La premessa del ragionamento di chi è a favore dell’opzione militare è: la Russia ha invaso l’Ucraina. Dobbiamo aiutare l’Ucraina. Diamogli le armi.
Il fatto è che in questo sillogismo c’è qualcosa non va, perché si mischiano le cause con gli effetti, col risultato di una politica disastrosa per l’Italia e per l’Europa, come sta venendo alla luce, mano a mano che la nebbia della propaganda e della demagogia si dirada.
Che la Russia abbia invaso l’Ucraina è fuori di dubbio e che questo sia una grave violazione del diritto internazionale è corretto.
Che si debba aiutare un paese vittima di un’invasione è quello che dobbiamo fare. Come? Inviando aiuti umanitari e dando ospitalità a chi fugge, per costruire le condizioni del loro rientro. E cercando innanzitutto di capire perché è avvenuta l’invasione.
E allora bisogna ricordarsi delle gigantesche manovre militari congiunte della NATO in un paese che non è membro della NATO, nel quale è in atto una guerra civile dal 2014, nel Donbass, a sud est dell’Ucraina. Credo la definizione più efficace l’abbia data Papa Francesco, quando ha evocato “l’abbaiare della Nato alla porta della Russia.”
Dunque per aiutare l’Ucraina bisognava affrontare il contesto, fermare le manovre cui corrisposero l’ammasso di truppe russe dall’altra parte del confine.
Per aiutare l’Ucraina, invece di lasciare campo libero al protagonismo di Biden, bisognava che subito l’Ue intervenisse diplomaticamente, per fermare la bomba a orologeria: riprendiamo in mano gli accordi previsti dal Protocollo di Minsk del 2014.
Invece, l’Europa pressata dagli Usa da un lato e dalla Russia dall’altro non è riuscita a fermare il congegno e la guerra è scoppiata. La verità è che non abbiamo aiutato l’Ucraina nel momento in cui è diventata vittima degli eventi che erano stati preordinati: da un lato l’invasione, dall’altro il coinvolgimento della NATO.
Ricapitolando: la Russia ha invaso l’Ucraina. Vero e grave. Dobbiamo aiutare l’Ucraina. Giusto e fattibile. Diamogli le armi: sbagliato e pericoloso.
Infatti, per venire alla conclusione del sillogismo, ecco che è stato avviato un meccanismo di causa/effetto, deciso al di fuori dell’Ucraina stessa, ma anche dell’Europa, una decisione presa dalla Gran Bretagna e dagli Usa, presenti da anni in Ucraina anche con i loro addetti militari, cui i paesi membri della Ue si sono dovuti accodare, rinunciando all’iniziativa politica e diplomatica, permettendo che la NATO prendesse il sopravvento sulla Ue.
La logica conseguenza è stato il coinvolgimento nel conflitto, attraverso armi, sistema d’arma e “consiglieri militari” che ogni paese membro ha dovuto inviare, senza contare l’aumento delle spese militari nazionali a favore della NATO.
Ora, tornando al sillogismo, mi pare che si metta la logica sotto i piedi nel momento stesso in cui si confondano i fatti avvenuti con le decisioni politiche da assumere. Sono due momenti differenti del ragionamento È qui che il sillogismo si inceppa, perché non si vuole vedere che gli effetti dell’invasione stanno andando molto al di là delle questioni non risolte che hanno dato vita all’invasione russa.
Contrariamente a chi dileggia l’idea politica della pace, a chi canzona volgarmente i pacifisti, è proprio chi chiede che la diplomazia riprenda il posto usurpato dalle armi che ha a cuore l’Ucraina, e la resistenza – non di un governo che viene rimpinzato di armi e di soldi e che ogni giorno che passa appare fin troppo disposto alla guerra perché lusingato dalle promesse delle potenze occidentali -, ma delle persone, delle donne, degli uomini e dei bambini che stanno subendo ben due guerre: quella cominciata nel 2014 e quella che si è aggiunta nel 2022, con effetti devastanti per la loro esistenza e per le nostre coscienze.
Il capo del governo italiano è un convinto assertore del rafforzamento e del rilancio dell’intesa euro-americana, della quale vorrebbe l’Italia fosse protagonista.
Mario Draghi aderisce all’idea dello scontro tra democrazie e autocrazie: le democrazie sono quella americana, quella britannica, quella europea e di tutti quei paesi che fanno parte del G7 e della NATO.
Secondo questa visione del mondo, le democrazie occidentali devono tornare egemoni nel mercato globale e quindi sconfiggere la Cina, la Russia, ritenuti autocratici, che potrebbero attirare anche l’India. Siamo o non siamo di nuovo a un mondo diviso in blocchi?
Di nuovo gli imperialismi si confrontano con le armi in pugno, in una guerra, oggi in Ucraina, ma presto nel Mar Cinese meridionale, per la supremazia nei mercati. E di nuovo bisogna capire che non c’è invece proprio nulla di buono per le democrazie, perché il clima di guerra comprime i diritti, a cominciare, come già si vede, da quello di esprimere il dissenso verso le politiche interventiste.
Ma la guerra non fa bene ai redditi, al lavoro, all’ambiente, alle libertà politiche e sociali.
La richiesta di pace deve diventare iniziativa politica delle opinioni pubbliche di tutta Europa, Italia compresa. La guerra si sta aggiungendo alla crisi energetica e all’inflazione, in uno scenario in cui la pandemia non è ancora finita del tutto.
La guerra è un costo che pesa sull’economia, sui bilanci pubblici, che intralcia il Pnrr, a cominciare dalla transizione ecologica. I piani egemonici delle superpotenze ancora una volta sono in contrasto con la vita, il reddito, il benessere di ciascuno.
Abbiamo il dovere e la possibilità di fare pressione sui nostri governi perché cambino prospettiva diplomatica, fermino l’escalation militare, rivendichino la piena legittimità di un’autonoma iniziativa politica dalle strategie angloamericane che vorrebbero imporre la loro visione dell’ordine mondiale.
Non possiamo permettere a nessuno di toglierci il diritto di essere i protagonisti in prima persona del mondo in cui vogliamo vivere. In pace.
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