Il sabotaggio delle linee offshore Nord Stream è un fatto che segnala un salto preoccupante dello scontro Usa/Nato-Russia, spostando il confronto bellico in atto, su oleodotti e cavi sottomarini. Colpire le infrastrutture critiche di beneficio comune transazionale sbatte in faccia il bisogno urgente di pace del sistema degli approvvigionamenti vitali.
Volendo circoscrivere gli effetti politici di questo sabotaggio nel contesto in cui è stato attuato, al di là della propaganda e della sua retorica, si potrebbe prospettare un allentamento della pressione interna dal basso che chiede sempre più diffusamente l’abolizione delle sanzioni contro la Russia e trattative di pace, pochi giorni fa in Ungheria si è svolta una ennesima grande manifestazione di piazza.
Una pace che, peraltro, lo scorso aprile sembrava vicina, naufragata per i venti contrari soffiati dal blocco militare Nato/Stati Uniti.
Allo stesso tempo, il sabotaggio indebolisce la forza negoziale russa e divarica ulteriormente i suoi rapporti con l’Europa, avversati da lungo tempo dalla alleanza anglo-statunitense, tutta protesa a conservare l’egemonia unipolare, sempre più insostenibile, sul mondo.
Tra le ipotesi possibili di risposta nulla ne vieterebbe una uguale e contraria, o semplicemente l’innesco di reazioni a catena, tanto che la Norvegia, paese Nato, il più grande fornitore di gas d’Europa e uno dei principali di petrolio a livello globale, con oltre 90 giacimenti in gran parte collegati a una rete di gasdotti estesa quasi 9.000 km, all’indomani dei sabotaggi del Nord Stream, ha deciso di schierare le sue forze armate per proteggere le installazioni offshore e inshore.
Anche l’Autorità norvegese per la sicurezza petrolifera ha esortato a una maggiore vigilanza, rendendo noto l’avvistamento di droni di varie dimensioni in attività anomale nei pressi delle piattaforme, che il primo ministro Jonas Gahr Stoere ha specificato essere risalenti a settembre scorso, rassicurando che non vi sono minacce specifiche da giustificare l’assistenza militare Nato.
In tutti i casi, quanto accaduto al Nord Stream può pericolosamente avvicinare il coinvolgimento dell’Europa in una guerra diretta e non più per procura, imposta da esigenze geopolitiche primariamente esterne al blocco EU.
Il silenzio politico dei singoli paesi europei sulla vicenda, che stride con il baccano mediatico che finora ha contraddistinto il conflitto russo-ucraino, riflette tensione e preoccupazione. Si sta ancora una volta sfiorando l’estensione del conflitto ucraino all’Europa, tanto più che le sanzioni contro la Russia stanno trascinando l’economia reale occidentale, quella della vita quotidiana delle persone, al disastro.
È soprattutto il costo dell’energia, da sempre principale tallone d’Achille dell’Italia, a trainare in questo momento il forte processo inflattivo europeo, surriscaldato dalle briglie sciolte delle speculazioni finanziarie, che hanno epicentro nella piazza iperliberista di Amsterdam, che sta consentendo accumulazioni di capitale da capogiro, mentre le imprese chiudono per il caro bollette.
Accumulazioni che possono comprare quel che vogliono, anche tecnologie ed eserciti militari mercenari, e definire situazioni volatili e tossiche, che la politica occidentale, avulsa dai contesti e malata di presunzione, mostra di non essere all’altezza di comprendere e governare.
I vertici europei in questo momento appaiono affetti da una furiosa cecità paragonabile a quella naturale, estromessa dal cambiamento climatico dall’ambito della eccezionalità, impantanati in una profonda quanto drammatica accidiosa apatia culturale e sociale. Sopravanza la percezione sull’analisi critica, che scompone la realtà in notizie emotive, spesso tecnicamente manipolate per mantenere montata la vacuità della propaganda.
Sembra di stare tra tante onde che si accavallano una sull’altra, per perdersi nel magma immemore di chi vive alla giornata, senza la consapevolezza della storia e del dopo. Indubbiamente un clima inquietante, funzionale alla follia della guerra.
I fatti
Lunedì 26 settembre nel giro di poche ore, due esplosioni di 2,1 e 2,3 gradi della scala Richter si verificano nelle profondità (non sui fondali) delle acque internazionali del Mar Baltico, come accertato dalla Rete sismica nazionale svedese. Le aree che coinvolgono, non soggette a esercitazioni militari, si trovano nelle vicinanze delle zee di Svezia, paese prossimo all’ingresso nella Nato, e Danimarca, paese Nato.
Gli scoppi producono quattro falle sulle linee dei gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2, con giganteschi riversamenti di gas naturale nell’acqua del mare e nell’atmosfera (la quarta falla scoperta pochi giorni dopo le prime tre senza rilevazione di esplosione, forse coperta dagli effetti delle precedenti).
La prima esplosione è stata registrata intorno alle due del mattino, con allarme intorno alle 14,00, e una seconda poco dopo le 19,00 con allarme un’ora e quaranta dopo, a seguito delle segnalazioni alle Guardie Costiere danesi e svedesi delle navi in transito nelle aree, che notavano il ribollire del mare in superficie in cerchi di oltre 1 km di diametro. Le zone interessate sono state momentaneamente interdette alla navigazione marittima e aerea per un raggio di 5 miglia.
Il gas fuoriuscito dalle infrastrutture danneggiate è quello tecnico, pompato per il mantenimento della pressione nei tubi. Infatti, il Nord Stream 1, gestito da un consorzio euro-russo, a maggioranza Gazprom (51%), da inizio settembre era chiuso a tempo indeterminato per riparazioni.
Da fonte Tass, il vice capo del Fondo nazionale russo per la sicurezza energetica, Alexey Grivach, ha affermato che il Nord Stream 1 stava funzionando al 22% della sua capacità per problemi tecnici ai motori a turbina, soggetti a sanzioni. Secondo Grivach, nell’immediato il danno non impatta direttamente sul mercato dell’Unione Europea, ma non così nel medio termine, quando il rifornimento di gas russo dal Nord Stream non sarà possibile nemmeno teoricamente.
Il Nord Stream 2, di proprietà una sussidiaria svizzera, invece non ha ancora visto il lancio commerciale, avversato da Usa e Polonia e ostacolato dalle tensioni ucraine.
Cronologicamente, i sabotaggi si sono verificati alla vigilia del cerimoniale di lancio del nuovo gasdotto di interesse strategico UE, Baltic Pipe, operato da Equinor e partito 9 anni fa per collegare i giacimenti norvegesi del Mar del Nord alla Danimarca e Polonia.
Ma anche a pochi giorni dalla cerimonia ufficiale di annessione da parte della Federazione Russa del Donetsk, Lugansk, Zaporozhye e Kherson, dopo risultati referendari schiaccianti. Storicamente, il referendum è lo stesso strumento che fu utilizzato dai Savoia per l’Unità di Italia, con cui legalizzarono l’annessione degli altri Stati italiani, ma a differenza della Russia, senza voto universale.
Sulla esecuzione dei sabotaggi sono state avanzate solo alcune ipotesi.
Il primo ministro svedese Magdalena Andersson, il cui governo ha subito tenuto una riunione di emergenza, ha sottolineato l’impiego di grandi ordigni per danneggiare una infrastruttura costruita per essere estremamente resistente, mentre una fonte militare britannica riportata dal The Guardian, ha ventilato l’utilizzo di un sottomarino o di una finta nave commerciale che avrebbe rilasciato le mine subacquee, fatte esplodere poi successivamente.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, invece ha rimarcato l’aspetto politico del sabotaggio, affermando che la questione è legata “alla sicurezza energetica dell’intero continente”.
La diretta interessata, Gazprom, ha sottolineato l’urgenza di ispezionare le falle il prima possibile onde valutarne i danni senza precedenti subiti dai due gasdotti e subito dopo il blocco delle perdite, che da fonti danesi non saranno possibili prima di una o due settimane.
Come spiega il vice capo del Fondo nazionale russo per la sicurezza energetica, Alexey Grivach, tuttavia per quanto riguarda il gasdotto Nord Stream 2, la possibilità di ripararlo non solo è quasi completamente bloccata dalle sanzioni di Washington, ma la società proprietaria non dispone né del personale né delle risorse necessarie a esaminare il danno.
La certezza del sabotaggio
A poche ore dalla scoperta delle falle, a margine del suo incontro con il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg sulla protezione delle infrastrutture critiche nei paesi NATO, il ministro della Difesa danese, Morten Bødskov, ha fatto esplicito riferimento al sabotaggio: “Non è un incidente. E’ stato pianificato, e stiamo parlando di esplosioni molto grandi”, aggiungendo: “la Russia ha una presenza militare significativa nella regione del Mar Baltico e ci aspettiamo che continui a far tintinnare le sciabole”.
Diverse dichiarazioni più o meno esplicitamente hanno tentato di trasformare il sabotaggio in propaganda anti russa, accendendo micce di botta e risposta Nato/Stati Uniti-Russia, mentre il resto del mondo segue l’incedere degli eventi silenziosamente e le Nazioni Unite non sono state in grado di licenziare un documento congiunto di condanna radicale di un tale atto, che sarebbe stato non solo opportuno quanto necessario.
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha scritto in un tweet che i sabotaggi del Nord Stream “sembrano essere un tentativo di destabilizzare ulteriormente l’approvvigionamento energetico dell’Ue”, sottolineando la necessità di un’indagine urgente e approfondita.
“Coloro che hanno perpetrato questo atto saranno ritenuti pienamente responsabili e obbligati a pagare. I nostri sforzi per diversificare l’approvvigionamento energetico rispetto al gas russo continuano”.
Anche l’alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha dichiarato che dalle informazioni disponibili, le perdite del Nord Stream non sono una coincidenza ma il risultato di un atto deliberato di interruzione “assolutamente inaccettabile”, che riceverà una risposta solida e unita, e dichiarandosi profondamente preoccupato, ha chiesto l’apertura di una indagine.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha avvertito che “qualsiasi interruzione deliberata è inaccettabile e porterà alla risposta più forte possibile”.
Presentando la proposta dell’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia, ha ribadito che l’Ue “non accetterà mai” l’esito dei “falsi” referendum organizzati dalla Russia, che “deve pagare per questa ulteriore escalation” alla guerra in Ucraina.
Da parte sua l’Ucraina dell’oligarca Zelensky, ha subito accusato senza alcuna oggettività la Russia del sabotaggio, equiparandolo a “nient’altro che un attacco terroristico”, rincarando la dose con la presentazione della domanda di ingresso immediato nella Nato, su cui la stessa Casa Bianca temporeggia esplicitamente, conscia che ciò vorrebbe dire l’entrata in guerra per statuto dei paesi del Patto Atlantico.
Ma a cadere in picchiata come un meteorite sulla vicenda, è stato lo sfacciato twitter dell’europarlamentare Radoslav Sikorski, ex Ministro degli esteri della Polonia, che postando una foto del disastro ha scritto “Grazie USA”, spiegando successivamente che “non c’è carenza di capacità nei gasdotti per il trasporto di gas dalla Russia all’Europa occidentale, compresa la Germania”, ma l’unica logica del Nord Stream è quella di permettere a “Putin di ricattare impunemente o dichiarare guerra all’Europa orientale”.
La reazione russa è giunta da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che si è chiesta se quella di Sirkoski non fosse stata una dichiarazione ufficiale del fatto che si sia trattato di un attacco terroristico.
Sikorski ha controbattuto che “tutti gli Stati, ucraini e baltici, si sono opposti alla costruzione di Nord Stream per 20 anni. Ora 20 miliardi di dollari di rottami metallici giacciono sul fondo del mare, un altro costo per la Russia per la sua decisione criminale di invadere l’Ucraina. Qualcuno ha fatto un’operazione di manutenzione speciale”.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in conferenza stampa ha definito “abbastanza prevedibili e anche prevedibilmente stupidi” i tentativi di attribuire alla Russia la paternità dei sabotaggi, mentre il viceministro degli Esteri russo, Alexander Grushko, ha dichiarato che la Russia è pronta a considerare le richieste, non ancora pervenute, di indagine congiunta sulle cause dell’incidente al Nord Stream.
In una nota dell’ambasciata russa a Washington si legge: “Abbiamo preso atto delle dichiarazioni contraddittorie fatte dal consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan in merito al sabotaggio sui gasdotti internazionali di Nord Stream. Tali dichiarazioni, così come il tentativo del signor Sullivan di spostare l’attenzione pubblica sui presunti rischi di attacchi fisici e informatici alle infrastrutture occidentali da parte della Russia, sono un altro esempio della demonizzazione infondata del nostro paese. Lo vediamo come un caso di russofobia, profondamente radicato a Washington, e il desiderio di manipolare l’opinione pubblica” spazzando sotto il tappeto “domande scomode su chi benefici effettivamente della rottura dei legami energetici tra Mosca e le capitali europee”.
Il coinvolgimento delle Nazioni Unite
Sul sabotaggio del Nord Stream, circa quattro giorni dopo le esplosioni si è riunito, su richiesta russa, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, composto da 15 paesi con presidenza di turno della Francia.
Da fonte Tass il rappresentante permanente russo, Vassily Nebenzya, ha detto che “La Russia chiede un’indagine approfondita per scoprire la vera causa di ciò che è successo”.
“Ci auguriamo che voi (membri occidentali dell’UNSC) vi asterrete dall’impegnarvi in giochi verbali russofobici che sfidano il buon senso, simili a quelli che avete usato in relazione agli attacchi ucraini alla centrale nucleare di Zaporozhye” aggiungendo: “Ci è assolutamente chiaro che i terroristi ordinari non sono in grado di svolgere attività di sabotaggio di tale complessità e portata. Consideriamo le azioni volte a danneggiare i gasdotti come un atto di sabotaggio deliberato contro l’impianto energetico cruciale della Russia”, sottolineando che “Qualsiasi indagine internazionale su quanto accaduto potrà rivendicare imparzialità solo se la Russia vi prenderà parte”.
Riferendosi all’intervento del vice rappresentante degli Stati Uniti presso l’ONU Richard Mills, molto focalizzato sull’Ucraina, l’inviato russo ha poi aggiunto “Non avevamo collegato l’incidente del Nord Stream alla situazione in Ucraina prima che il nostro collega statunitense pronunciasse il suo discorso, ma ora capiamo che i nostri colleghi occidentali vedono questo atto di sabotaggio – indipendentemente da chi ci sia dietro – come una sorta di vendetta per le attività della Russia in Ucraina”, aggiungendo che le osservazioni del diplomatico statunitense “restringono i sospetti e possono davvero facilitare gli sforzi per indagare” sull’incidente.
Per i danni subiti dal sistema Nord Stream, “senza dubbio” il commercio di gas degli Stati Uniti non potrà che guadagnarci: “I fornitori americani di gas naturale liquefatto dovrebbero festeggiare il vasto aumento delle forniture di GNL in Europa”.
Richard Mills, vice rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite ha controbattuto che “gli Stati Uniti negano categoricamente qualsiasi coinvolgimento in questo incidente e respingiamo un’affermazione che afferma il contrario”, aggiungendo che l’aumento delle esportazioni statunitensi di GNL negli ultimi anni perché la Russia non è stata a lungo un fornitore affidabile di energia per l’Europa. Negli anni passati la Russia ha interrotto forniture invernali di gas all’Europa orientale per le controversie (contrattuali e non di mercato ndr) sui prezzi del gas.
Lo stesso giorno della riunione del Consiglio di sicurezza Onu, il presidente russo Vladimir Putin celebrava a Mosca la cerimonia della firma dei trattati di annessione delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e delle regioni di Zaporozhye e Kherson.
“Chiediamo al regime di Kiev di cessare immediatamente il fuoco, tutte le ostilità, di fermare la guerra iniziata a Kiev nel 2014 e di tornare al tavolo dei negoziati”, ha detto Putin, e come riportato da Reuters e Tass, nel suo discorso non è mancato il Nord Stream: “Le sanzioni non sono bastate agli anglosassoni: sono passati al sabotaggio – è incredibile ma vero – avendo organizzato esplosioni sui gasdotti internazionali del Nord Stream che correvano lungo il fondo del Mar Baltico, e hanno cominciato a distruggere la pan-infrastruttura energetica europea”, aggiungendo: “È chiaro a tutti coloro che ne traggono vantaggio. E chi ne beneficia è colui che l’ha fatto”.
In contemporanea, all’altro capo del mondo, il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg si incontravano per discutere di protezione delle infrastrutture critiche.
Gli analisti affermano che è possibile che il danno sia stato inflitto da dispositivi disponibili sul mercato commerciale ma che, date le dimensioni e la precisione, è più probabile che sia stato effettuato da un attore con accesso a una tecnologia più sofisticata.
L’entità delle esplosioni corrispondeva probabilmente a un carico esplosivo di diverse centinaia di chili, come scritto in un documento congiunto di Danimarca e Svezia alla presidenza del Consiglio di sicurezza.
Intanto, come sottolineato alla riunione del consiglio delle Nazioni Unite dal portavoce di Gazprom, Sergei Kupriyanov, dalle falle del Nord Stream sono fuoriusciti già 800 milioni di metri cubi di gas naturale, equivalente a tre mesi di fornitura alla Danimarca.
Il pianeta continua a bruciare. * dal blog MareTerreMerci
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