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Il capitale, la politica, la crisi

La potenza del capitale è tutto, la borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco di marionette, di pupazzi…“ (Lenin)

Siamo di fronte a una crisi senza precedenti.

Una crisi che spinge il capitale verso la guerra che, a sua volta, aggrava la recessione e rivoluziona gli equilibri all’interno dei campi imperialisti che si fronteggiano.

Una crisi che acuisce la concorrenza fra le nazioni e scatena le pulsioni nazionaliste, disgrega le fragili impalcature sociali su cui si basa il dominio delle borghesie nazionali.

Non so se stiamo assistendo all’ultimo catastrofico atto di un sistema economico ormai arrivato al capolinea, ma di certo è qualcosa che gli si avvicina molto.

La borghesia è incapace di governare le forze che essa stessa ha suscitato e le contraddizioni che sono componenti essenziali della sua stessa natura.

E’ la crisi generale del capitale.

La guerra di tutti contro tutti per non affogare.

La finanziarizzazione dell’economia ha prodotto montagne di debiti, promesse di guadagni futuri, che l’economia reale non può più onorare.

Carta straccia che si nutre della fiducia degli “investitori” in un impossibile futuro “rilancio” dell’economia.

L’abusata immagine della “tempesta perfetta” da il quadro esatto della situazione.

Sullo sfondo l’emergenza climatica prodotta da decenni di sfruttamento selvaggio della natura, dal profitto che ha parassitato uomini e ambiente.

L’esplodere incontrollabile delle epidemie, anch’esse prodotte dal modo di vivere e di produrre malsano e dalla mercificazione della vita umana.

L’impossibilità per tutte le classi sociali di continuare a vivere come si è fatto in passato, la “fine dell’abbondanza” e l’inizio della “depressione”.

Il capitale ha già “scelto” l’unica soluzione possibile per venirne fuori.

La guerra, per accaparrarsi materie prime e mercati senza i quali non ci stanno profitti.

E senza profitti il capitale muore.

La guerra, per liberarsi delle eccedenze di merci invendibili e di merce umana che non riesce più a mantenere.

È stato così in passato.

E’ così, nel presente, su buona parte del pianeta.

L’unica differenza con le passate guerre della borghesia è che oggi esiste l’opzione nucleare.

Ma nemmeno la possibilità di una ecatombe è un deterrente capace di frenare la fame di profitti del capitale moribondo.

E la borghesia, se non può più promettere “il migliore dei mondi possibili”, può ancora combattere per renderlo “il peggiore immaginabile” pur di mantenere il suo ruolo di classe dirigente.

… poi ci stanno i minchioni che si preoccupano di quale marionetta calcherà la scena “istituzionale” e di quanti burattini poggeranno il loro culo sulle poltrone poste a sinistra e quanti su quelle poste a destra in un parlamento che non potrà fare altro che applaudire alle decisioni delle borse e inseguire le convulsioni dei mercati.

 

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