionale di avocare a sé determinate funzioni e attribuzioni regionali mediante l’esercizio del potere sostitutivo. Se non ora, quando usare questo potere?

Quel potere che avrebbe potuto usare proprio per far funzionare il contact tracing, affidato, invece, a quegli organici delle aziende sanitarie regionali, già esangui e schiacciate dalla gestione territoriale dell’epidemia, dunque non in grado di gestire in modo tempestivo ed efficace tanto la mole di dati raccolti per Immuni, quanto le segnalazioni che provengono da cittadini, enti, aziende e soprattutto dalle scuole.

Un potere che lo Stato avrebbe potuto esercitare anche, e soprattutto, per implementare un piano di assunzioni straordinario di personale medico e paramedico, oltre che per imporre ed attuare un piano eccezionale di incremento dei trasporti pubblici locali falcidiati da tagli su tagli.

Come mai quel potere non e stato ancora usato?

La risposta è nello stretto intreccio che esiste tra i sistemi di potere regionali e i grandi medi e piccoli partiti, sia quelli che stanno al governo che quelli che fanno la pantomima dell’opposizione.

Ecco cosa rende tanto simili due regioni così apparentemente diverse come la Lombardia ed il Lazio (ora ai primi posti per contagi): le avide e rapaci burocrazie regionali (i livelli dirigenziali, ovviamente), diventate potentissime all’interno dei partiti proprio a partire dalla gestione regionale della sanità.

Nonostante il pesante definanziamento pubblico ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, messo in atto da tutti i governi succedutisi nel decennio 2010-2019 (€ 37 miliardi di tagli lineari), la spesa sanitaria complessiva ammonta comunque a 115,4 miliardi di euro: una fetta enorme del bilancio dello Stato intorno alla quale sono prosperati e prosperano giganteschi gruppi di interesse accanto a dirigenti pubblici collusi, inefficienti e corrotti, e tuttavia potentissimi all’interno dei partiti di riferimento.

E poi, il sistema delle convenzioni e la privatizzazione dei servizi sono una costante nelle politiche sanitarie di tutti i partiti (e sindacati) che contano, e qualsiasi manovra di ricentralizzazione del SSN viene vista come la peste, tanto dai grandi gruppi assicurativi – che stanno puntando sulla sanità integrativa a pagamento (white economy) – quanto dai grandi gruppi di interesse che stanno dietro l’offerta sanitaria nelle strutture sanitarie private in convenzione (“privati”, sì, ma con i soldi pubblici).

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1 Commento


  • max

    CON IL SENNO DEL POI::::::::::::::::::::

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