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Johnson, il coatto dell’Occidente

Il Regno Unito costituisce oggi a ben vedere, forse ancora più degli Stati Uniti, la quintessenza dell’Occidente e ne esprime quindi tutta la devastante e pericolosissima, quanto irreversibile, decadenza.

Per lunghi secoli Potenza mondiale dominante, grazie al controllo incontrastato dei mari e a una politica coloniale spietata e genocida in tante parti del mondo, l’Inghilterra, con le sue appendici semicoloniali (Scozia, Galles, Irlanda) assoggettate a loro volta ad asservimento più o meno brutale, oggi uno dei centri della finanza mondiale, pare votata da tempo a un destino di crisi economica, sociale e culturale.

La Brexit, fortemente voluta dall’attuale premier Boris Johnson, ha rappresentato un estremo tentativo di opporsi a questo ineluttabile Fato, ascrivendo le difficoltà alle pingui e sorde burocrazie di Bruxelles e illudendo un Paese allo stremo che liberandosi della zavorra europea, sarebbe tornato ai fasti di un tempo.

Ovviamente ciò non è avvenuto, anche se la narrazione melliflua in questione ha saputo intortare, grazie al controllo quasi totale dei media e al basso livello culturale della popolazione, la maggioranza dei derelitti sudditi di Queen Elizabeth.

Oggi, la stucchevole retorica del suddetto Johnson, che per atteggiarsi a nuovo Churchill redivivo si è dovuto, al pari del resto degli altri governanti  dell’Occidente in fase di tramonto, inventare un nuovo Hitler nella persona di Putin, percorre sentieri ancora più sdrucciolevoli e disgraziati.

Pur di fugare lo spettro della perdita di rilevanza, mister Johnson e l’élite finanziaria che lo sostiene sono più che pronti a rasentare l’abisso della catastrofe bellica nucleare, col rischio di precipitarvi dentro, e noi, babbei  filo-NATO insieme a loro, capeggiati dal capobastone Draghi, rapidamente trasformatosi da grande banchiere in caporalmaggiore delle armate occidentali.

L’invasione dell’Ucraina decretata per i noti motivi dal governo russo il 24 febbraio offre loro un’occasione d’oro in questo senso. Più  e meglio del COVID, anche perché non ci sono in questo caso obblighi di lockdown la cui violazione, mediante festini alcolici riservati, potrebbe, come è successo, mettere ulteriormente a repentaglio la già vacillante credibilità del governo conservatore.

Non bisogna quindi troppo stupirsi del fatto che, più ancora degli Stati Uniti del tremebondo Biden, Johnson e i suoi costituiscano oggi la punta di lancia mondiale dello schieramento guerrafondaio, avvalendosi  anche del contributo di una cupola militare meno professionale e più avventurista di quella statunitense, pronta, per evidenti motivi di potere gerarchico interno, ad allinearsi politicamente a tutti i costi alle imperdonabili baggianate di Boris.

In quest’ottica vanno lette le recenti terribili dichiarazioni di tale Patrick Sanders, nuovo capo di stato maggiore dell’esercito britannico il quale ha annunciato al mondo e al suo dante causa presumibilmente gongolante che la guerra contro la Russia (e contro la Cina) si può fare e si può vincere. Si veda al riguardo la brillante analisi del generale Mini sul Fatto del 1° luglio.

Davvero non si capisce cosa si aspetti per sganciarsi definitivamente da questa gabbia di matti. L’Italia si sa, al pari dei Carabinieri (che però almeno sono stati in vari casi un modello di dignità ed abnegazione) è usa ad obbedir tacendo e si sceglie sempre gli alleati peggiori.

Se Mussolini decise all’ultimo momento di agganciare le sue sorti a quelle di Hitler, Draghi, Di Maio & C. sono oggi schierati perinde ac cadaver ed usque mortem con Johnson e Sanders.

Un’alleanza fatale dalla quale è obbligatorio e urgente disallinearsi, per usare un neologismo caro al nostro ministro degli Esteri. E un’altra cosa urgente da fare è contribuire a smontare il Regno Unito, creatura mostruosa oramai nettamente obsoleta.

Appoggiamo in questo senso le richieste del Sinn Fein e di tutto il popolo irlandese per la riunificazione del loro Paese e quelle della leader scozzese Sturgeon per un referendum che torni a porre all’ordine del giorno l’indipendenza della Scozia. E consigliamo ai leader gallesi e a quelli della Cornovaglia di percorrere analoga strada.

Indebolire quella che troppo a lungo è stata la principale Potenza mondiale, contribuendo all’edificazione dell’attuale sistema mondiale del dominio capitalista, pare obiettivo buono e giusto, anche nell’ottica del superamento definitivo delle attuali tensioni prebelliche e del clima di guerra permanente che lorsignori  vorrebbero imporci.

Abbiamo altro da fare che correre dietro ai vari Johnson e Sanders che lasciamo volentieri ai loro tristi festini a base di whisky, fosse pure scozzese.

* da AltreNotizie

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1 Commento


  • Eros Barone

    “Quos Jupiter vult perdere, prius dementat” (“Giove priva del senno coloro che vuole rovinare”). Così, in modo assai pertinente, solevano dire i latini a proposito di chi agisce dissennatamente. E’ questo il caso di Boris Johnson e della sua farsesca imitazione di Churchill e della Thatcher sul terreno della politica interna ed estera. Nei suoi discorsi del 21 e del 24 febbraio Putin, ponendo l’accento sullo “stato di euforia creato dal sentimento di assoluta superiorità, una sorta di assolutismo moderno, unito ai bassi standard culturali”, ha perfettamente stigmatizzato la sindrome di cui soffrono i leader dell’Occidente capitalistico, rappresentati da personaggi, come Boris Johnson, come Mario Draghi o come Ursula von der Leyen, tanto più pericolosi quanto più cialtroneschi.

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