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Diffusione del Covid. Ma è davvero colpa nostra? Cambiare il corso delle cose

C’è un’aria pesante, gravida di ansia e di paura. C’è una sensazione di disagio, come quando ti inducono a pensare che hai qualche responsabilità in ciò che sta accadendo e però qualcosa non ti torna.

Davvero è colpa nostra? Di noi cittadini e lavoratori? Ci fanno andare a lavorare come se non ci fosse alcun pericolo, ci fanno prendere treni, autobus e metrò che sono pieni da scoppiare, altro che distanziamento. Ci obbligano a stare a casa dalla sera alla mattina presto ma non rinunciano ai turni nelle fabbriche e nei magazzini dove il male prolifica e si moltiplica, basta autocertificarsi.

Gli occhi e le orecchie incollate ai tg di televisioni di ogni fatta e orientamento trasmettono ai nostri cervelli solo una musica ossessiva e ripetitiva che non lascia scampo, tutto dipende da noi, dai nostri comportamenti individuali.

I giovani a casa la notte, gli operai in fabbrica a produrre, i facchini nei magazzini a smistare quegli acquisti sottratti al negoziante sotto casa che vengono ammantati di modernità ma che rispolverano lo stesso sfruttamento di sempre.

Ma noi, che c’entriamo? Che colpa abbiamo? Siamo noi che abbiamo costruito una società senza solidarietà? Una sanità senza letti e infermieri? Siamo noi che abbiamo chiuso ospedali e presidi territoriali? Siamo noi che abbiamo deciso il numero chiuso nelle facoltà di medicina? Siamo noi ad aver privatizzato il trasporto pubblico, ad averlo sconquassato e ridotto ai minimi termini lasciandolo si veicolo, ma di infezione e di morte?

E torna quell’angoscia che dice non posso fare nulla se non farmi carico, io, non la società, di sconfiggere questo assurdo, inatteso, stupefacente male che nessuno mai avrebbe immaginato di dover combattere.

E tutto si risolve nella quotidiana terribile contabilità moltiplicata di contagiati e di morti che ti toglie il respiro e ti getta in pensieri bui di convivenza con lo spettro della morte che fino ad oggi non avevi mai frequentato.

Non è la mia storia nè la mia grammatica. Io non ci sto. Non solo voglio vivere, e per questo mi proteggo nel fisico e nella mente, ma voglio imparare una lezione semplice ma indispensabile che questo scorcio di vita ci impone, non è colpa mia, non è il mio comportamento soggettivo ed individuale la chiave di volta per venirne fuori, è la lotta per cambiare il corso delle cose che ci può ridare vita e speranza. E io ho voglia di vivere e sperare e so che questo può avvenire solo se ci mettiamo assieme. Perchè insieme siamo imbattibili.

*Coordinatore nazionale Usb

 

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3 Commenti


  • carmine

    “Ma noi, che c’entriamo? Che colpa abbiamo? Siamo noi che abbiamo costruito una società senza solidarietà? Una sanità senza letti e infermieri? Siamo noi che abbiamo chiuso ospedali e presidi territoriali? Siamo noi che abbiamo deciso il numero chiuso nelle facoltà di medicina? Siamo noi ad aver privatizzato il trasporto pubblico, ad averlo sconquassato e ridotto ai minimi termini lasciandolo si veicolo, ma di infezione e di morte? E torna quell’angoscia che dice non posso fare nulla se non farmi carico, io, non la società, di sconfiggere questo assurdo, inatteso, stupefacente male che nessuno mai avrebbe immaginato di dover combattere. E tutto si risolve nella quotidiana terribile contabilità moltiplicata di contagiati e di morti che ti toglie il respiro e ti getta in pensieri bui di convivenza con lo spettro della morte che fino ad oggi non avevi mai frequentato. Non è la mia storia nè la mia grammatica. Io non ci sto. Non solo voglio vivere, e per questo mi proteggo nel fisico e nella mente, ma voglio imparare una lezione semplice ma indispensabile che questo scorcio di vita ci impone, non è colpa mia, non è il mio comportamento soggettivo ed individuale la chiave di volta per venirne fuori, è la lotta per cambiare il corso delle cose che ci può ridare vita e speranza. E io ho voglia di vivere e sperare e so che questo può avvenire solo se ci mettiamo assieme. Perchè insieme siamo imbattibili” ….Gia’ noi che c’entriamo? Che colpa abbiamo? Si Leonardi, siamo stati anche noi a permettere che tutto questo avvenisse e quindi siamo, in un certo senso colpevoli. Colpevoli per non avere fatto abbastanza per impedirlo con la lotta o con il voto, colpevoli per essere stati altrove. Tu affermi che non è il tuo comportamento soggettivo e individuale la chiave di volta per venirne fuori e qui sbagli perche’ anche il comportamento personale è importante soprattutto quando, nell’ambito delle relazioni sociali, il singolo comportamento si connette a quello generale.


    • Francesco Piccion

      Un rovesciamento così ingenuo delle responsabilità merita una risposta e una confutazione radicale. Gli “individui” hanno responsabilità per il degrado sociale solo se non si ribellano mai a questo stato di cose, non lottano, non mettono in piedi organizzazione collettiva, non contrastano con tutte le proprie forze le decisione della classe dirigente.
      Poi, come sempre, si può vincere e progredire, oppure venir “contenuti”, oppure ancora venire sconfitti (è successo anche ad alcuni gradissimi cui nessuno di noi ora paragonarsi…).
      Dunque l’accusa di “ignavia” – di questo parli – può esser rivolta agli ignavi, non a chi lotta da quando ha l’età della ragione.
      Viviamo in sistema diretto dal profitto, non in un’anarchia risultante dalle scelte individuali.
      Basta fare l’esempio dell’ambiente. Ognuno di noi può essere virtuoso, fare la raccolta differenziata, evitare di lasciare plastica in giro, oppure no. Ma fin quando il sistema di produzione sversa miliardi di tonnellate di merda tossica nei fiumi e nei mari, continuando a riempire noi “consumatori” di merci imballate e confezionate con strati di plastica e polistirolo, non saranno mai i comportamenti individuali a cambiare la situazione.
      Il tuo, insomma, è un invito alla resa, non alla lotta. Perché sbaglia nell’individuazione di causa ed effetti…


  • Pietro Nicola GREGORACE

    L’organizzazione del tutto diversa del lavoro, basata sul principio: “Da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo il suo bisogno.”, renderà libera l’umanità da tutti questi marchingegni causati dalla monetizzazione del lavoro umano.

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