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Capitalismo straccione e reazionario

In Germania, in tante attività pubbliche e private, verrà istituita l’indennità di 5 euro al giorno, un po’ più di 100 euro al mese, per chi lavora in smart working.

Questo riconoscimento è motivato con il fatto che chi lavora a casa mette a disposizione dell’azienda per cui opera il suo ambiente famigliare, le sue risorse, persino i tempi e l’organizzazione della vita della sua famiglia.

È un riconoscimento dovuto, perché chiunque abbia sperimentato il lavoro a distanza sa quanto esso sia impegnativo e pervasivo e come in fondo occupi tutta la residenza e chi vi abita.

Ed è anche un riconoscimento parziale, perché tutte le rilevazioni confermano che il lavoro a distanza abbia una produttività superiore a quello sul posto; produttività che viene oggi integralmente incamerata dalle aziende come profitti o come risparmi di personale.

Mentre in Germania si discute se 5 euro al giorno non siano pochi per remunerare il disagio del lavoratore e redistribuire i guadagni dello smart working, in Italia si è scatenata una nuova campagna per ridurre i salari.

Naturalmente la campagna parte dai pubblici, che i liberisti confindustriali usano sempre a pretesto quando si preparano a colpire tutto il mondo del lavoro. Ma il concetto di fondo vale per tutti: lo smart working non è lavoro vero, come ha detto il sindaco di Milano Sala, con eco entusiaste nella vera destra e nella finta sinistra.

Questa mancanza di rispetto per chi lavora, accompagnata alla venerazione dell’imprenditore e del suo diritto al massimo profitto.

Questo disprezzo per il salario assieme al culto della ricchezza, che emerge subito violento quando si propone di tassarla.

Questa ottusità sociale che accomuna i padroni, i principali schieramenti politici, gli economisti di palazzo e i mass media, è la carta d’identità del capitalismo italiano.

Un sistema straccione e reazionario, che al momento buono rivela sempre la sua anima: quella del barone agrario. Anima che traspare anche tra le luci e i suoni delle nuove tecnologie, accompagnate da un profluvio di parole inglesizzanti che poi possono essere ricondotte ad un solo termine: sfruttamento.

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