Ieri si è svolta la Conferenza bilaterale per la ricostruzione dell’Ucraina, annunciata dal ministro del made in Italy Urso già a gennaio, nel corso della sua visita a Kiev. Nei mesi scorsi anche Germania e Francia hanno dato vita a momenti come questo, e ora è toccato all’Italia.
Oltre ad Urso, erano presenti Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti per la parte italiana, per quella ucraina invece vi erano i titolari dei ministeri dell’Economia, delle Infrastrutture e degli Esteri oltre al Primo Ministro. Hanno presenziato anche diverse istituzioni finanziarie internazionali.
Ma gli invitati centrali di questo incontro sono state le circa mille realtà tra associazioni e aziende (iscritte vi erano 600 imprese italiane e 150 ucraine) ad essere presenti, compresa Confindustria. Non sono mancate anche le principali società nazionali, private e pubbliche, attive nei settori strategici.
Proprio qualche giorno fa Tajani, in un impeto di onestà, aveva detto che “non possiamo lasciare la ricostruzione solo a imprese francesi, tedesche, americane o britanniche”. Parliamo di un affare da 411 miliardi, secondo le stime della Banca Mondiale.
La Banca Europea per gli Investimenti ha valutato in 14 miliardi la necessità per i bisogni prioritari della ricostruzione a partire già da ora. L’istituto si riferisce al fast recovery, che dovrebbe prevedere il ripristino delle infrastrutture civili ed energetiche fondamentali distrutte in questi mesi.
Poi si vedrà una lunga fase, almeno decennale, di interventi più generali su tutto il tessuto economico del paese, con un obiettivo preciso: raggiungere gli standard richiesti per entrare nella UE. Per questo, come contropartita, Kiev dovrà impegnarsi anche in riforme che garantiscano – tra le tante altre cose – anche maggiore legalità e trasparenza per la realizzazione dei progetti (un accenno neanche velato alla corruzione dilagante ai vertici di Kiev).
Questo intreccio tra finalità diverse è stato evidenziato anche da Giorgia Meloni, per la quale “bisogna riconoscere gli sforzi enormi di Kiev, anche durante la guerra, per riformare il suo sistema e avvicinarlo ai target richiesti dalla Commissione. È fondamentale riconoscere quello sforzo accelerando e avviando in tempi rapidi i negoziati di adesione all’UE”.
“Parlare della ricostruzione dell’Ucraina – ha detto sempre la prima ministra – significa scommettere sulla vittoria e la fine del conflitto, e sono sicura che il futuro dell’Ucraina sarà di pace, benessere e sempre più europeo”.
Di nuovo, la fine della guerra viene identificata con la sconfitta della Russia, chiudendo le porte a ogni possibilità di un celere cessate il fuoco.
Così ha ribadito anche Zelensky, in collegamento all’evento. “L’Ucraina non cederà ma il proprio territorio al nemico. […] Vogliamo ricostruire ma con standard moderni, per far sì che la nostra popolazione possa vivere come milioni di altri, in sicurezza”.
Intanto il primo risultato dell’incontro è stata la firma di un memorandum annunciato da Urso per lo sviluppo del brand «Made in Ukraine». Il Piano Marshall per l’Ucraina, così lo ha definito il ministro italiano, partirà proprio dalla filiera agroalimentare, e ora si attende di definire gli aspetti tecnici.
In generale, il sunto della conferenza è un salto di qualità nel rapporto tra Italia e Ucraina. Il primo ministro di Kiev, Shmyhal, ha affermato che “siamo ad un nuovo livello della partnership tra i nostri Paesi. La ricostruzione inizia adesso. Siamo uniti nella difesa e siamo uniti nella ricostruzione”.
Il prossimo anno all’Italia spetterà la presidenza del G7, e anche a questo livello multilaterale il governo si è già preso l’impegno a sostenere la ripresa ucraina. Il momento italiano appena concluso ha voluto essere invece un preludio della futura Ukraine Recovery Conference, lanciata per il 2025.
Intanto, la giornata di ieri è stata segnata da altri eventi significativi per ciò che riguarda il conflitto ucraino. Mentre Lavrov confermava all’ONU che l’intesa sull’esportazione di grano è a un punto morto, lamentandosi poi della NATO e della UE, Xi Jinping ha sentito telefonicamente Zelensky.
La pace non sembra ancora a portata di mano, mentre due cose emergono con chiarezza dalla conferenza per la ricostruzione. La prima è che in essa le istituzioni europee vedono un’opportunità per sperimentare una nuova forma di integrazione europea, e rafforzare ulteriormente il ruolo della UE.
La seconda è che la guerra, con le sue distruzioni, rimane la principale opportunità del capitale in crisi per prendere una boccata d’aria. Distruggere per poi ricostruire, è la logica della valorizzazione a ogni costo in un mondo finito, ma la preoccupazione è che l’Ucraina non basti. La tendenza alla guerra rimane il pericolo principale che la crisi del modo di produzione capitalistico porta con sé.
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Mauro
Ma ricostruiscono nelle zone controllate dai Russi o in quelle controllate dagli Ukronazisti che verranno nuovamente bombardate?Ma che ci stanno a pija x il culo?
Pasquale
Se qualcuno ancora non avesse capito a cosa e a chi servono le guerre e perché la pace non interessa…
Mara
Quello che è da capire quando pensino di avviare questa ricostruzione e se all’epoca ne avranno le risorse. A meno che non vorranno farlo mentre infuriano le armi.
mario
Ricostruzione all’itagliana: crollerà tutto senza nemmeno bisogno di bombardamenti…
Ta
Che lo scrivano bello grosso «Made in Ukraine» sui prodotti… Non li voglio neanche in regalo, possono infilarseli dove preferiscono insieme ai pompelmi israeliani…