La scena da Eternauta, per chi si ricorda il capolavoro di Ector Oesterheld e Francisco Lopez apparso nella mia adolescenza su Lanciostory, non avrei mai pensato di vederla replicata a non finire sui media di mezzo mondo.
Borgo Palazzo, via modesta di una città come tante, ma familiare come poche, attraversata da camion militari come in una luminaria lunare.
Si andava a mettere i morti – tanti, tantissimi – nel posto che ai morti spetta, dovevano essere cremati, ma il forno crematorio del cimitero di Bergamo aveva già divorato troppi corpi.
I feretri nei carri non avevano seguito di lacrime, strazio, prefiche, lamenti, neppure i curiosi che ai funerali si imbucano seguivano in coda chiacchierando.
Si andava a bruciare i morti di Bergamo, come nella peste di Jacobsen.
La provincia si scopriva mondo e il mondo si specchiava nella provincia ricca, alacre, quella che non si fermava e continuava a produrre, neppure per un saluto a quelle bare sotto i tendoni mimetici, an ga de laurà…
Renzi celebrerà i nostri morti qualche mese dopo dicendo che loro stessi all’unisono “chiedevano che non ci fermassimo in nome loro”, che continuassimo a produrre in quanto bergamaschi, che la nostra è terra di lavoro, non campana ma di capannoni.
Renzi, anni fa, ai tempi del jobs act , andammo a contestarlo davanti alla Persico di Nembro, industria vetrina del made in Bergamo, costruttrice di Luna Rossa.
Non so bene se i fili cerchino per forza una trama dove costruirsi un destino forte, se ordiscano altre possibilità, ma qui, in questa piazzetta davanti la ferrovia, a due chilometri dall’ospedale di Alzano, si è giocato un destino infame e le parche hanno atteso.
Chi fila, chi assegna, chi taglia e spezza la vita.
Lorsignori si son sostituiti in tutto e per tutto, filano le nostre vite, assegnano un destino di lavoro e le rompono se non servono più.
* Bergamo – da Facebook
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